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Implantologia

Contrariamente ad una credenza tuttora comune tra i pazienti odontoiatrici in Italia, nella maggioranza dei casi l‘intervento di implantologia dentale non è difficile né doloroso e costoso e presenta una percentuale di successo molto elevata, non comune in medicina. Viceversa in alcuni casi resi meno facili da motivi che più avanti analizzeremo l’intervento sarà più complesso e per questo meritevole di una attenta considerazione per evitare rischi d’insuccesso. L’implantologia dentale consiste nell’inserimento nell’osso mascellare o mandibolare (privo del dente naturale) di pilastri che, una volta integrati nell’osso stesso, potranno supportare un dente artificiale idoneo a svolgere la sua funzione. I pilastri in titanio sono oggi per lo più cilindrici, di varia lunghezza e diametro per potersi adattare alle diverse configurazioni del segmento d’osso disponibile al loro inserimento. Sono costruiti in titanio, metallo di larghissimo uso in chirurgia per la sua neutralità biologica che ne assicura l’accettazione dell’ organismo. La loro superficie è trattata in modo da esaltare la possibilità di OSTEOINTEGRAZIONE (ovvero dell’incorporamento totale nella compagine ossea) che in ricerca è stata ben studiata ed accertata grazie alla microscopia elettronica: il RIGETTO in implantologia dentale NON ESISTE, non essendoci alcuna possibilità di reazione immunologica sfavorevole come succede nei trapianti eterologhi (da donatori). I migliori impianti moderni sono accessoriati con un ricco corredo di connettori al dente artificiale che sorreggeranno, in modo da assicurare oltre che una detergibilità perfetta anche un’estetica ottimale rispetto al contorno gengivale sottostante. A seconda delle situazioni e del modello di impianto l’intervento chirurgico vero e proprio può essere effettuato in un solo tempo (lasciando alla fine dell’inserimento endosseo dell’impianto una piccola porzione dello stesso, che poi servirà di connessione al dente, al di fuori della gengiva) o in due tempi, essendo il secondo tempo molto più semplice e breve del primo (una piccola incisione gengivale utilizzata per esporre nel cavo orale la parte più esterna dell’impianto al fine di connetterla ad un dente di porcellana o vetropolimero). Quindi si parla nel primo caso di immersione parziale e nel secondo di immersione totale , sottintendendo che ci si riferisce al tessuto gengivale perché è ovvio che l’immersione endossea c’è sempre e comunque. Dopo l’intervento chirurgico occorre aspettare un tempo variabile e comunque non superiore a quattro mesi per poter procedere alla protesizzazione ovvero al CARICO IMPLANTARE con un dente artificiale in metalloceramica, in resina oppure in vetropolimero, tutti materiali di elevato valore estetico. La connessione puo’ avvenire in varie modalità , a seconda del tipo d’impianto, delle necessità del paziente e delle abitudini del protesista e consiste per lo più in avvitamento o cementazione . Controindicazioni all'intervento di implantologia dentale Dopo quanto suddetto bisogna chiarire i principali motivi per cui un intervento impiantare è fallibile o addirittura controindicato. 1) Non devono sottoporsi a implantologia dentale pazienti che non siano stati educati con successo ad un elevato tenore di igiene orale domiciliare, né parimenti che non acconsentano ad un controllo professionale cadenzato (attuato dall’ igienista dentale diplomata) della loro igiene. Questo perché la resistenza all’infezione causata dalla placca batterica di un’unità implantoprotesica è molto minore che per un dente naturale essendo diverso il loro relativo apparato di sostegno. La radice di un dente naturale è infatti connessa con l’osso attraverso la mediazione del LIGAMENTO PARODONTALE, assente invece lungo il cilindro di titanio che per l’appunto si osteointegra cioè si raccorda direttamente all’osso. L’osso di sostegno dentale e implantare è particolarmente vulnerabile alle infezioni ma, nel caso degli impianti, viene difeso solo dal manicotto gengivale per la mancanza del legamento parodontale costituito da un resistente tessuto connettivale. Sempre per lo stesso motivo la placca batterica, una volta passata la porta gengivale si propaga rapidamente lungo l’impianto diffondendo l’infezione all’osso più profondo. La biologia della resistenza all’infezione è quindi in linea di principio più sfavorevole, anche se alcune ricerche hanno suggerito che i germi in causa siano diversi per denti e per impianti e che non ci sia correlazione per esempio tra pregressa PIORREA e rischio implantologico. In attesa che la ricerca, molto attiva in questo campo, ci dia risultati più definitivi e sicuri, è lo stesso buon senso comune ad imporre il massimo rispetto igienico di un implantoprotesi. 2) Non devono sottoporsi ad implantologia pazienti affetti da malattie sistemiche, diabete non compensabile con terapia appropriata, disturbi della coagulazione o sottoposti a radioterapia. L’osteoporosi generalizzata non è una controindicazione assoluta perché in realtà la mandibola è per lo più risparmiata da questa patologia. In questi casi l’ insuccesso è prevedibile a priori e quindi piuttosto si dovrebbe parlare di impossibilità di successo a livello diagnostico che eviti un sicuro insuccesso operativo.

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