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Decreto elettriche: il battesimo di una nuova forma di incentivo

Tra le tante novità che verranno introdotte dall’emanando “Decreto Rinnovabili Elettriche” ce n’è una che rivoluzionerà la natura e la tipologia degli incentivi alla produzione verde.

L’Italia, negli ultimi dieci anni, ha sperimentato praticamente tutti gli strumenti di incentivazione esistenti in letteratura:

• si partì, nell’ormai lontano 1992, con il CIP6, il più classico degli strumenti di feed-in tariff, poi reintrodotto nel 2008 sotto le mentite spoglie di Tariffa Onnicomprensiva (TO): una modalità di cessione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili a prezzi amministrati (e fissi), tipicamente molto superiori rispetto ai valori di mercato;

• nel 1999 - sull’onda lunga delle liberalizzazioni di Bruxelles in campo energia - si decise che era giunto il momento di portare la mano invisibile del mercato anche all’interno del mondo dell’incentivazione alle rinnovabili: fecero così la loro comparsa i Certificati Verdi. Titoli riconosciuti per ogni MWh di energia rinnovabile, la cui remunerazione era legata alla cessione, nell’ambito di logiche di mercato, ai produttori da fonti convenzionali, obbligati ex lege ad acquistarne una quota predefinita per ciascun anno;

• a partire dal 2006, forse anche in risposta ai primi scricchiolii del mondo Certificati Verdi, si consolida il Conto Energia fotovoltaico (dopo una prima fase poco efficace), sancendo il debutto del terzo strumento di incentivazione in meno di tre lustri: il feed-in premium. Si tratta, come noto, di un premio fissato in via amministrata (e non basato sul mercato, come nel caso dei CV) riconosciuto alla produzione rinnovabile: rispetto alla feed-in tariff, in cui la corresponsione dell’incentivo avviene contestualmente alla cessione dell’energia, l’incentivo viene rilasciato sulla base della produzione, lasciando libero il produttore di decidere la destinazione dell’energia prodotta (autoconsumo/cessione sul mercato/ritiro dedicato).

Rispetto alla Tariffa Onnicomprensiva, che garantisce una remunerazione totale fissa (si pensi, ad esempio, ai 28 centesimi/kWh del biogas), si introduce un elemento di variabilità sul totale dei ricavi, che saranno composti dal feed-in premium (fisso e determinato ex lege) e dal valore dell’energia ceduta (ovviamente variabile).

Il nuovo strumento: il Premium for Difference

E’ su questo quadro composito che si inserisce il nuovo decreto: mentre gli impianti di potenza inferiore a 1 MW potranno optare per una Tariffa Onnicomprensiva, per gli impianti di potenza superiore a 1 MW, che riusciranno a superare le forche caudine delle aste e dei registri, è previsto un nuovo strumento di incentivazione.

Il modello britannico

Si tratta di uno strumento fortemente ispirato ai Contratti per Differenze (CFD - Contract For Difference) già utilizzati nel Regno Unito: al produttore di energia (non necessariamente rinnovabile) viene garantito un valore di remunerazione totale predefinita (strike price). Qualora il prezzo dell’energia ceduta sul mercato sia inferiore allo strike price, al produttore viene corrisposta la differenza tra lo strike price e il prezzo di mercato, mentre nel caso in cui il prezzo di mercato sia superiore allo strike price è il produttore a dover pagare la differenza all’acquirente di energia, facendo dunque sì che in ogni caso la remunerazione totale sia fissa e sempre pari allo strike price.

Il modello italiano

Lo strumento pensato dal Ministero dello Sviluppo Economico è molto simile al CFD inglese. In buona sostanza, l’incentivo sarà pari alla differenza tra i valori di riferimento (contenuti nella tabella 1.1 dell’Allegato 1 allo schema di decreto) e il prezzo orario dell’energia della zona in cui l’impianto è ubicato.

Il punto 2 dell'Allegato 1, recita:

"Il GSE (Gestore dei Servizi Energetici, ndr) provvede per ciascun impianto alla determinazione dell’incentivo Inuovo sulla base dei dati della produzione di energia elettrica netta immessa in rete e dei prezzi zonali orari, applicando per gli impianti nuovi la seguente formula:

Inuovo = Tb + Pr – Pz

dove:
- Tb è la tariffa incentivante base ricavata per ciascuna fonte e tipologia di impianto dalla tabella 1.1, ridotta secondo quanto previsto all’articolo 7, comma 1, nonchè, qualora l’impianto abbia partecipato con esito positivo a una procedura d’asta, ridotta della percentuale aggiudicata nella medesima procedura;

- Pr è l’ammontare totale degli eventuali premi a cui ha diritto l’impianto;

- Pz è il prezzo zonale orario, della zona in cui è immessa in rete l’energia elettrica prodotta dall’impianto.

Dunque un feed-in premium che varia ora per ora o, richiamando l’esperienza inglese, un contratto per differenze. All’italiana però: qualora il prezzo dell’energia dovesse essere superiore al valore di riferimento, il produttore non sarà tenuto alla restituzione di alcunché, al contrario di quanto accade nel Regno Unito quando l’energia supera lo strike price. Ecco dunque che fa la sua comparsa il Premium for Difference (PFD)

Un esempio

Un esempio può essere di aiuto: secondo quanto disposto dalla Tabella 1.1, la tariffa base prevista per un impianto a cippato di biomasse di 4 MW è pari a 133 €/MWh. Supponiamo che sia ubicato in Piemonte (Zona Nord). Ebbene, escludendo eventuali premi aggiuntivi, questo impianto riceverà dal Gestore dei Servizi Energetici un incentivo per la propria produzione pari a:

• 63 €/MWh, qualora il prezzo orario della Zona Nord sia di 70 €/MWh. E cioè il valore che si ottiene sottraendo dalla Tariffa base (133 €/MWh) il prezzo zonale orario (70 €/MWh);

• 53 €/MWh con un prezzo dell’energia orario di 80 €/MWh. E cioè il valore che si ottiene sottraendo dalla Tariffa base (133 €/MWh) il prezzo zonale orario (80 €/MWh);

• 43 €/MWh con energia a 90 €/MWh. E cioè il valore che si ottiene sottraendo dalla Tariffa base (133 €/MWh) il prezzo zonale orario (90 €/MWh);

e così via.

In altri termini, la remunerazione onnicomprensiva (incentivo + vendita energia) dell'impianto deve rimanere invariata; nel nostro caso deve essere sempre pari a 133 €/MWh.

Nell’inverosimile ipotesi (per la Zona Nord) in cui il prezzo zonale orario dell’energia dovesse superare i 133 €/MWh, arrivando ad esempio a 150 €/MWh, all’impianto a biomasse non sarà riconosciuto alcun incentivo; né tuttavia verrà chiesta una restituzione dei 17 €/MWh di maggior valore dell’energia rispetto al valore di riferimento, come invece accade in Gran Bretagna.

Una buona soluzione?

Se lo scopo è quello di garantire un valore di remunerazione onnicomprensiva costante, perché allora non adottare direttamente la feed-in tariff? Semplice: il PFD unisce la stabilità della remunerazione totale, tipica delle tariffe onnicomprensive e molto gradita al mondo creditizio, con la flessibilità di destinazione dell’energia, tipica invece dei feed-in premium. Infatti sarà possibile partecipare direttamente o indirettamente - servendosi di un trader - al mercato elettrico, con un doppio vantaggio:

• un maggior ventaglio di strumenti di vendita a disposizione rispetto alla cessione spot al GSE (come accade con la TO);

• un incremento del grado di apertura del mercato elettrico.

Non sarà invece incentivata la produzione auto-consumata (come invece accadeva con i Certificati Verdi). Grave pecca del decreto, sottolineata anche dall’Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas nel suo parere sul dispositivo.
Tutto sommato, comunque, si tratta di una buona soluzione; ma per i produttori cosa cambia?

Cosa cambia per i produttori

Con questa nuova forma di incentivo, l’energia non verrà più remunerata dal GSE contestualmente al rilascio dell’incentivo, come accade per le Tariffe Onnicomprensive. Pertanto, al di là di soluzioni che ne prevedano l’autoconsumo, dovrà essere ceduta in rete.
Se fino ad oggi la quasi totalità dell’energia rinnovabile è stata acquistata dal GSE nell’ambito del Ritiro Dedicato, per gli impianti che verranno incentivati a partire dal 2013 ciò non sarà più possibile: ecco dunque che si apre come unica strada possibile il libero mercato dell’energia, a cui nella maggior parte di casi si parteciperà tramite il ricorso a un trader.
Per i nuovi impianti, gli operatori che finora si sono adagiati nelle comodità del Ritiro Dedicato dovranno quindi sviluppare competenze anche in termini di vendita dell’energia per capire quali opportunità (e rischi) nascano dal "power purchase agreement", vale a dire il contratto bilaterale con il grossista dell’energia.

Il power purchase agreement sarà uno degli argomenti su cui lo staff di eLeMeNS si concentrerà con dovizia di particolari nel proprio studio di commento e analisi sugli effetti prodotti dai decreti in uscita.

Ciò consentirà di aver un ventaglio di strumenti di valorizzazione dell’energia molto più ampio rispetto al passato. Ma il ricorso ad un trader comporterà il pagamento di una commissione che - pur nella difficoltà di sintetizzare in un solo numero un tema tanto ampio e complesso - potrebbe aggirarsi intorno ai 0,5 €/MWh.

Va comunque precisato che anche il ricorso al Ritiro Dedicato comporta il pagamento di oneri nei confronti del GSE pari allo 0,5% del controvalore dell’energia ritirata, fino a un massimo di 3.500 euro.


(Tommaso Barbetti e Andrea Marchisio*)


15 Giugno 2012