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Venezia agli albori della fotografia: 1850-1870


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Venezia agli albori della


fotografia: 1850-1870


(visibile completo in: //xoomer.alice.it/smdaem/collaterale2008.htm )


Presentazione



Quando nel 1839 François Arago pubblicò a Parigi la notizia delle nuove scoperte tecnologico-scientifiche di Niepce (morto nel 1833) e Daguerre e delle prime prove fotografiche, nello sconcerto e nello scompiglio che la notizia suscitò nel giro di pochissimo tempo, più di qualcuno sintomaticamente definì queste nuove raffigurazioni, per la loro iniziale mancanza di colore, "singo­lari incisioni" o "disegni eseguiti dal sole": il raffronto fu appunto, spontaneamente, con il disegno e con l’incisione (e dell'incisione, la fotografia ne assorbirà gradualmente il secolare ruolo di mezzo di documentazione e divulgazione di immagini d’arte, e non solo). Era nato un nuovo mezzo artistico, ma per le sue qualità riproduttive questo nasceva inevitabilmente legato (e per i più, e per molti decenni, vincolato) alla pittura. Molti, moltissimi fotografi dell'Ottocento si ostinarono a vedere in esso un surrogato, tecnicamente perfetto, della sorella maggiore, se non fosse stato per quella iniziale mancanza di colore, alla quale si rimediò, come per le incisioni, con una coloritura data a mano. Fu inevitabile, e pochi, pochissimi fotografi capirono, pian piano, di disporre di un mezzo artistico innovativo, autonomo ed originale, in grado di dar vita ad immagini inedite e geniali, elaborate sulle complesse fasi tecniche ed estetiche a loro disposizione, che potevano esprimersi, nella forma e nel contenuto, servendosi della scelta del soggetto da rappresentare e della sua composizione, o "messa in posa", dell'illuminazione e della luce, delle tipologie dello scatto e della "messa a fuoco", delle infinite possibilità nello sviluppo, nella stampa, nella scelta del supporto e così via. Fu, dunque, inevitabile che tutto ciò non fosse colto subito e appieno; ma se il voler fare della "pittura" con la fotografia fu, indubbiamente, per essa un limite, dall'altro canto, la fotografia contribuì non poco a liberare la pittura dal vincolo di dover per forza "copiare" mimeticamente la realtà: il Realismo tutto, i Macchiaioli, gli Impressionisti e avanti fin alle stesse avanguardie storiche, sarebbero state altrimenti forse impensabili, almeno così come si sono sviluppate. Pressoché tutti i più grandi pittori si servirono della fotografia, da Courbet a Corot a Manet, da Degas a Duchamp, da Fattori a Michetti a Ciardi, da Marius Pictor a Segantini, da Balla ai Futuristi, ed altri, molti altri ancora: lo stesso Daguerre fu dapprima pittore e fu la litografia a stimolare le ricerche fotografiche di Niepce; mentre fu l'incapacità di ritrarre a disegno l'incantevole paesaggio del lago di Como a far scaturire, tra il 1833 ed il 1835, l'invenzione del negativo fotografico al matematico inglese Talbot. Comunque sia,

da parte loro,


i grandi fotografi impararono presto a veder nella pittura non un genere da imitare, ma una fonte di stimolante confronto e raffronto (ed il Pittorealismo in fotografia, a tal riguardo, ne è un esempio significativo), e le due arti iniziarono a coadiuvarsi reciprocamente, ognuna seguendo la propria ricerca espressiva.

La nascita della fotografia fu un evento che assunse quasi un carattere magico, taumaturgico. Quel suo infallibile occhio che sapeva cogliere per mezzo della luce una così limpida visione della realtà, aveva qualcosa di miracoloso. Si pensi solo a coloro che guardarono alla Sacra Sindone come alla prima fotografia, nata da una volontà addirittura divina: quando nel 1898 essa fu per la prima volta fotografata, grande scalpore suscitò, con un fascino mistico che ci emoziona ancora oggi, la visione della sua immagine nel negativo fotografico, ben più leggibile che dal vero. Tuttavia, le nuove scoperte che portarono alla fotografia furono il risultato, come sempre succede, di un lungo percorso di ricerche e sperimentazioni che legarono e legano la fotografia, per linea diretta, alla scienza e alle innovazioni tecnologiche da un lato e all’arte dall’altro: il Vedutismo di Vermeer e Canaletto si servì, ad esempio, della camera ottica, cioè della luce che proietta l'immagine, e la camera ottica, o camera obscura , come la denominò lo studioso arabo Alhazen Ibn Al-Haithan prima del 1039, rielaborando conclusioni a cui era già giunto il filosofo greco Aristotele, era consigliata già nel Cinquecento da Giovanni Battista Della Porta a coloro che praticavano il disegno e la pittura; lo stesso Leonardo se ne servì, sebbene per intuizioni più scientifiche che artistiche. Fu però solo con le scoperte chimiche sui materiali fotosensibili nel secolo dei lumi, che si poté giungere a fissare l'immagine proiettata dalla luce su di una superficie. Arte, scienza e tecnologia quindi, strette in un legame inscindibile tanto per il contemporaneo del passato quanto per il contemporaneo d’oggi, unite, da subito, in un nuovo genere artistico per cui l’una difficilmente poté, o può, essere scissa dall’altra.


Il genere artistico della fotografia, “antica”, moderna e contemporanea, è un genere oggi in grande rivalutazione. Nuove ricerche e nuovi studi storico-scientifici sempre più approfonditi si sono susseguiti numerosi negli ultimi decenni e, per la sua sempre più stretta inter-relazione ed inter-disciplinabilità con gli altri generi artistici, la fotografia s'è fatta un mezzo espressivo indispensabile per tanta arte contemporanea e per la contemporaneità stessa. La fotografia come espressione artistica sta riscuotendo un ampio favore non solo tra studiosi, collezionisti ed appassionati, ma anche tra un pubblico sempre più vasto, che numeroso affluisce alle mostre e alle esposizioni ad essa dedicate, nei paesi di cultura francese ed anglosassone in modo particolare. Ed è su questa scia di rivalutazione che essa sta suscitando grande interesse nel mercato dell'arte, che ha visto, per citare un caso emblematico, il 27 ottobre del 1999, in un'asta a Londra, uno scatto di Gustave Le Gray del 1855 circa superare la considerevole cifra di 500.000 Sterline, circa un miliardo e mezzo delle vecchie Lire.


L’Associazione Trevigiana Antiquari con l'esposizione collaterale di quest’anno di Antiquari ai Carraresi , si è voluta fare promotrice di una mostra interamente dedicata alla fotografia in una città come Treviso, che vanta uno straordinario archivio fotografico qual è quello del FAST (Foto Archivio Storico Trevigiano). Realizzata grazie alla disponibilità, al contributo e alla curatela di Giuseppe Vanzella, appassionato cultore, collezionista e mercante nello specifico settore della fotografia, s'è voluto presentare un gruppo di stampe fotografiche interamente dedicato agli albori della fotografia in Italia. Venezia agli albori della fotografia: 1850-1870 , infatti, vuole essere un omaggio che la nostra Associazione rende ad un genere artistico forse da noi non ancora così considerato come la sua rilevanza storica vorrebbe. Le opere presentate, provenienti dalla preziosa collezione del curatore, con un importante apporto giunto anche dall'archivio fotografico Tommaso Filippi dell'IRE di Venezia, a cui vanno i nostri più sentiti ringraziamenti, sono tutte state realizzate nei primissimi decenni che seguirono l'invenzione della fotografia e rappresentano una testimonianza eccezionale per valore storico ed artistico, capace di dare un ricco contributo ad una più vasta comprensione di quanto avvenne in arte, nel nostro territorio, verso la metà del XIX secolo. In quegli anni cruciali per la storia d'Italia, quando una rivoluzione politico-territoriale si presentava come il risultato di lunghi decenni d'intensa preparazione, soprattutto nell'antico dominio della Serenissima, e al tempo stesso poneva basi ben più solide ad un’altrettanto rivoluzionaria ristrutturazione economico-sociale di un'intera nazione che, passo dopo passo, porterà all'età contemporanea, la nostra arte stava vivendo un importante momento di passaggio tra un Romanticismo mai completamente assorbito ed un Realismo che, anche proprio come reazione all'unità d'Italia, fu caratterizzato da una divisione particolarmente accentuata di scuole, movimenti, correnti strettamente territoriali (seppur tra loro in continuo dialogo), indice di un diffuso provincialismo dal quale s'era ancora ben lungi dall'uscire. Ed è particolarmente sintomatico che questa frammentazione territoriale si manifesti anche nella fotografia ma in una forma decisamente meno accentuata che in pittura, ad esempio, e forse proprio perché questo nuovo mezzo artistico nasceva su basi scientifiche e tecnologiche che, per loro natura, non potevano, e non possono, avere confini. Anzi, furono proprio tutti quei fotografi che per tutto l'Ottocento percorsero in lungo ed in largo tutta la penisola documentandone con i loro scatti una realtà storico-artistica-"quotidiana" estremamente autoctona e diversificata, a mostrare tra loro, con consonanze formali in diversità di soggetti, maggiore omogeneità di risultati e a contribuire non poco a rinsaldare città e regioni in un senso più diffuso di nazione. La fotografia a Venezia, quindi, a suoi albori, sembra già respirare un'aria assai poco vincolata dai gusti e dalle tendenze espressive dell'arte veneziana, e veneta, della metà del XIX secolo: e se andiamo ad esaminare ad una ad una le fotografie esposte in quest'occasione, se si prescinde ovviamente dalle tematiche raffigurate, difficilmente si può parlare di un carattere espressivo tipicamente veneto, come avviene per la pittura; al contrario, si può notare, almeno per i non addetti ai lavori, come talvolta le opere di fotografi veneti possano essere confuse con quelle di altri fotografi, anche stranieri. Invece di divisioni territoriali, è più facile ravvisare influenze di carattere più vasto e generale: nel momento storico in cui gli scatti sono stati realizzati, Romanticismo (talvolta già velato di un sensore proto-Simbolista) e Realismo sono le due componenti espressive che in essi più sono vive e con esse, in modo particolare proprio perché è Venezia ad essere "ritratta", forte è l'influenza del Vedutismo settecentesco, forse l'unica vera componente "veneta" rilevabile di forte stimolo, che in quest'occasione s'è voluto particolarmente sottolineare proprio in prospettiva della mostra su Canaletto ed il Vedutismo che seguirà in queste stesse sale fra pochi giorni. Proprio per l’intrecciarsi e l’evolversi di questo gusto figurativo che ci rivela poesia e storia di un incantato e vivace panorama cittadino-lagunare della metà del XIX secolo, Venezia ‘800: Vedutismo, Romanticismo, Realismo agli albori della fotografia , potrebbe essere un altro titolo per questa mostra, ma che giustamente Giuseppe Vanzella ha voluto evitare, perché la fotografia non può essere letta come la pittura: é per questo, allora, che si rimanda all’approfondito testo del curatore e a quello del prof. Alberto Prandi che lo precede, entrambi esperti studiosi in materia, per ben farci introdurre ed accompagnarci in un universo artistico estremamente suggestivo e coinvolgente com'è quello di Venezia agli albori della fotografia .


In questa sede, infine, in nome e per conto dell'Associazione Trevigiana Antiquari tutta e degli altri espositori partecipanti ad Antiquari ai Carraresi , si vogliono fare i nostri più vivi ringraziamenti a tutti coloro che, con contributi di vario genere, giunti principalmente con apporti non finanziari, hanno reso possibile la realizzazione della XIV edizione di questo evento espositivo, che vuole essere prima di tutto un evento culturale. Si ringraziano per il patrocinio dato la Regione Veneto, la Provincia di Treviso ed il Comune di Treviso; per la promozione ed i contributi la Fondazione Cassamarca, che sempre gentilmente ci concede gli spazi espositivi di Casa dei Carraresi, la C.C.I.A.A. e A.S.C.O.M. di Treviso, l’A.C. SRL - Astoria Vini di Crocetta del Montello, da Pino, Pizzeria Ristorante, di Treviso, la Sanremo S.R.L., Macchine per caffè espresso, di Vascon di Carbonera e lo Studio Fogale Dottori Commercialisti di Castelfranco Veneto. (mostra visibile in: //xoomer.alice.it/smdaem/collaterale2008.htm )


Marco Mondi


Presidente A.T.A.




Cliente: | Anno: 2008