L’ansia nell’animo: l’anima dell’ansia. 5.
Comportamenti compensatori
Quando l’ansia è intensa e si è perduto il collegamento con ciò che l’ha generata, quando cioè l’incapacità di rispondere alle aspettative altrui, la rimozione dei bisogni o il salto in un tempo non presente, sono di grande portata emotiva, allora si manifestano solitamente dei comportamenti compensatori . Intendo cioè delle modalità comportamentali, un modo di agire, delle azioni, che vengono messe in atto in modo compulsivo, eccessivo e senza possibilità di scelta, definendo così un atteggiamento generalizzato verso la vita e verso le persone. Queste modalità hanno lo scopo di sostituire un comportamento più adeguato, come ad esempio: chiarire una relazione, prendere ciò di cui abbiamo bisogno o vivere nel presente.
Per la loro natura sostitutiva, i comportamenti compensatori risultano dunque essere inefficaci , difficilmente ci permettono di raggiungere una vera soddisfazione, sono spesso inopportuni ed eccessivi, danno luogo a pregiudizi, atteggiamenti radicali ed eccessivi, alla tendenza a moralizzare gli altri; sono cioè il ‘piano B’ che ci consente di raggiungere almeno una soddisfazione sostitutiva . Ciò che è importante capire al riguardo, è che questi comportamenti hanno un carattere ossessivo, cioè non lasciano spazio alla libertà e all’autodeterminazione delle persone: ci sentiamo costretti ad agire in quel modo o non siamo in grado di agire diversamente.
Ciò che invece sarebbe opportuno sarebbe avere la possibilità e la libertà di valutare le condizioni di realtà esistenti in modo da poter agire in modo appropriato alla situazione e agli obiettivi che ci siamo prefissati.
C’è da dire che difficilmente le persone riescono ad essere completamente libere dalle costrizioni del vivere: non ho ancora conosciuto una persona, per quanto in gamba, che sia libera dall’ansia e da comportamenti compensatori, proprio perché entrambi sono tipici dell’essere umano e sono utili alla sopravvivenza: provate ad immaginare una persona totalmente libera nell’espressione di sé… probabilmente se mai ne è esistita una adesso sarà sicuramente ricoverata in qualche istituto con qualche brutta diagnosi!!! Voglio dire che anche la compensazione, in una certa misura, è utile alla sopravvivenza, ma non lo è più quando riduce al minimo le nostre facoltà di valutazione ed azione autonoma, consapevole e autodeterminata. In questo caso diventa un problema e non più una risorsa.
Dott.ssa Valentina Sbrescia