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I bassano e la loro bottega: tre generazioni di imprenditoria pittorica ai vertici del rinascimento
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Sezione 2. I Bassano e la loro bottega: tre generazioni di imprenditoria pittorica ai vertici del Rinascimento
Jacopo dal Ponte (Bassano, 1510 ca. – 1592), gli altri componenti della sua famiglia e la sua bottega, sono tutti forse meglio noti attraverso il nome della loro città d’origine, Bassano. Jacopo stesso firmava molti suoi dipinti con questo riferimento, quasi fosse un co-gnome. Ne citiamo alcuni esempi, privilegiando le varianti ed elencandoli cronologicamente: « JACOBUS A PONTE BASs. FAC.T » ne’ I tre fanciulli nella fornace di Bassano (1535-36); « Jacs a ponte / bassanensis. p. / in... » nel Ritratto di Memphis (1536-43 ca.); « JACs.BASSs.P » nella Pala di Asolo (1548-49); « ...1556 / G. BASSAN P.t » nel Torquato Tasso di Kreuzlingen; « JACs. / BASSANESI / [PIN] GEBAT » nel Sacrificio di Noè di Postdam (1574-77ca.); « JAC. BASSANE / FACIBAT / MDLXXIV » nel Trasporto di Cristo di Padova; « JAC. BASS. » nella Costruzione dell’arca di Kroměříž (1578-79 ca.); « J.B.f. 1585 » nella Susanna di Nîmes; e così via. In alcuni suoi disegni, inoltre, si legge: « Giacomo Bassano » in grafia seicentesca su uno studio di collezione privata a Chicago, « Bassano » in grafia settecentesca sulla Testa dell’Albertina di Vienna, semplicemente « Bassan » su un’iscrizione forse seicentesca sulla montatura della Visitazione degli Uffizi o « Jacopo da Ponte called il Bassano », in grafia probabilmente ottocentesca, su un altro studio di collezione privata. Se poi si vanno a vedere le incisioni riproducenti opere bassanesche, molte presenti anche in mostra, sin dalle tirature cinquecentesche il riferimento al nome Bassano è pressoché sempre presente: « Iacopo de ponto Bassanensis... », « Jac.i Bass.is... », « I. Bassan... » o « Giacomo Bassano... ». Lo stesso dicasi per la storiografia sull’artista, dal Ridolfi al Volpato, dal Verci al Lanzi. D’altronde, all’epoca era piuttosto comune fare seguire il luogo d’origine al proprio nome; anzi, nel caso dei Bassano, la dicitura stessa “Dal Ponte” è un soprannome usato sin da quando il nonno paterno, Jacopo di Berto, aveva negozio di “pellizzaro”, conciatore, nei pressi del ponte cittadino (proveniente dall’altopiano di Asiago, prima ancora era detto “de Galio”), dove poi sarà pure la bottega. Nel contesto di una mostra come la nostra, è alquanto rilevante notare come la genialità di un artista, il suo valore, la sua importanza, la sua fama o quant’altro ancora, si trasmettano direttamente anche ai luoghi in cui è nato, ha vissuto, ha operato o si conservano sue opere particolarmente notevoli. Talvolta, addirittura, piccoli paesi di provincia devono in buona parte la loro notorietà proprio ad un artista che porta il loro nome: si pensi solo a Leonardo da Vinci, al Correggio, al Caravaggio. Lo stesso legame di un artista ad un luogo, al di là del nome, porta quella notorietà altrimenti impensabile: valga, per tutti, l’esempio di Giorgione per Castelfranco. È naturale poi supporre che, l’impiego del nome della località di provenienza nella firma di un’opera, venisse fatto quando il dipinto era destinato ad una committenza non cittadina ma di altro luogo, quasi come una sorta di marchio di provenienza. Artisti particolarmente geniali come Jacopo, la cui personalità e la cui arte si identificano strettamente con Bassano, hanno rappresentato, e rappresentano, quindi, un insostituibile mezzo di diffusione “pubblicitaria” per la città, la quale vede la propria immagine arricchirsi di un “plusvalore” qualitativo trasmesso poi a tutto quanto è ad essa legato, compreso l’universo imprenditoriale e lavorativo cui fa da culla. Terra d’origine di geni, l’Italia: ecco una componente fondamentale, ed impossibile da ricreare altrove, del Made in Italy nel mondo. Per noi stessi italiani, l’acquisto di un prodotto che porta la dicitura Made in Italy , ci dà subito una garanzia qualitativa a trecentosessanta gradi, tanto per la qualità esecutiva quanto per quella dei materiali usati. Al contrario, l’acquisto di un prodotto Made in China , invece, ci pone in una condizione di diffidenza e a volte di rifiuto: ma come cambierebbe la nostra opinione se quel Made in China venisse ad identificarsi con la cultura, la storia e l’arte della Cina antica? Non a caso, la Cina oggi, dai giochi olimpici alle mostre sul proprio patrimonio artistico di continuo promosse in tutto il mondo per investire in quella qualità che ancora le manca (forse già adesso, sotto molti aspetti, solo a livello d’immagine), è molto più attiva di tanti altri stati: se per il momento è una concorrente a livello quantitativo, lo sarà presto anche a livello qualitativo e l’immagine, il Made in... , in una globalizzazione che è anche mediatica, è sicuramente di determinante importanza!
La bottega dei Bassano è stata un’impresa aziendale, a conduzione famigliare, attiva per circa un secolo e mezzo. Francesco il Vecchio ne fu il capostipite, fondandola probabilmente nei primissimi anni del Cinquecento. Sotto la sua conduzione, si può dire la bottega avesse un’impostazione ancora sostanzialmente medievale: la ricerca delle commissioni avveniva in ambito locale e aveva carattere prevalentemente religioso, l’impianto compositivo delle opere era legato a soggetti iconograficamente tradizionali, la loro esecuzione realizzata con un fare pittorico tardo quattrocentesco, i pagamenti fatti, in una prima fase di acconto, generalmente in natura, con saldo poi in denaro. Al suo interno, vi erano impiegate più persone, addette alle varie mansioni che i lavori da eseguirsi richiedevano, dalla più umile a quella più impegnativa, che riguardava magari anche l’esecuzione di qualche particolare in un dipinto. A collaborare nell’impresa famigliare, non appena possibile, entrarono anche i due figli Jacopo ed Giambattista.
Di grande importanza in una trattazione come la nostra, è il Libro secondo del dare ed avere della famiglia Dal Ponte... , relativo ad un periodo compreso tra il 1512 ed il 1554; purtroppo solo uno dei quattro che la bottega dovette tenere sin dall’inizio come una sorta di registro contabile nel quale annotava ogni attività intrapresa. Tipico di ogni bottega dell’epoca, secondo i regolamenti dell’Arte dei “depentori” emanati a Venezia, questo libro ci informa, tuttavia, con dovizia di dettagli di come la bottega fosse un’officina artigiana aperta ad ogni genere di lavoro in qualche modo legato alla pittura, dall’esecuzione, ovviamente, di
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Cliente: | Anno: 2009