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Alcune brevi considerazioni sugli affreschi esterni del centro storico di castelfranco veneto


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ALCUNE BREVI CONSIDERAZIONI SUGLI AFFRESCHI ESTERNI


DEL CENTRO STORICO DI CASTELFRANCO VENETO


di Marco Mondi



Chi non vive a Castelfranco, o non la frequenta con una certa rego­larità, quando vi giunge ne rimane affascinato. Riesce a vedere quello che a noi, la quotidianità, ci fa conoscere senza più osservare. Il visitatore interessato, in più, col fiuto sagace del "turista" atten­to, individua subito un percorso ideale per una prima escursione: il passeggio Dante, che attraversa con passo lento, ammirando da un lato la cinta muraria medievale con le sue torri e con gli antistanti giardini, che riecheggiano ancora del sapore tardoromantico col quale furono pensati oltre un secolo fa, e dall'altro lato la teoria isocefala dei palazzi lungo le ba­stie; dopo di che, generalmente, s'inoltra all'interno della cinta mu­raria. Il passeggio Dante [i] , che ben interpreta anche lo sviluppo urbanistico secolare delle piazze principali fuori del castello, propone infatti un itinerario che permette di abbracciare visi­vamente alcuni tra i più suggestivi scorci della nostra città. Non a caso, esso coincide con la linea che corona il fossato [ii] e che, oggi come in antichità, delimita le due grandi piazze che si aprono ad Est e a Nord del castello, chiuse dai rispettivi "filari" di palazzi e raccordate dal perno quattrocentesco del "Pavejon" col suo loggiato.


Capire l'evoluzione dello sviluppo urbanistico antico di Castelfranco, come di ogni altra città, è di particolare importanza per comprendere meglio i luoghi dove sorgeranno i palazzi che saranno in seguito affrescati. La costruzione di sontuose dimore e l'apparato scenico che spesso le rivestiva di pitture, almeno per gli affreschi di facciata [iii] , univa allo scopo del decoro urbano e del prestigio di chi vi abitava, una inseparabile valenza rappresentativa, specchio dell'importanza politica, economica e sociale del committente: il soggetto delle raffigurazioni, infatti, non era mai casuale.


Castelfranco sorgeva ottocento anni fa, per volontà del Comune di Treviso. Alla città fondatrice, si mantenne sempre legata, anche per la preoccupazione di Treviso di mantenere alle sue strette dipendenze e sotto il suo controllo un territorio particolarmente importante dal punto di vista strategico [iv] . Così, anche tra il XV ed il XVI secolo, dopo essere passata sotto Venezia (1339), che pur trasformò profondamente l'assetto istituzionale dei territori di terraferma, la struttura costituzionale cittadina continuò sostanzialmente ad essere regolata dagli antichi statuti, che erano statuti trevigiani. La funzione militare del castello, nei primi secoli, non venne mai a mancare. Tuttavia, ciò non impedì che la quotidiana vita cittadina si svolgesse nei periodi di pace sfruttando al meglio la vantaggiosa posizione geografica del nuovo insediamento, posto al centro di importanti vie di comunicazione [v] e favorito dalla concessione di particolari franchigie che, tra l'altro, dovevano servire anche ad assicurare la sua assoluta fedeltà al Comune dominante. Nel volger di breve tempo, Castelfranco divenne un centro commerciale di notevole importanza [vi] , togliendo, forse, sotto più punti di vista il ruolo sino ad allora assolto dal castrum [vii] e dalla chiesa arcipretale di Godego [viii] . Antichi documenti attestano che nel 1233, a pochi anni dalla fondazione del castello, veniva confermata la libertà di svolgere il numero "consueto" di mercati nelle piazze antistanti i lati Nord e Ovest del castello, tradizione che dura sino ai nostri giorni. L'economia cittadina, che pur si basava prevalentemente sull'agricoltura e sull'allevamento di bestiame, trovava allora, sempre più, nuove fonti di ricchezza anche nel commercio e nel parallelo svilupparsi di attività artigianali e manifatturiere [ix] . La zona dentro le mura mantenne la prerogativa di cen­tro religioso, amministrativo e culturale, tuttavia si riversarono in maniera determinante al di fuori della cinta molte attività di lavoro e di commercio, che videro, soprattutto nel Cinquecento, una ricca fioritu­ra dei più diversi "mestieri". Le piazze esterne, ancora oggi le più importanti di Castelfranco, furono il teatro di una attività economica tanto intensa e vasta da essere considerata tra le maggiori dell'entroterra veneto dalla stessa Venezia. Il crescente benessere ed il sopravvenire di nuove esigenze incentivarono lo sviluppo edilizio dentro e fuori le mura: a tal proposito esistevano precise disposizioni edilizie già nella prima metà del XIII secolo [x] . Il XVI secolo fu sicuramente determinante per l'ulteriore sviluppo e consolidamento dell'assetto urbanistico cittadino, che, riconsi­derato nel corso del XIV secolo, arriverà gradualmente ad avere l'at­tuale aspetto. Sorsero allora molti dei palazzi lungo le bastie. Que­sti, nonostante i talvolta profondi rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli, imposero, pure stilisticamente, quel signorile equilibrio estetico a cui tutte le successive costruzioni si dovettero adattare.


La tradizione degli affreschi di facciata era particolarmente viva nella marca trevigiana, che deve la sua denominazione di "marca gioiosa" anche a questo [xi] . In Castelfranco pure, questa tradizione dovette essere stata sentita in ugual modo e, forse già dalla fine del XIII secolo, quando cominciarono a prendere corpo con una certa diffusione vere e proprie costruzioni abitative in muratura, le facciate di queste dovettero essere dipinte con pitture a decorazioni stilizzate come losanghe policrome, arabeschi o altre "tappezzerie" di vario genere. Risalenti con ogni probabilità ai secoli XIV e XV, ne sopravvivono ancora oggi alcuni rari esempi, riportati alla luce soprattutto in tempi recenti. Queste poche testimonianze dei primi secoli di vita cittadina sono rintracciabili qua e là, percorrendo vie e vicoli soprattutto dentro le mura, nelle facciate delle più antiche case. Si vogliono qui ricordare la parte di facciata decorata a mattoni rossastri, con una sovrastante fascia policroma a rombi (riconoscibile facilmente per la presenza di una superstite bella bifora gotica), della seconda palazzina a destra, provenendo da Porta Cittadella, passato l'imbocco del vicolo del Cristo, in via F.M. Preti (fig. 1); quella parte che affiora sulla facciata di palazzo ora Menegotto, all'inizio del vicolo Montebelluna (fig. 2), e, sempre in questo vicolo, a metà circa del suo percorso, ma probabilmente ascrivibili alla seconda metà del XV secolo, nonostante l'impiego di stilemi ancora gotici, gli interessanti brani a fiori stilizzati (restaurati nel 1974 grazie ai contributi della Banca Popolare di Castelfranco Veneto) che, nel loro intreccio, creano riquadri mossi contenenti dei graziosi cherubini (fig. 3). Databili con maggior precisione (1381-1388 ca.), sono gli affreschi superstiti delle volte della torre principale del castello (fig. 4), detta anche torre davanti o dell'orologio, rappresentanti a colore rossastro le antiche insegne dei Carraresi [xii] , [xiii] . Sulla parete interna della porta, ad Ovest, sopravvivono altri brani dai colori più vivaci; sul lato opposto, tra due stemmi, è visibile il leone marciano, di fattura quattro-cinquecentesca; mentre sono andati ormai in pratica completamente persi gli affreschi che, come vedremo, là il Castagnola aveva dipinto. Fuori dalle mura, tutte e tre le facciate del porticato, sopra le arcate (compresi gli archivolti), della Loggia del grano, o "Pavejon", che fu innalzata nel 1420 e radicalmente restaurata nel 1603 [xiv] , sono dipinte a finta tappezzeria decorata a bugnato (fig. 5); mentre sulle pareti all'interno del loggiato, sopravvivono altre decorazione con scritte e uno stemma.


Tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVII secolo, da quel che è possibile giudicare oggi, Castelfranco vide il suo periodo di massimo splendore per quel che concerne le decorazioni esterne ad affresco. Ma a questo punto, è bene soffermarsi velocemente sulla penetrazione del patriziato veneziano nell'entroterra [xv] che, più o meno direttamente, è da mettere in relazione con la fioritura delle decorazioni parietali. Questa penetrazione, infatti, nel volger di breve tempo coincise con il consolidarsi del po­tere, e quindi della ricchezza, nelle mani di un gruppo piuttosto ri­stretto di famiglie autoctone [xvi] . Vanificata l'inespugnabilità medievale della città murata e finita l'epoca delle continue guerre, l'urbanistica della città poté svilupparsi soddisfacendo le nuo­ve esigenze. Questo si verifico in special modo durante il XVI secolo, dopo gli esiti della lotta contro la lega di Cam­brai, quando si ebbe uno straordinario impulso per l'edilizia urbana, spinta anche dal ruolo mercantile sempre più rilevante, che fece diventare Castel­franco tappa obbligata dei tragitti commerciali tra gran parte dell'Eu­ropa e Venezia. L'impulso economico e culturale che regnò all'interno della cives [xvii] , sull'esempio e sullo stimolo della nobiltà "forestiera", diede il via all'edificazione e alla conseguente decorazione di nuovi palazzi e nuove dimore. Il potere locale, anche perché i grandi proprietari terrieri veneziani [xviii] vivevano altrove e la loro partecipazione alla vita politica e sociale della comunità era scarsa [xix] , venne quindi a concentrarsi nelle mani di una piccola nobiltà costituita da gruppi di possidenti terrieri [xx] . Come in molte altre zone dell'entroterra veneto, anche da noi, la richiesta di nuove dimore nasceva allora dal desiderio della committenza locale e da quella "straniera", veneziana innanzitutto. Il patriziato veneto, da quasi due secoli, aveva iniziato ad investire in fondi terrieri della Castellana: già nel 1317, Marco Soranzo, figlio del doge Giovanni, acquistò a Treville terreni appar­tenuti una volta al fisco ezzeliniano, e [xxi] . E' bene inoltre ricordare come i Soranzo fossero promotori di studi neoplatonici, divenendo mecenati e sostenitori di ogni rinnovamento culturale ed artistico. La presenza sempre più cospicua della nobiltà veneziana in terraferma e i quasi tre secoli di pace che seguirono la Guerra di Cambrai (fatto del tutto straordinario per l'epoca), furono alla base del fenomeno del fiorire delle ville in campagna: il territorio sotto la giurisdizione di Castelfranco arrivò a contarne ben oltre una ventina [xxii] . Nella loro prima diffusione, le ville venete risposero a finalità non semplicemente estetiche, come sarà nei secoli XVII e XVIII, ma in qualche modo connesse alla conduzione rurale del podere e all'interesse per i miglioramenti produttivi in agricoltura: esemplare a tal riguardo è villa Emo del Palladio. Rimane comunque certo che il raffinato gusto culturale, e di vita (continua in: //xoomer.alice.it/studiomondi/affreschicastelfranco.htm )



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