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Opere della collezione della banca popolare di castelfranco veneto


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Opere della Collezione della Banca Popolare di Castelfranco Veneto


di Marco Mondi


Le opere d'arte sono certo tra i beni più preziosi che la cultura del passato ci ha lasciato. In maniera non dissimile, anche la cultura contemporanea continua a lasciare i suoi frutti artistici, che saranno domani altrettante importanti testimonianze del livello qualitativo da noi raggiunto nel periodo storico in cui stiamo vivendo.


Gran parte di tutto ciò che del passato conosciamo, tramandatosi di generazione in generazione, ci è giunto grazie al lavoro attento ed accorto di coloro che, per esigenze e finalità diversissime, hanno avuto cura di custodirlo, conservarlo, proteggerlo e al tempo stesso interpretarlo, leggerlo, studiarlo, capirlo. Già in tempi molto antichi, limitatamente alle opere d'arte figurativa, e ai dipinti in modo particolare, le testimonianze di maggior pregio furono raccolte in importanti collezioni. Queste furono principalmente private, o si formarono all'interno di edifici pubblici appositamente custoditi, dove oggetti preziosi ed oggetti d'arte erano destinati a scopi essenzialmente votivi o di trionfale propaganda, escludendo in genere interessi specificatamente estetici e documentari. Collezioni celebri di opere d'arte si formarono quindi sin dall'età classica, specialmente a Roma, quando si assistette, dopo la conquista della Grecia, a casi di vera e propria "esplosione" edonistica del gusto per le collezioni d'arte. Sebbene nel Medioevo occidentale, che pur vide rari casi di raccolte di opere antiche e pagane, motivazioni principalmente religiose spinsero a creare veri e propri "tesori", alcuni dei quali pervenutici quasi intatti, fu a partire dal Rinascimento che il collezionismo assunse connotazioni moderne, arricchendosi contemporaneamente di un valore formativo per l'uomo "umanista", che con squisito piacere estetico amò circondarsi di opere d'arte e manufatti belli e preziosi. Papi, cardinali, principi, signorie e "piccole corti", formatesi nell'ambito di ogni famiglia patrizia, diedero vita a raccolte eccezionali di capolavori, molte delle quali, in Europa almeno, costituirono il nucleo originario dei più importanti musei moderni. Per tacere poi di grandi banchieri italiani e stranieri dell'epoca, come Enrico Scrovegni a Padova, i Bardi, i Peruzzi, i Medici a Firenze, ma anche Agostino Chigi o più tardi Carlo De Rossi, così come gli stranieri Függer, Roomer e molti altri ancora, tutti collezionisti d'arte (è bene precisare che le loro raccolte, frutto delle ricchezze accumulate, erano collezioni private personali, piuttosto che della banca). Il Seicento, per amore e per prestigio, vide parallelamente il deciso affermarsi del collezionismo nell'ambito della nuova ricca borghesia (il fenomeno del collezionismo borghese troverà alla fine del secolo XIX un'ulteriore, diffusa impennata); mentre nel Settecento dei lumi, accanto all'affermarsi della moda per l'arte di società dei curieux , gli eruditi diedero avvio a raccolte createsi sulla base delle scoperte esigenze di specializzazione e di ricerca, destinate a coinvolgere l'interesse del pubblico per le opere d'arte e determinanti, grazie a numerosi lasciti, nel formare poi i nuclei principali d'importanti accademie ed istituti. La seconda metà del secolo, inoltre, vide la nascita dei primi grandi musei europei: nel 1753 nasceva a Londra il British Museum, nel 1760 Guglielmo IV d'Assia apriva al pubblico la galleria di Kassel, nel 1789 il granduca di Toscana faceva riordinare al Lanzi le sue collezioni fiorentine per renderle visitabili al pubblico con orari regolari, mentre qualche anno più tardi Napoleone "depredava" le collezioni di mezza Europa, ed italiane in modo particolare, per fare del Louvre uno dei maggiori musei al mondo. Nell'Ottocento, assieme ai motivi tradizionali del gusto del possesso, del piacere estetico di circondarsi di belle opere, della distinzione sociale, dell'ostentazione di ricchezza o della necessità d'arredare sontuosamente le dimore, la passione per l'arte e l'arte intesa come investimento finanziario furono i principali stimoli che spinsero alla formazione di nuove, straordinarie raccolte. Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del nostro secolo, come mai prima, il collezionismo privato e pubblico si fece sempre più strettamente legato ai grandi mercanti d'arte (con il conseguente notevole incremento, da parte dei mercanti non seri, di commerci truffaldini di falsi o di opere facilmente attribuite), per continuare in questa direzione sino ai nostri giorni ma, almeno per l'Italia, con acuti qualitativi e quantitativi decrescenti. Ed è alla luce di questo diffuso scadere del fenomeno del collezionismo, che particolarmente significativa nel valore e meritevole negli intenti è proprio l'attività svolta in questo settore dagli istituti di credito e dalle fondazioni bancarie in genere, oggi in Italia, tranne casi sporadici, le uniche a supplire alle molte carenze dello stato e alla mancanza di quel "mecenatismo" grandioso, nell'antico almeno, che un tempo sempre aveva sorretto lo splendore e la gloria dell'arte italiana nel mondo.


E' ovvio che nei vari periodi e nei singoli ambienti, accanto al fenomeno del collezionismo e del mecenatismo ad esso connesso, sin dal suo primo manifestarsi si sviluppò un costante e parallelo rapporto dialettico con le esigenze colte della conservazione, della tutela, del restauro, della comprensione, della classificazione e dello studio in senso lato, nonché una sempre più chiara presa di coscienza dei valori culturali insiti nel possedere e nel conoscere le stesse opere d'arte quali testimonianze preziose ed uniche nel dare lustro e prestigio, e nel tramandare alla memoria storica del futuro le persone e le istituzioni che con esse interferirono ed interferiscono.


Molto più di quanto succede adesso, il collezionista in passato rivestiva sovente anche il ruolo di committente e si serviva dei consigli dell'artista e dell'esperto per formare la propria raccolta. Allora, come adesso, la ricerca non poteva prescindere dal mercato dell'arte, che trovò in Italia importanti centri d'approvvigionamento (Roma, Firenze, Venezia, Napoli, ecc.). E nel Seicento proprio Roma, indiscussa capitale dell'arte barocca, svolse il ruolo d'importantissimo centro commerciale europeo del mercato di opere d'arte; ruolo che andò pian piano diminuendo. In seguito, inoltre, il cardinale Pacca, con grande e precoce sensibilità, emanò un editto (1820) che aveva lo scopo di tutelare lo stato della Chiesa dalle spoliazioni del nostro patrimonio culturale: purtroppo, ed è un problema attualissimo, tutela e mercato possono convivere con gran difficoltà. Allo scadere del XVII secolo, Roma dovette comunque cedere inevitabilmente il posto di capitale del mercato dell'arte europea a Parigi, la città della più potente monarchia assoluta dell'epoca, quella di Luigi XIV, il Re Sole. Il ruolo di preminenza europea svolto da Parigi, andò col tempo via via accentuandosi, per divenire sempre più, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, per l'arte, la scuola ed il mercato del mondo. Nel secondo dopoguerra, leggi più permissive rispetto a quelle francesi, contemporaneamente all'affermarsi in Inghilterra di un centro finanziario mondiale, hanno fatto sì che il mercato delle opere d'arte si spostasse a Londra e da qui, negli ultimi decenni, col prepotente affermarsi del potere economico d'oltre oceano, negli Stati Uniti, che trovano tutt'oggi in New York la nuova capitale mondiale dell'arte e del mercato dell'arte. Tuttavia l'Italia, con il suo patrimonio di ineguagliabile ricchezza, continua ad essere una miniera inesauribile di capolavori antichi, parte dei quali ancora conservati in quelle collezioni formatesi nei secoli passati e sopravvissute sino ai nostri giorni, ma che inevitabilmente si vanno svuotando per andare ad alimentare non di rado, dopo più passaggi di proprietà, a volte anche per vie illegali, musei e soprattutto collezioni private straniere. La necessità quindi di "tutelare" l'immensa ricchezza artistica del nostro paese, obbliga le istituzioni pubbliche ad adottare ancora un rigido regime legislativo in materia, in alcuni casi repressivo nei confronti del mercato legale, ottenendo così talvolta il risultato opposto di dare un ulteriore stimolo alle esportazioni clandestine. Oggi infatti, per le opere d'arte, si può affermare che esistono due mercati: quello nazionale italiano chiuso all'interno delle sue frontiere, ed il grande mercato internazionale, dove le nostre opere antiche hanno valutazioni economiche decisamente alquanto superiori rispetto a quelle italiane. Lo stato, che si trova con i musei traboccanti di capolavori accatastati anche nei magazzini, per diversi motivi, è pressoché assente dalla volontà d'acquisirne altri; mentre pochi, sebbene da raffinati intenditori e da accorti investitori, sono i privati in grado di concorrere fuori dei nostri confini nazionali con i facoltosi acquirenti stranieri (americani in primis , ma negli ultimi anni anche mediorentali e dell'Estremo Oriente) al fine di riportare in patria quelle opere italiane che di continuo sono proposte in vendita nei mercati internazionali. Encomiabile a tal proposito rimane ancora una volta il ruolo svolto dagli istituti di credito, per cui in essi, più che altrove, si può oggi ravvisare lo spirito più genuino del nostro collezionismo e del nostro mecenatismo d'un tempo.


Assieme all'attività culturale dei musei e delle raccolte pubbliche, le collezioni formate dalle banche, con il loro continuo arricchirsi, rappresentano oggi una delle realtà più vive ed articolate pure all'interno della ricerca storico-artistica, affiancando e corroborando la funzione pubblica in materia. E' grazie al loro intervento, che sempre più spesso importanti opere che compaiono nel mercato nazionale e straniero (con il conseguente rimpatrio) sono acquisite per trovare un ricovero definitivo a completa disposizione degli studiosi. Talvolta, l'acquisizione d'interi nuclei permette di mantenere integre le antiche raccolte o parte d'esse, avviando contemporaneamente una campagna di studi che, tra le molte finalità, percorrendo la storia dell'opera d'arte nel tempo, aiuta la comprensione del fenomeno stesso delle committenze antiche e della formazione delle grandi collezioni del passato, con tutto quanto comporta la conoscenza di chi le collezionò, le protesse, le amò e le introdusse nella propria vita facendone un veicolo nel progresso dei rapporti sociali. Analizzare la storia del collezionismo, significa anche rintracciare nelle varie epoche le molteplici sfumature assunte dal valore estetico dell'arte sulla traccia del mutar del gusto, per trovare alla fine l'ulteriore, immancabile conferma che la valenza estetica e culturale d'ognuna d'esse persiste e si mantiene costante in relazione sempre alla sua qualità esecutiva. Comprendere la qualità e la storia di un'opera, quindi, vuol dire arricchire la stessa di valenze culturali sempre più complesse, che travalicano il campo strettamente artistico per gettar fasci di luce sulla storia stessa dell'uomo, contribuendo in modo determinante al progresso della comprensione del nostro passato, affinché anch'esso possa essere salvaguardato, custodito, mantenuto vivo come esempio impeccabile nel bene e nel male, in quanto anch'esso è parte essenziale della nostra coscienza di esseri civili. Ed è in ciò che si riversa il valore sociale del collezionismo privato, specie nel caso delle raccolte formate da istituti come quelli bancari, sempre pronti ad aprire le porte dei propri tesori per metterli, in occasione di mostre o su richiesta, a completa disposizione del pubblico. Tutto questo converge e vibra nella "fortuna" incontrata dall'opera d'arte, oggi come in passato; fortuna che le ha garantito la concreta sopravvivenza nel tempo. In un ambiente raffinato, civile e colto, in grado cioè d'apprezzarne il suo valore artistico, è l'opera stessa che trova nelle proprie qualità formali e di contenuto i fattori primi della propria sopravvivenza, della propria tutela e della propria conservazione perché sia tramandata nella propria genuinità ai posteri.


L'attività esercitata in questo settore dalle banche è, inoltre, tra le più significative nei confronti della difesa e della valorizzazione del patrimonio artistico locale e nazionale. Rispondendo agli stimoli e alle provocazioni del mercato, dopo quanto su detto, gli istituti di credito sono pressoché gli unici a svolgere, sempre più spesso, come privati, specifiche mansioni che vanno ben al di là delle iniziali motivazioni di un collezionismo d'occasione. Oltre alle parallele iniziative di restauri, sovvenzioni, pubblicazioni e contributi d'altro genere in campo artistico, lo spirito di mecenatismo moderno che alimenta le raccolte d'arte, possedute e continuamente incrementate pressoché da ogni istituto di credito, tende a formare, per i dipinti, vere e proprie pinacoteche che affiancano quelle pubbliche, rispondendo ad una precisa consapevolezza storico-critica. In tal senso, si possono individuare, in linea di massima, tre tipologie di raccolta, che sempre si integrano l'un l'altra: le collezioni formate per documentare la produzione artistica delle località dove le banche operano; quelle cosiddette di "palazzo", legate cioè alle necessità di "arredo" (continua in: //xoomer.alice.it/studiomondi/bancatesto.htm )



Cliente: | Anno: 1999