L’ansia nell’animo: l’anima dell’ansia. 3.
Una finestra aperta sui sentimenti… la rimozione dei propri bisogni
Fin qui ho parlato del modo in cui si manifesta l’ansia, del suo stretto legame con il sentimento della paura e con il senso di frustrazione che deriva dal desiderio e, allo stesso tempo, dall’impossibilità di soddisfare le richieste altrui.
In altri casi invece capita che, per motivi che riguardano la nostra storia, oppure il nostro ambiente di vita o i nostri rapporti, arriviamo a definire una situazione in cui mettiamo da parte alcuni dei nostri bisogni fondamentali , ed è questa rimozione che genera in noi degli stati ansiosi.
Quando parlo di ‘bisogni’ intendo riferirmi alle necessità psicologiche di base, cioè quelle che, se insoddisfatte, creano tensione ed ansia nelle nostre vite. In termini generali possiamo dire che sono fondamentali il bisogno di contentezza ed affetto , cioè di rapporti personali intimi ed emotivamente soddisfacenti; il bisogno di sostenere noi stessi , cioè di stare in piedi da soli, senza stampelle né fisiche né emotive; il bisogno di agire e di riuscire in ciò che facciamo, cioè di trarre soddisfazione da ciò che facciamo; il bisogno di guardare avanti e di aspirare a qualcosa , cioè di avere una prospettiva che vada al di là della giornata odierna, di stabilire obiettivi per il futuro e di ritenerci degni ed in grado di raggiungerli. Quando uno qualsiasi di questi bisogni fondamentali rimane insoddisfatto per circostanze sfavorevoli di qualsiasi tipo, diventa allora una sorgente di tensione che dà origine ad un forte senso di frustrazione, tanto più intenso quanto più forte è la rimozione del bisogno, e quindi genera stati ansiosi.
Questo succede perché non riconoscere a sé stessi la necessità di qualcosa di importante per la sopravvivenza fisica o psicologica, e quindi il diritto alla soddisfazione di quel bisogno tanto importante per sé, equivale, in qualche modo, a non accordare a sé stessi il permesso/diritto di esistere. Si crea così un paradosso : se non ho il diritto di esistere, come faccio ad avere dei bisogni? E se non ho né diritti né bisogni, come faccio ad esistere? E poiché in un paradosso ogni elemento elimina concettualmente l’altro, diventa impossibile risolverlo. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un compito in cui sicuramente falliremo, come per le richieste implicite e manipolatorie. In questo caso allora dovremmo chiederci: chi ha il dovere di difendere i nostri diritti e soddisfare i nostri bisogni se non noi? Perché… triste ma vero, nessuno ha a cuore il nostro benessere più di noi stessi!
Dott.ssa Valentina Sbrescia