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LA LUCE DELL'OMBRA - Il lavoro sulle azioni fisiche applicato alla scrittura drammaturgica

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Descrizione

La luce dell’ombra – Il lavoro sulle azioni fisiche applicato alla scrittura drammaturgica” si articola in due parti: Il sapere e il non sapere; e Il testo. La prima comprende le questioni che l’autore ritiene fondamentali per la scrittura di un testo linguistico. La seconda è incentrata sulla ideazione, progettazione e realizzazione di un testo linguistico, destinato al teatro-musica, che ha per titolo La confusione .





PREFAZIONE



A





LA LUCE DELL'OMBRA



Il lavoro sulle azioni fisiche applicato alla scrittura drammaturgica





di Alfio Petrini





La lettura del libro di Alfio Petrini ci offre l'opportunità di riflettere in profondità sulle modalità e la natura della scrittura drammaturgica. Sulla scorta della sua “idea” di teatro totale, esposta con sapienza nel suo precedente Teatro totale. Una proposta, una pratica (Corazzano, Titivillus, 2006), in questo nuovo contributo, segnatamente nelle pagine della seconda parte, l'autore, tramite la conoscenza del lavoro sulle azioni fisiche, e l'applicazione di quest'ultimo alla scrittura drammaturgica, ci dimostra che è possibile in sede preventiva ideare un testo che, e nei suoi segniverbali, e in quelli non verbali, didascalicamente suggeriti, esprime compiutamente un mondo assieme drammatico e scenico. L'applicazione del lavoro sulle azioni fisiche, nelle accezioni via via assunte da Stanislavskij Barba Grotowski, alla scrittura drammaturgica è portato qui dall'autore a un livello di grande consapevolezza teorica e pratica: può interessare fortemente i teatranti, gli studiosi, i docenti, e proficuamente i giovani studenti delle discipline dello spettacolo e del teatro, che non solo possono apprendere didatticamente un modo di scrittura, ma anche trovare in esso una guida nel caso volessero sperimentarla loro stessi.



Desidero sottolineare che l'elaborazione di La luce dell'ombra è il portato teorico riflessivo e pratico di una concreta e lunga negli anni esperienza di drammaturgo esemplificata nell'affascinante trilogia dal titolo complessivo L'ombra di Dio (Corazzano, Titivillus, 2009): in tutto il suo percorso Alfio Petrini giunge a tracciare una concezione e un sentimento estremi dello scrivere, del far teatro, di studiarlo e di criticarlo: mi piace come nei suoi libri, compreso quest'ultimo, egli si consideri un , , , una persona che tenta di immaginare, tramite la scrittura drammaturgica, nuovi mondi, nuove realtà: non sta ad inseguire la presente e corriva realtà in cui siamo immersi, oppure a coltivare progetti di rivoluzioni impossibili, essendo credibile e attuabile solo quella che ci rivoluziona nel nostro intimo. Difatti l'autore nella prima parte del suo libro ( Il sapere e il non sapere ), appena all'inizio, ci ricorda le sue prime, lontane esperienze, di fortemente ideologizzato, e alla fine stancamente deluso in se stesso, e quindi l'inizio di una sua nuova ricerca che trova alimento filosofico nelle riflessioni di un filosofo dell'estetica come Franco Rella (ma anche come la filosofa-poetessa Rubina Giorgi, o lo scrittore Pietro Citati). Lo studio accanito, la riflessione mai appagata, hanno permesso a Petrini che queste sue letture divenissero alimento nutriente per le sue del fare teatro e dello scrivere drammaturgia. Sono tutte sinteticamente e fascinosamente scandite nella prima parte del volume: ad esempio è fondamentale la presa d'atto della che ci mette in guardia dall'eleggere come vero teatro il teatro mimetico, come se il suo essere doppio della realtà gli permetta di rap-presentarla fedelmente, invece che ri-crearla, ri-farla, artaudianamente, magari per via di forme fortemente vicine al , al piuttosto che al o al , ed esercitando la pluralità dei linguaggi. Come pure ricordo l'eredità del teatro futurista che per il Petrini significa concepire la scena per sintesi, per simultaneità, per indeterminatezza. Anche il pirandelliano affiora nelle visioni dell'autore, aggiornato alla luce della filosofia del Rella, per cui l'artista deve intuire la Vita, piuttosto che la Realtà, da una prospettiva relativa e relazionale: è il rifiuto dell'assoluto della metafisica tradizionale occidentale, per cui di Dio e di uno dei suoi Simboli, la Luce, è possibile percepire l'ombra (ma già Giovanni della Croce il grande mistico spagnolo percepì la dimensione della ); il Bene non lo si può strombazzare ai quattro venti, come se fossimo profeti infallibili e ispirati, ma lo si può cogliere solo se attraversiamo il male (la , dice l'autore), come suo contrappunto e faccia visibile di una medaglia che ciascuno porta sul petto, magari credendo presuntuosamente di esporre la faccia che pensiamo positiva. Così pure vengono smontati altri paradigmi correnti, quali il rapporto e confronto con la storia, con il passato, con la scienza: i veri visionari, i poeti, i drammaturghi inventori (che etimologicamente lavorano sullecolle azioni degli uomini) non possiedono Verità assolute eterne rivelate, il loro luogo d'elezione è nei margini, nei confini, nelle ombre e penombre, tra le pieghe del reale, e nel magma della vita, come direbbe un Mario Luzi, visceralmente nelle contraddizioni irrisolte del vivere.



Mai si deve dimenticare che, se i testi letterari tout court (poesia, narrativa) sono scritti elettivamente per essere letti, i testi drammaturgici sono scritti per essere agiti , sono essi stessi intreccio di azioni (dove anche la parola pirandellianamente può essere azione, la parola appunto pragmatica, gli atti di parola ). Petrini tiene ben presenti i principi dell'Antropologia Teatrale, fondata da Barba, e in particolare segue gli studi di un grande studioso quale è Franco Ruffini, dalle cui analisi desume l'omogeneità fra testo scritto e testo fisico dell'attore (mi permetto di dire che a mio parere si potrebbe fissare una teoria unificante a partire dalle figure di pensiero della retorica: ad esempio, e in spiccioli, il principio di dilatazione dell'attore corrisponde, nel testo scritto, all'iperbole). Tutta la seconda parte del libro ( Il testo ), con la presenza esemplificante del testo drammatico La confusione , è dedicata all'analisi di come si possa applicare il metodo delle azioni fisiche alla scrittura: è la parte assieme più tecnica del volume e più direttamente riferita al rapporto testo scritto-scrittura scenica. La stesura del testo, ci spiega Petrini, parte da una generica ed essenziale fabula , suggerita da un elemento che funge da stimolo,che via via è frammentata nelle sue azioni: esse devono essere (non confondibili con gesti e attività generiche) come quelle dell'attore a cui il testo è prioritariamente diretto; le azioni vengono a costituire una serie di sequenze, con coerente sviluppo; macro e micro azioni devono portare anche alla parola, al dire (dal fare al dire ); da ciò, l'intreccio delle azioni e il rapportarsi in conflitti sospesi su duplici significati tra personaggi definibili come lessemi (ma potremmo anche chiamarli attanti ), possono costituire sia un testo adatto agli attori tradizionali legati alla parola, sia ai performers , attori-danzatori, o semplicemente mimi . L'attentissima e continuamente verificata tessitura di tutte le azioni verrà a costituire la storia, e, tramite le indicazioni didascaliche, viene suggerita sulla pagina la possibile e coerente scrittura scenica, al di fuori di indicazioni psicologistiche e comportamentali. Anche l'apparato didascalico, insomma, indica le altre drammaturgie, cioè il lavoro delle e sulle azioni che pure pertiene ai suoni, alle musiche, alle luci, alle scenografie ecc..



Opportunamente l'autore, in linea con le ricerche artistiche della contemporaneità, esorcizza il dèmone dell'ispirazione, piuttosto esalta l'organizzazione dello scrivere (che è anch'esso atto mentale-corporeo) e che, se regolata da determinati princìpi, può liberare le intuizioni poetiche del drammaturgo: quali princìpi? Quello, ad esempio, della logica e della tecnica delle opposizioni ; quello del favoloso possibile ; quello della contraddizione irrisolta in luogo della contesa ; quello della infinitezza della imperfezione del testo; quello della tecnica dell'occultamento e dello svelamento ; quello di tracciare un enigma insolubile; ma si veda tutto il paragrafo Sintesi delle scelte .



In conclusione voglio affermare che, se anche l'autore prudentemente e con consapevolezza culturale sostiene che la metodologia acquisita è la sua metodologia, da parte mia credo convintamente che le intuizioni di Alfio Petrini contribuiscono a generare nuovi sensi e direzioni alla scrittura nell'attuale fase di un teatro post-drammatico e frantumato nell'estrema individualizzazione del fare.





Giorgio Taffon



Università degli Studi Roma Tre