Repertorium medicinae
Codice: 88-902270-2-8
Marca: CMD EDIZIONI
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P Problemi di ordine igienico-sanitario, malattie e metodi curativi a Noto nel corso del S Settecento è la tematica che viene trattata nel Repertorium medicinae.
L’opera, che prende il titolo da un formulario terapeutico ritrovato dalla scrittrice nella Biblioteca Comunale di Palermo, ha come autori Giuseppe Bongiorno e Zocco, entrambi originari di Noto.
Attraverso questo in folio, un manoscritto inedito che si può far risalire alla fine del Seicento e l’inizio del Settecento, è stato possibile risalire alle malattie più diffuse dell’epoca, come la malaria e la peste, e sottolineare l’originalità delle tesi, che circolavano nell’ambiente netino sulla trasmissione epidemica, non più ritenuta il risultato di particelle letali sollevate dai terremoti, dai venti e dalle perturbazioni, come volevano gli spiriti più illustri del tempo (il Borelli, l’Hodierna e il Bottone), ma frutto dell’inquinamento ambientale.
Lo scritto diventa ancora più interessante perché attraverso le Observationes, dei veri e propri casi clinici, è possibile cogliere l’approccio del medico netino al paziente nel Settecento ed anche le piante medicinali più utilizzate nell’Isola. Nella prima parte dell’opera, inoltre, grazie alla documentazione ricavata all’Archivio di Stato di Palermo e di Noto, ma anche in entrambe le Biblioteche delle due città, Concetta Muscato Daidone riesce ad individuare i medici vissuti a Noto nel corso del XVIII secolo e si occupa delle condizioni igienico-sanitarie in questa città prima e dopo il terremoto, sottolineando quanto le autorità del luogo siano state attente nell’affrontare tematiche complesse quali la difesa dalle epidemie che minacciavano questa terra nei suoi confini esterni, quali la bonifica delle terre paludose, il miglioramento e il perfezionamento delle strutture idriche e l’abbandono dei minori.
In questo contesto, alla luce di approfondite ricerche su documenti inediti, anche la famosa questione sulla ricostruzione di Noto sul colle Meti e la pressione, soprattutto di intellettuali e medici, perché la popolazione ritorni sull’Alveria viene vista in un’ottica diversa. Solo in un ambiente, come quello netino, dove è evidente una ben radicata cultura botanica e il culto della natura non conosce limiti, dove l’equilibrio tra l’uomo e la natura è ricercato ad ogni costo, alla scrittrice è possibile spiegare perché, costretta dalla Monarchia spagnola ad allontanarsi dal monte Alveria, la popolazione abbia a tutti i costi tentato di migliorare le condizioni igienico-sanitarie della sua città ed abbia cercato un ambiente attuo ad evitare il diffondersi di germi patogeni e di vermi parassiti.
“E’ chiaro dunque che se da un lato, per tutto il Settecento, il netino è intento alla ricostruzione della sua città che da medievale diventa post-rinascimentale e barocca e in tal modo s’impone come episodio della cultura europea (come afferma l’illustre storico dell’arte Cesare Brandi), dall’altro sia per la sua attenzione rivolta a tutto ciò che può garantire la “salute di una città”, sia per il suo tentativo di ricercare l’origine delle malattie infettive al di là dei limitati schemi dei medici siciliani, Noto s’inserisce perfettamente in quel movimento rinnovatore che avvicina la Sicilia alle altre città d’Europa”.
Così si conclude il Repertorium Medicinae, la seconda parte della storia di Noto ricostruita attraverso la vita e le opere dei suoi medici.