GESTIRE LA RABBIA
Trattenere la rabbia la trasforma in rancore
Quando si reprime la rabbia, si smarrisce la sua funzione presente in quel preciso momento e solo in quello. Aristotele diceva: “Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile. Ma arrabbiarsi con la persona giusta e nel grado giusto, al momento giusto, per lo scopo giusto e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile”. Ma se la trattieni rischi di somatizzarla e di trasformarla in una malattia. Giada conclude così: “Quando cerco di calmarmi, di non rovinare tutto, il risultato è addirittura peggiore: sto male per giorni, ci penso e ci ripenso, mi vengono in mente tutte le scenate che non ho fatto, alle cose che avrei voluto dire e non ho detto” . Mentre lo “scontro diretto” appartiene al tempo dell’immediatezza, il rancore si prolunga nel tempo e per questo è ancora più pericoloso . Continuando a rimuginare, interpretare e giustificare ogni cosa, il risultato è che la rabbia viene sostituita dal sentimento del rancore.
Sfogare subito la rabbia? Non sia un obbligo…
Sfogare la rabbia però non è sempre la soluzione migliore perché ci si mette in una situazione in cui non si è in pace con se stessi, si ha la visione “accecata” dall’aggressività che prende il sopravvento e prorompe anche per questioni futili. Anche in questo caso, chi si arrabbia spesso riempie il cervello delle sostanze della collera.
Arrabbiarsi quindi diventa come una droga, e se non liberiamo una nuova scarica d’ira siamo come in crisi d’astinenza.
La soluzione? Osservarla bene e affidarsi a lei
Per star bene dobbiamo “disidentificarci”, ovvero distinguere noi stessi dalle emozioni. Quando ci identifichiamo con un’emozione, ci limitiamo e ci blocchiamo. Ad esempio se ammettiamo: “Io sono arrabbiato”, siamo dominati dall’ira; se, nelle stesse condizioni diciamo: “Non è qualcosa o qualcuno a farmi arrabbiare, ma è un’onda di rabbia che mi sta attraversando… Mi arrendo, la accolgo e la guardo come si guarda un panorama in cui i confini si perdono. È la rabbia del mondo, il Dio della rabbia che mi sta visitando”, questo modo di pensare attiva una processo che trasforma l’emozione in una consapevolezza interiore: invece di sfogarsi o di venire trattenuta, la rabbia si traduce in intuizioni, idee e soluzioni a cui prima non avevamo pensato.
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