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Temperatura e umidità relativa : un rapporto difficile

Condizioni ambientali : Temperatura e Umidità relativa



Ad migliorare o peggiorare le condizioni di lavoro in presenza di cariche

elettrostatiche contribuiscono silenziosamente sia la Temperatura (T°) che la Umidità Relativa (%UR). La correlazione e la interazione tra questi due questi due fattori risulta essere, e ci tengo a sottolineare senza avvertenza alcuna, un fattore


determinante all’interno delle aree a rischio esplosione e di fatto detonate laddove si verifichino certe fatali combinazioni



Gli estremi di queste combinazioni sono


a) bassa T° e bassa %UR e b) alta T° ed alta %UR



Caso a: non sembra ma accade spesso di avere condizioni ambientali di freddo e secco.


La bassa T° tende a ridurre le capacità elettrostatiche di conduzione dei corpi, specie se essi siano già classificati come non buoni conduttori (es. Resistenza > 10 6 Ohm, come per esempio le suole delle scarpe antistatiche), di drenare le cariche elettrostatiche attorno ad un corpo (campo elettrostatico).


Le cariche accumulate inoltre non trovano sfogo nella bassa %UR presente nell’aria e dove trovino altri corpi isolati o con cattiva a conduzione passiva si comportano come fossero delle vere “bombe a mano senza spoletta”: se si incontrano si equi-potenziano provocando scintille. Può anche darsi che per “induzione” si equi-potenzino anche senza toccarsi ma solo all’avvicinarsi dei campi elettrostatici che li avvolgono.


Il risultato nefasto lo si può immaginare se si aggiungono alle condizioni ambientali anche le caratteristiche del ciclo produttivo in sé come ad es. vapori, polveri, sostanze esplosive in sospensione nell’aria o combinazioni di esse e per di più in ambienti chiusi a basso ricircolo di aria.


Risulta evidente che una ridotta percentuale di umidità relativa nell’aria complichi le cose e sia un fattore da monitorare con estrema cura.



Caso b: forse è il più sicuro, ma come spesso accade in natura il meno probabile.


Una elevata temperatura permette la sudorazione, evaporazione etc.. tutti fenomeni che tendono ad aumentare la %UR nell’aria e perciò a renderla meno “statica”. Sarebbe come dire che è presente una connessione elettrica invisibile nell’aria stessa che riduce i danni da equipoteziamento incontrollato di due corpi isolati che venissero contatto tra di loro


Ora se fosse cosi semplice tutti noi potremmo stare con valori di UR al 90%, ma non risulta essere dapprima salutare (provate a risiedere a Venezia …) e nemmeno indicato per molti processi produttivi ove il valore di %UR rimane un fattore determinante e uno per tutti si pensi al processo di fusione di una lega saldante che in presenza di eccessiva umidità da come risultato la “esplosione” o “effetto pop-corn”.


Nota: la caratterizzazione del valore di conducibilità nei test vien effettuata a 25% se non a 12% di UR. Ci sarà un motivo.



Nel mezzo è semplice dedurre che una varietà di casi si possono presentare e a rigor di logica è del tutto inutile oltre che impossibile prenderli in considerazione.


Questo semplice esempio li può rappresentare tutti : se si prende un località di mare (ad. esempio la città di Genova con ampie aree industrializzate) può accadere di aver cambiamenti di umidità relativa, temperatura, intensità e direzione di vento nel corso di poche ore.


Allora il come poter affrontare questo semplice caso di variabilità estrema di condizioni va a risolverli paradossalmente tutti.


Vale a dire che una corretta tenuta sotto controllo e monitorizzazione di T° e di %UR dell’ambiente soggetto a rischio esplosione risolve la più elevata percentuale di casi di reali condizioni di lavoro.


Un’adeguata climatizzazione degli ambienti produttivi, chiaramente a seconda anche delle necessità e del ciclo produttivo e del prodotto stesso lavorato, è una condizione ambientale importante da poter rispettare.


T° e %UR% sono fattori che possono influenzare un ciclo produttivo. Un esempio per tutti: nell’industria cartiera come nella stampa stessa di carta e cartoncini (che è di base materiale igroscopico e cioè soggetto ad assorbire e cedere UR facilmente), dove inoltre sono presenti prodotti chimici ed il tutto in aree circoscritte ….. beh, credo già di aver reso l’idea.



Se si provano ad incrociare dati come prodotti chimici, freddo, secco, imballi in plastica isolata, processi produttivi, velocità dello scorrimento del ciclo produttivo, aree di lavoro circoscritte o di ridotte dimensioni etc… a questo punto risulta semplice farsi una idea del rischio che un non corretto o adeguato controllo delle cariche elettrostatiche che potenzialmente e/o accidentalmente si generino o si accumulino diventino di fatto un incontrollabile innesco nelle aree già indicate a rischio esplosione.