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Falsi e truffe nel mercato dell’arte: opere sequestrate dalla guardia di finanza
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Falsi e truffe nel mercato dell’arte: opere sequestrate dalla Guardia di Finanza
Marco Mondi
(RICHARD H. RUSH, L’arte come investimento , Milano, 1963, p. 283).
L’Associazione Trevigiana Antiquari, e chi scrive in modo particolare, ha fortemente voluto questa mostra ben consapevole dei limiti che essa avrebbe avuto, sotto più punti di vista. E’ stato scelto, da subito, di rivolgersi esclusivamente alle autorità preposte dallo Stato a vigilare contro questo genere di raggiri per avere in esposizione un gruppo di opere che siano state effettivamente oggetto di truffe e quindi passate sotto sequestro. Il Comando Provinciale trevigiano della Guardia di Finanza , in modo particolare nelle persone del Comandante Col. Claudio Pascucci e del Lgt. Sandro Scaboro, ha da subito dimostrato la propria grande ed interessata disponibilità nell’appoggiare l’iniziativa interpellando il competente Nucleo Polizia Tributaria di Roma , alle cui dipendenze opera il Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico , che, con grande entusiasmo, ha accettato di collaborare alla mostra gestendola in gran parte, grazie alla professionale direzione del Cap. Massimo Rossi, Comandante di Sezione del Gruppo, dalla sede centrale di Roma (dall’organizzazione alla scelta delle opere, dai trasporti e dall’allestimento a parte dei testi didascalico-descritivi presentati in mostra fino a quelli pubblicati in catalogo). A tutti loro, e per il loro contributo scritto anche all’Avv. Sebastiano Sartoretto, appassionato d’arte ed esperto conoscitore della materia sotto il profilo legale, e alla dott.ssa Giovanna Sartoretto, vanno i nostri più sentiti ringraziamenti . A tal proposito, spiace solo di non aver potuto avere anche la collaborazione, com’era stata inizialmente prevista e che sarebbe stata indispensabile, del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri , purtroppo particolarmente impegnato nei mesi di preparazione della mostra.
Al di là del presente evento, ma in questa speciale occasione, è comunque doveroso da parte nostra esprimere un ulteriore, sentito ringraziamento , il più importante, alla Guardia di Finanza e ai Carabinieri per la loro quotidiana ed insostituibile attività di ricerca e di denuncia in questo delicato, e tecnico, genere di truffa che, a noi antiquari, reca un danno notevole sia d’immagine che economico. La collaborazione con le autorità pubbliche preposte è per noi indispensabile, perché ci aiuta a fare della nostra professione un’attività che, svolta quotidianamente con quell’etica morale e comportamentale che ha sempre caratterizzato, per chi opera con serietà e competenza, il nostro settore lavorativo, va al di là del risultato economico (che resta comunque uno dei fini principali, come per ogni altra attività lavorativa privata), per diventare un’attività che fa cultura, che fa storia, che fa informazione e che, alla fine, dà anch’essa il suo importante contributo alla società, oggi più che mai.
Si diceva, una mostra fortemente voluta da noi antiquari, poiché, tra i mille altri motivi, è nostra convinzione che non vi sia concorrenza sleale peggiore di quella praticata da chi, in mala fede e quasi sempre per vie non ufficiali, immette nel mercato opere d’arte contraffatte o con inaccettabili e truffaldine attribuzioni, perpetrando così nei confronti di chi ama e colleziona l’arte vere e proprie truffe, spingendolo ad allontanarsi da questo mondo straordinario e sottraendo linfa vitale a chi, con professionalità, opera giorno dopo giorno in questo settore con la volontà costante di tutelare gli interessi dei propri clienti, perché questi interessi sono anche, e prima di tutto, gli interessi dell’antiquario stesso. Perché, allora, concorrenze sleale? Semplice! Perché, per dirla in breve e con parole povere, se un’opera d’arte autentica costa, ad esempio, 10, una falsa ne costa 1, ben che vada!, ed è venduta a 3 o 4. Il cliente la crede autentica e la compera credendo di fare un buon acquisto e, finché la crede un autentico, in lui, e in coloro con cui ne parla, si fa forte l’idea che l’antiquario, onesto, sia uno che se ne approfitta o, peggio ancora, per assurdo, che sia egli un po’ truffaldino perché ne approfitta troppo, quando un’opera “similare” si può trovare per altre vie a molto meno. E questo fino a che non si convince, se mai se ne convince, d’aver acquistato un falso, cioè d’aver buttato via i soldi. In tutta questa faccenda, in più, vi è un lato che vien voglia di definire quasi “comico”, vale a dire che talvolta le persone truffate con questi raggiri, e che sembrano essere condannate a ricaderci con una certa frequenza, sono proprio quelle che cercano di continuo, con l’acquisto di opere d’arte, di fare i grandi affari, di acquistare ad 1 ciò che vale 100 e alla fine pagando 100 ciò che vale 1, buttando via, cioè, davvero il loro denaro. Tra noi antiquari e galleristi c’è una regola, che spesso ribadiamo con insistenza ai nostri clienti: il vero affare lo fa chi trova e compra l’opera giusta, che ha tutte le “carte” in regola, pagandola il suo giusto valore. Se poi si tratta di un’opera qualitativamente sopra le righe, quella che capita una volta su mille e che è difficilissima da trovare, allora davvero l’aspetto economico può passare in secondo piano, perché il capolavoro non ha prezzo ed il grande affare , il grande fortunato è chi lo possiede. Anzi, è da dire che in questo caso, l’aspetto economico non passa affatto in secondo piano, poiché tale opera è quella che certamente più si rivaluterà col tempo.
Mostre su truffe nell’arte e sui falsi si sono tenute con grande interesse ed affluenza di pubblico in contesti diversi, spesso museali (in Italia, esistono anche musei di opere false, dove queste sono studiate ed esposte al pubblico), ma raramente (e forse mai prima in Italia) nel contesto di una mostra d’antiquariato. E’, quindi, un segnale forte che la nostra categoria vuol mandare per far capire al pubblico, e ai nostri clienti in primis , che, per questo genere di truffe, i primi a subirne le conseguenze negative siamo proprio noi antiquari e l’immagine del settore lavorativo in cui operiamo.
Ad una sezione archeologica di primo piano, con non molti pezzi, ma tutti assai interessanti per il nostro scopo, dove sono esposte opere originali al fianco d’imitazioni recenti, si contrappone un gruppo di altre opere che, per ovvi motivi, svela tutti i limiti di questa mostra. Si sarebbe voluto spaziare in maniera ben più esaustiva in più settori dell’antiquariato e presentarli cronologicamente, con opere talvolta assai più indicative di alcuni dei dipinti qui presentati, passando da un’epoca a quella successiva fino a giungere ai nostri giorni. Ma era nel nostro caso pressoché impossibile e, in fin dei conti, non ne sarebbe neanche valsa la pena, affrontando un lavoro ben più impegnativo ed esoso, per una mostra che durava una sola settimana, la durata cioè della manifestazione d’antiquariato che la ospita. S’è voluto ricorre, s’è gia detto, a coloro che sono demandati dallo Stato per tutelarci contro queste truffe: tutte le opere esposte, infatti, sono state gentilmente fornite dalla Guardia di Finanza e sono tutte opere passate sotto sequestro come corpi di reato. Vi sono opere assai interessanti quindi, ed altre che, bisogna dirlo, stupiscono alquanto, poiché dimostrano fino a che grado di ingenuità si può giungere in questa tipologia di truffe. Devo dire e, per coerenza non lo nascondo, che quando ho visto queste ultime opere, ho seriamente pensato di non esporle perché rischiavano di compromettere l’onestà della mostra stessa poiché, ed è vero, nulla hanno a che vedere con i falsi e pensare, quindi, che ci siano state delle persona capaci di servirsene facendole passare per Rembrandt, Velàsquez o Picasso, lascia davvero esterrefatti. Ad una seconda riflessione, però, visto che, ed anche questo è vero, queste opere sono state effettivamente oggetto di truffe, ho pensato che esporle fosse, al contrario, veramente importante, perché se opere come queste sono riuscite a truffare qualcuno, ciò è indice di quanta, desolante, impreparazione esista in materia e, per riscontro, di quanto importante diventi la figura dell’antiquario, serio e capace, nel tutelare gli interessi dei collezionisti e degli amanti dell’arte. In più, e per riflesso, tutto ciò fa pensare anche a ben altre truffe, a quelle in cui sono stati oggetto i falsi davvero sofisticati e di “grande qualità”, quelli che in passato hanno ingannato esperti illustri ed illustri direttori di musei; ma fa pensare anche a quei falsi che, e non c’è da stupirsene, ancora oggi continuano ad essere contemplati come originali in chissà che rispettabili grandi collezioni se è vero che, come afferma Cesare Brandi, (CESARE BRANDI, Concetto di falsificazione , in Enciclopedia Universale dell’Arte , Venezia-Roma, 1971, p. 311).
Per noi, tuttavia, al di là di tutti i limiti che questa mostra sicuramente ha, e delle critiche che altrettanto sicuramente farà nascere, l’importante era lanciare un segnale forte di denuncia e di sensibilizzazione sul problema , fornendo anche, come si cercherà di fare, alcuni utili consigli per difendersi da queste truffe, attirando chi ama l’arte verso un mercato serio e di qualità, che è la prima vera garanzia.
Il falso investe un problema, in più, che non si limita al solo ambito della semplice truffa, ma si dilata e s’insinua in un ambito ben più complesso, scientifico e rilevante, fin a giungere talvolta a compromettere la stessa conoscenza "qualitativa" della storia dell'arte.
Giusta conoscenza "qualitativa" della storia dell'arte , vale a dire che le truffe in arte, ed i falsi soprattutto, alterano e compromettono la percezione delle opere d'arte autentiche e sviano e pregiudicano la conoscenza veritiera del nostro passato, o del nostro presente, artistico e compromettono, quindi, la conoscenza genuina di quanto è e di quanto è stato: confondono, in altre parole, la storia dell’arte e la storia stessa. A tal proposito, utile è riproporsi il quesito, illuminante, di Walter Benjamin: (WALTER BENJAMIN, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica , 1936). Si può allora spendere in questo contesto ancora qualche parola non più da mercante d’arte, ma da storico dell’arte: le copie, le imitazioni e, in un momento successivo, i falsi, che si può dire da sempre hanno affiancato le opere dei grandi e dei piccoli maestri, dove compromettono una genuina percezione e una veritiera conoscenza del fatto artistico? La risposta è sicuramente assai complessa, ma basti in questa sede sottolineare solo che tutto quanto ciò che è ritenuto autentico, quando in realtà non lo è (e questo anche al di là della buona o mala fede), può compromettere gravemente tanto la conoscenza di un periodo storico quanto l’attività artistica di un singolo autore. Sono due estremi di una vastissima casistica che solo sul piano teorico può essere semplicisticamente divisa od analizzata unitariamente, mentre nella realtà dei fatti vi è in essa un continuo, fittissimo intrecciarsi d’influenze, d’interpretazioni, di rimandi e di critica storica e storiografica dell’arte. Possiamo fare due esempi. Da un lato si pensi alle copie romane di sculture greche: alcune di esse passarono per autentiche già all’origine, ma certamente molte di loro furono ritenute tali (e si iniziò a capire che tali erano), ad esempio, anche in epoca neoclassica, compromettendo, allora, tutta la comprensione della e della scultorea dell’arte greca. L’infatuazione che ebbe Canova di fronte agli originali di Fidia portati a Londra da Lord Elgin, insegna. Tuttavia, è anche attraverso le copie che noi oggi possiamo farci un’idea più completa, seppur di riflesso, della grande scultura greca. Dall’altro lato, per stare a noi più vicini, si pensi ai tanti Guglielmo Ciardi che Ciardi non sono e come essi creano seria confusione nel valutare la reale qualità artistica del pittore, ovviamente inficiata da opere che, ad esempio con firme false apposte pur magari in dipinti d’epoca (più di un esempio di gesto genere, è esposto anche in mostra), sue non sono. Un falso, quindi, spacciato per autentico e non ancora riconosciuto come falso, danneggia l’arte del maestro falsificato perché confonde ed altera la percezione qualitativa degli originali stessi e dell’intera sua attività. Confusione e danno non solo in quest’ultimo senso, ma pure quando ci si trova ad affrontare studi attributivi: in fase attributiva, determinante è il confronto dal vero con originali sicuri e se ciò non avviene, si rischia che un errore ne generi un altro. In più, spesso pure nel caso di pittori importanti come, appunto, Guglielmo Ciardi, gli originali sicuri sono difficili da vedere perché i musei, luoghi tributati alla loro esposizione, ne conservano o ne espongono pochi (sovente solo quelli più conosciuti e famosi), e molte altre collezioni sono di difficile accesso. Nel caso di Guglielmo Ciardi, inoltre (ma non solo per lui), si pensi anche a quanto difficile, e “pericoloso”, sia la realizzazione di una grande e chiarificatrice mostra antologica: non a caso da tantissimi anni non si è fatta e a tutt’oggi fondamentale, e sintomatico a tal proposito, rimane il volume pubblicato sull’artista da Maria e Francesco Pospisil del 1946, più di settant’anni fa!
Se i falsi, come le copie e le imitazioni, creano in questo senso non pochi problemi, è anche vero che essi, come le copie e le imitazioni, pur aiutano lo storico e lo storico dell’arte ad una più completa conoscenza del nostro passato. Prescindendo dagli intenti fraudolenti, infatti, il falso è per lo studioso un importante strumento di analisi della critica e del gusto dell’epoca in cui è stato eseguito . Ogni epoca ha posto particolari interessi a determinati aspetti dell’arte o a determinati artisti rispetto ad altri e così fu anche, di pari passo, per la produzione di falsi, per cui un artista o la produzione artistica di un determinato periodo storico fu più imitata e falsificata in un’epoca piuttosto che in un’altra, in un modo piuttosto che in un altro. Ogni falso, pertanto, porta inevitabilmente in sé anche una parte di autenticità, e questa consiste nel fatto che essa svela gusti, preferenze, congetture culturali, sociali e tecnico-conoscitive del momento in cui è stato eseguito: cioè, dal punto di vista storico, è comunque una testimonianza “autentica” dell’epoca della sua realizzazione (al punto che in alcuni casi ci si potrebbe porre la domanda che pose Bernard Berenson, quando gli fu detto che a papa Pio XII era apparsa la Madonna: ). (continua in: //xoomer.alice.it/smdaem/mondifalsi.htm )
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