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Icone di athina gioblaki
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Alcune considerazioni per una migliore comprensione delle
Icone di ATHINA GIOBLAKI
di Marco Mondi
Dopo tredici anni, e questa volta nell’ambito delle manifestazioni del Giubileo 2000, torna ad esporre a Castelfranco Veneto Athina Gioblaki, agiografa greca oramai affermatasi internazionalmente. Agiografa e non pittrice, è lei stessa a precisarlo, proprio per sottolineare come il suo lavoro artistico debba essere considerato alla stregua di un “mestiere” che, pur servendosi della tecnica pittorica, si muove entro canoni ben precisi, e solo apparentemente vincolanti, anzi dialetticamente articolatissimi a livello stilistico ed estetico, che continuano una ininterrotta tradizione antica vecchia di secoli e, sotto più punti di vista, unica sul piano storico: l’icona, dal greco eikón (immagine), per i Cristiani d’Oriente è qualcosa di più di un’immagine che riproduce un personaggio o un evento della storia sacra; è un vero e proprio oggetto di culto il quale, una volta benedetto, assume il valore e l’importanza di una manifestazione terrena della natura di Dio, in un modo similare per cui l’eucaristia è il corpo ed il sangue di Cristo. L’artista che dà vita alle icone, oggi come nell’antichità, non opera esclusivamente per se stesso, per dar direttamente forma visibile alla propria poesia interiore, ma opera quasi sotto quell’ispirazione capace di guidare la sua mano nella creazione di un oggetto esteticamente rilevante dell’essenza divina della spiritualità umana, quindi, della stessa volontà di Dio quando governa ed illumina il cammino terrestre dell’umanità cristiana. Ecco allora come il “pittore” di icone si metta al servizio di un magistero artistico per farsi artefice di un’opera che non “rappresenta” ma “presenta” o, meglio, rievoca la natura divina in un oggetto terreno degno di venerazione per la sacralità acquisita. Pertanto, e ciò deve essere ben precisato, nell’”oggetto” icona non si venera l’immagine rappresentata, si venera colui che tramite essa è presentato: da qui, la necessità di Athina Gioblaki di definirsi agiografa e non pittrice. E l’agiografia, vale a dire la “letteratura” religiosa relativa alla vita dei santi (e del divino in senso lato), non deve intendersi tale, nel nostro caso, solo per il suo valore esplicativo e di conseguente “ricerca conoscitiva”, ovvero di esegesi, bensì soprattutto per il suo essere un mezzo di “ricerca grafica” spirituale, religiosa, dalla quale, appunto, solo in un secondo momento si giunge alla vera comprensione conoscitiva, quindi alla letteratura in senso stretto e alla pittura come scrittura figurativa sacra. Affermava a tal proposito Joseph de Volokolamsk, uno dei santi della Chiesa Russa separata nato fra il 1439 e il 1440: . Praticare la “pittura” delle icone, vuol dire non solo limitarsi ad essere pittore di immagini sacre dotato del necessario talento pittorico, bensì praticare pure uno stile di vita talvolta da vero e proprio asceta, coerente con i soggetti da raffigurare (si pensi solo, a tal riguardo, ai monaci del Monte Athos), dedicarsi alla conoscenza delle fonti, del Prototipo, interpretarle per il loro valore di messaggio divino, sentito nell’anima, da profondo credente, per l’importante dovere di comunicarlo agli altri credenti e, solo alla fine, tradurlo visivamente con un linguaggio figurativo enormemente complesso per le infinite valenze simboliche di cui si avvale: l’artista medita sul significato simbolico del soggetto scelto, medita sul significato simbolico della composizione attraverso la quale il soggetto è architettato, medita sul significato simbolico della forma di ogni singolo personaggio ed elemento inserito, medita sul significato simbolico dell’uso di una tecnica pittorica dove ogni segno del pennello posto sulla superficie diviene atto d’interpretazione trascendentale e omaggio a Dio, medita sul significato simbolico dell’impiego dei colori, ognuno dei quali ha un suo significato simbolico tanto se preso singolarmente quanto se rapportato dialetticamente con gli altri colori, con la forma che va a definire, con la composizione e con l’insieme tutto. Dice Paul Evdokimov, uno dei grandi ed ispirati scrittori di Cristianesimo:
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