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La depressione e il corpo
La depressione e il corpo di Nicoletta Cinotti La depressione è una delle difficoltà psichiche più diffuse e, contrariamente a quello che viene comunemente detto, più presenti nella storia dell’uomo. Questo disturbo infatti è tutt’altro che un frutto dei nostri tempi. Difficile non pensare a Leopardi o a Baudelaire come personalità depresse e, ancora più anticamente, non pensare alla poetica di Saffo come una poetica che reca in sé elementi depressivi. Rapita nello specchio dei tuoi occhi respiro il tuo respiro. E vivo …… Saffo (poetessa greca 640 a.c) In parte questa continuità è strettamente connessa al sentimento che anima la depressione, che è un sentimento di amore e di perdita (vera o temuta) del legame d’amore. Inoltre alcuni autori sostengono che la depressione è uno stato d’animo funzionale alla elaborazione cognitiva e proprio per questo le siamo debitori del progresso scientifico che ha caratterizzato la nostra cultura. Un modo gentile per dire che, per tollerare molte ore di studio, dobbiamo essere un pò depressi! Freud e la depressione Il primo scritto di Freud sulla depressione risale al 1894 ed è “Lutto e melanconia” e stabilisce proprio la relazione tra la perdita dell’oggetto d’amore e la depressone. Dal punto di vista bioenergetico però c’è una differenza tra la reazione al lutto e la melanconia intesa come espressione di depressione. Infatti per Lowen nella melanconia c’è una perdita di autostima che è assente nel lutto. Freud sottolineò che il lutto svolge una funzione necessaria perché consente di ritirare gli affetti investiti nell’oggetto d’amore e di renderli disponibili per altre relazioni. La mente però, come sappiamo, ha la tendenza a rimanere aggrappata all’oggetto perduto e a negare la realtà della perdita, per evitare di sentire il dolore della separazione. Questa negazione fa si che il dolore non venga completamente “espresso” e “scaricato” e, paradossalmente prolunga sia il dolore che il lutto stesso. Il risultato è una maggiore difficoltà ad investire in nuove relazioni La bioenergetica e la depressione Nel lutto possiamo dire che c’è una alta carica energetica che esprime il dolore per la perdita con il pieno appoggio dell’ego della persona. Nella melanconia e nella depressione l’ego è invece minato e ridotto dal collasso energetico del corpo che si traduce in una condizione di scarsa vitalità e di assenza di risposte. Cos’è quindi che trasforma il lutto in melanconia? cos’è che interferisce con l’espressione e la scarica del dolore? Essenzialmente è la negazione, a livello emotivo, della perdita. In parte la persona continua a funzionare come se la perdita non avesse avuto luogo, perché ha incorporato l’oggetto d’amore dentro di sé. Questo altera anche la percezione del senso di mancanza o di connessione e contatto con le altre persone. Spesso infatti nella depressione, malgrado la persona viva una perdita, non è spinta a rivolgersi ad altre relazioni ma rimane chiusa nel rapporto interno con chi ha perduto. La depressione porta quindi in sè un paradosso: da una parte si nega un dolore, dall’altro, negandolo, si vive più a lungo con lo stesso dolore. Questa repressione conduce, dal punto di vista bioenergetico, ad una riduzione di tutti gli aspetti vitali: la vita emotiva si impoverisce per mantenere la repressione del dolore. La depressione e il corpo In bioenergetica ovviamente l’esplorazione clinica rispetto alla depressione non è limitata agli aspetti psicologici ma si amplia anche al livello fisico, che ordinariamente risulta estremamente condizionato da questa perdita della capacità di sentire. Questo portò Lowen a fare una affermazione decisamente radicale “La sola cura della depressione consiste nell’allargare il significato della vita aumentando il piacere della vita stessa”. Questa affermazione è supportata, per Lowen, dalle ricerche di Spitz sulla depressione anaclitica dei bambini in orfanotrofio e dalle ricerche di Bowlby (La depressione e il corpo ed. it. 1980, p. 99) sull’attaccamento. A partire da queste considerazioni scientifiche Lowen si pone tre quesiti: 1) Cos’è successo nella situazione presente di vita della persona per scatenare una reazione depressiva? 2) Cos’è successo nel passato che ha innescato questa predisposizione? 3) Che relazione c’è tra presente e passato? Cosa innesca questa predisposizione Partiamo dalla seconda domanda che permette di chiarire il ruolo dell ‘illusione nella clinica bioenergetica e nella depressione. La reazione depressiva si verifica allorché un’illusione crolla di fronte alla realtà del proprio presente. Molto spesso l’illusione si basa su una perdita di contatto con la realtà . Il contatto – dice Lowen – non è qualcosa di solo psicologico ma è, soprattutto una esperienza infantile primaria e una esperienza vissuta. I bambini hanno bisogno del contatto con il corpo della madre, per funzionare normalmente. Questo contatto stimola la pelle del bambino, la respirazione e gli occhi brillano nello scambio con la madre. Il contatto visivo – e soprattutto la qualità del contatto visivo con la madre – poi è fondamentale per lo sviluppo della relazione visiva del bambino con il mondo. In assenza di questa qualità di contatto l’energia del bambino viene ritirata dalla periferia, ossia dagli arti, al centro del corpo. Questo ritiro energetico forma il nucleo primario della predisposizione depressiva a livello corporeo. Cosa c’è in fondo ai tuoi occhi dietro il cristallino oltre l’apparenza? Dove il tempo d’improvviso si ferma. Poesia di Saffo Cosa accade nel presente? Una volta adulti questa predisposizione rimane silente fino a che non avviene una perdita affettiva, come la fine di una relazione, la rottura di una amicizia, la perdita del proprio lavoro o bruschi cambiamenti nella propria vita come trasferimenti o cambiamenti di stile di vita. E la prima qualità di risposta avviene a livello fisico con un ritiro dell’energia dalla periferia al centro del corpo. Diventiamo stanchi in un modo eccessivo, abbiamo freddo anche quando siamo ben riscaldati, ci ammaliamo più frequentemente e abbiamo più difficoltà a fare attività fisiche intense (anche se dopo ci rendiamo conto che ci fanno stare meglio!). Questo permane per un periodo di tempo che equivale alla fase di lutto. Se però abbiamo imparato a negare la realtà del nostro sentire – e del nostro dolore – rimaniamo “appesi” a questa condizione psicofisica per un tempo che porta a sviluppare un quadro clinico depressivo. La mente, il corpo e la depressione La situazione di perdita di contatto è pericolosa per il bambino che cerca di sviluppare delle misure compensative a livello mentale che contribuiscano a negare l’importanza e il danno della perdita. Molto spesso questa compensazione è realizzata attraverso la proliferazione mentale e attraverso la volontà – che si esprime emotivamente con l’insistenza, l’ostinazione e la determinazione. La persona crea l’illusione che non tutto è perduto e che anzi, se provasse ad essere diverso, tutto tornerebbe come prima. Spesso i genitori alimentano questa illusioni attribuendo ad una colpa del bambino il ritiro del loro amore. E’ qui che diventa essenziale tornare al corpo per invertire questa tendenza al ritiro anche a livello fisico. Altrimenti quello che accade è mentalmente comprensibile ma non riusciamo ad uscire da questa modalità disfunzionale di risposta. In questo senso le classi d’esercizi e il protocollo MBCT , lavorando per riportare la consapevolezza al corpo e alle qualità delle risposte emotive, permettono di passare attraverso un cambiamento che nasce dall’apertura anziché dalla ricostruzione biografica. “ Qualsiasi terapia – dice Lowen – destinata ad essere efficace più che temporaneamente nella cura della depressione deve mirare a superare l’effetto menomante di questa perdita primaria e l’accento – prosegue Lowen – va posto sulla menomazione del suo funzionamento corporeo, dato che quello è la realtà del suo essere “(ibidem, p. 101). Per Lowen il corpo perde la capacità di protendersi in senso relazionale e in senso fisico ed è necessario tornare a questo movimento spontaneo, così tipico di tutti i bambini, per poter riattivare questa apertura alla vita e al piacere. La rabbia – nelle sue diverse declinazioni ed intensità e nella costellazione di sentimenti collegati dell’invidia, gelosia, odio – diventa un sentimento strettamente connesso alla depressione e nasce proprio dalla sensazione di non riuscire a provare piacere, quello stesso piacere che sembra presente nella vita degli altri. “Credo che possiamo comprendere perché la depressione colpisca molte persone proprio quando realizzano i propri obiettivi. Avendo lavorato duramente per ottenere condizioni che sembravano adatte a rendere possibile il piacere, scoprono improvvisamente che questo non è possibile. Non c’è piacere per loro perché non hanno la capacità di protendersi a prenderlo”. Il piacere – inteso in senso generale e non come mero piacere sessuale – non è solo un atto mentale: è un atto che viene fatto con il corpo e se manca nel corpo manca anche nel cuore. Protendersi Ci sono due movimenti che esprimono il protendersi nei bambini: la suzione e il protendere le braccia per essere presi in braccio. Nella vita adulta queste due azioni sono il bacio e l’abbraccio e tutti i gesti di contatto che possiamo fare con le nostre braccia. Braccia che spesso penzolano inerti, bloccate dalle tensioni del cingolo scapolare. Se non riusciamo a protenderci dobbiamo manipolare l’ambiente in modo che ci venga offerto il piacere che tanto desideriamo. Sinché questo atteggiamento negativo non è reso conscio ed espresso, l’atto del protendersi rimarrà velleitario ed incompleto. Inoltre il protendersi, perché non venga vissuto come una pericolosa perdita di equilibrio, necessità della capacità di avere un buon radicamento a terra che fornisca la sicurezza necessaria ad asserire apertamente le proprie emozioni. In bioenergetica questo avviene attraverso il grounding. Il grounding Spesso in bioenergetica il grounding è ritenuto l’esercizio di partenza o di base, sia nella terapia individuale che di gruppo. In realtà il percorso per essere radicati nella propria vita è un percorso che parte dall’inizio della vita e dall’inizio della terapia. E’ anche quello che segna spesso il fine ultimo della psicoterapia bioenergetica perché ci permette di affermare che siamo radicati nella nostra realtà e che non abbiamo più bisogno di aggrapparci a delle illusioni . “ Restituire al paziente la sensazione di essere radicato in terra attraverso i piedi è la fase finale della terapia. Ciò consente al paziente di riacquistare la propria posizione eretta in qualità di persona. Gli conferisce la piena mobilità e motilità corporea. Che significa che può muoversi liberamente nella vita”.( ibidem, p. 108) La relazione tra passato e presente La relazione tra passato e presente che mantiene attiva la risposta depressiva passa quindi attraverso il mantenimento delle tensioni muscolari che hanno lo scopo – paradossale – di proteggerci dalla frustrazione del bisogno di contatto. Abbiamo bisogno di contatto ma, temendo che si ripeta il trauma e la frustrazione del nostro desiderio, ci ritiriamo. Per riparare questa frattura nella fiducia relazionale abbiamo quindi bisogno di tornare al corpo, “là dove siamo nati” (Allen Ginsberg).Richiedi info