Disturbi del comportamento alimentare
Disturbi del comportamento alimentare (dca)
INDICE
INTRODUZIONE
Definizione dei disturbi del comportamento alimentare
Epidemiologia dei disturbi del comportamento alimentare
Eziopatogenesi dei disturbi del comportamento alimentare
Alterazione dello stato di nutrizione nei disturbi del
comportamento alimentare
BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono disturbi specifici
delle abitudini alimentari o del comportamento relativo al controllo del
peso, che sfociano in un deterioramento clinicamente significativo della
salute fisica o della condizione psico-sociale. I comportamenti di controllo
del peso possono essere tali da causare un’ alterazione anche grave delle
funzioni fisiologiche dell’organismo e modifiche a livello della sfera psicosociale
che rendono i Disturbi del Comportamento Alimentare patologie di
non secondaria importanza in ambito non solo psichiatrico ma anche
nutrizionale (Faiburn Harrison, 2003; American Psychiatric Association,
2000; Athey, 2003).
DEFINIZIONE DI DI STURBI DELCOMPORTAMENTO ALIMENTARE
Allo stato attuale, in accordo con quanto proposto dal Diagnostic and
Statistical Manual of Mental Disorders, American Psychiatric Association
1994 (DSM IV) (1), la classificazione dei Disturbi del Comportamento
Alimentare distingue fra:
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1) Anoressia Nervosa (AN);
2) Bulimia nervosa (BN);
3) altre forme di disturbi del comportamento alimentare indicate come
disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati (DANAS)
o disturbi atipici del comportamento alimentare.
L’attuale classificazione non è comunque del tutto soddisfacente, basti
pensare che circa la metà dei casi incontrati viene convogliata nella
generica categoria dei disturbi atipici del comportamento. Quello del DSMIV,
perciò, è uno schema che necessita di revisioni e correzioni, in modo da
permettere una classificazione che rifletta le diverse realtà cliniche esistenti
(Faiburn Harrison, 2003; De Filippo et al, 2001).
Secondo i dettami del DSM IV, i criteri diagnostici dell’ anoressia nervosa,
sono:
· Rifiuto di mantenere il proprio peso corporeo al di sopra o al peso
minimo normale per età e statura;
· Intensa paura di guadagnare peso o di diventare grassi, anche quando si
è sottopeso;
· Rapida perdita di peso (peso 85% di quello ritenuto normale per taglia
ed età);
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· Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo
o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di
autostima, o rifiuto di ammettere la gravità dell’attuale condizione di
sottopeso;
· Amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi per
donne in età post menarca, che non fanno uso di contraccettivi orali.
Nonostante il DSM IV non impieghi l’indice di massa corporea, un indice
di massa corporea 18 o a 17, 5 kg/m 2 è considerato il livello-soglia per la
diagnosi.
L’anoressia nervosa, inoltre, si presenta in due forme, quella restrittiva e
quella purgativa. La prima è caratterizzata da una forte restrizione calorica,
mentre la forma purgativa è caratterizzata da alternanza di periodi di
semidigiuno con periodi in cui il controllo del peso viene esercitato
mediante comportamenti compensatori quali vomito autoindotto e/o abuso
di lassativi e/o diuretici o un’intensa attività fisica. Al contrario di quanto si
osserva nella Bulimia nervosa, tali comportamenti seguono l'assunzione di
quantità molto modeste di cibo, comunque superiori a quelle che sono
percepite come adeguate dal paziente anoressico.
I Principali criteri diagnostici per la bulimia nervosa sono:
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· Sopravvalutazione delle forme e del peso, con giudizio relativo al
proprio valore personale per lo più o esclusivamente in funzione della
propria capacità di controllo di essi;
· Ricorrenti episodi di iperalimentazione compulsiva con perdita di
controllo;
· Comportamento estremo relativo al controllo del peso;
· Forti restrizioni alimentari;
· Frequenti episodi di condotte compensatorie come il vomito autoindotto
o l’abuso di lassativi.
Infine, vengono definiti Disturbi Atipici del Comportamento Alimentare
tutti i disturbi delle condotta alimentare che non rispettano completamente i
criteri diagnostici dell' anoressia nervosa e della Bulimia nervosa.
Gli esempi includono:
· Per il sesso femminile, tutti i criteri dell’anoressia nervosa in presenza
di un ciclo mestruale regolare,
· Tutti i criteri dell’anoressia nervosa ma, malgrado la significativa
perdita di peso, un peso che risulta nei limiti della norma,
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· Tutti i criteri della Bulimia nervosa, tranne il fatto che le abbuffate e le
condotte compensatorie hanno una frequenza inferiore a 2 episodi per
settimana per 3 mesi,
· Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente ad
inappropriate condotte compensatorie dopo aver ingerito piccole
quantità di cibo,
· Un soggetto che ripetutamente mastica e sputa, senza deglutire, grandi
quantità di cibo.
Nel DSM-IV è stato inoltre proposto l'inserimento di una particolare forma
di disturbo atipico del comportamento alimentare, definita disturbo da
episodi di iperalimentazione compulsiva che deriva prevalentemente da un
comportamento alimentare sovrapponibile a quello della Bulimia nervosa
in cui, però, non si osservano comportamenti compensatori (American
Psychiatric Association, 1994; Faiburn Harrison, 2003).
I disturbi da iperalimentazione compulsiva hanno suscitato negli ultimi
anni un particolare interesse. Essi possono presentarsi associati ad un peso
normale o a vari gradi di sovrappeso o di obesità (indice di massa corporea
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≥ 25, 0 kg/m²). I criteri diagnostici per questa sindrome “parziale” sono
cinque:
1) Episodi di iperalimentazione compulsiva ricorrenti. Un episodio di
iperalimentazione compulsiva è definito dai due caratteri seguenti, che
sono entrambi necessari:
mangiare, in un breve periodo, una quantità di cibo che è
indiscutibilmente maggiore di quella che la maggior parte della gente
mangerebbe nello stesso periodo di tempo in circostanze simili;
un senso di mancanza di controllo sull’ atto di mangiare durante l’episodio.
2) Gli episodi di iperalimentazione compulsiva sono associati ad almeno tre
dei seguenti caratteri:
mangiare molto più rapidamente del normale;
mangiare fino ad avere una sensazione penosa di troppo pieno;
mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo, fisicamente, fame;
mangiare in solitudine per l’imbarazzo legato alle quantità di cibo ingerito;
provare disgusto di sé, depressione, intensi sensi di colpa dopo aver
mangiato molto.
3) Le abbuffate suscitano sofferenza e disagio.
4) Le abbuffate hanno una frequenza di due giorni a settimana, per almeno
sei mesi.
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5) Il disturbo non capita soltanto nel corso di anoressia nervosa o di
Bulimia nervosa.
EPIDEMIOLOGIA DEI DI STURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
È opinione generale che i disturbi del comportamento alimentare siano
divenuti più comuni negli ultimi decenni tanto che nei paesi europei l’
anoressia nervosa e la Bulimia nervosa rappresentano la terza patologia più
diffusa tra gli adolescenti (Faiburn Harrison, 2003; Cuzzolaro, 1993). I
disturbi del comportamento alimentare sono molto più presenti nel sesso
femminile, con un rapporto uomini/donne che varia in un intervallo da 1/9
a 1/10 (Faiburn Harrison, 2003; Cuzzolaro, 1993). I disturbi del
comportamento alimentare sono assai diffusi nei paesi industrializzati in
tutte le classi sociali, con una crescente incidenza nelle periferie urbane e
sono invece praticamente assenti nei paesi in via di sviluppo (Sud America,
Africa e Asia). Di conseguenza interessano soprattutto le popolazioni
caucasiche mentre la loro diffusione tra gli immigrati nei paesi più ricchi
(Europa, Nord America, Giappone) è in relazione al processo di
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“occidentalizzazione” (Faiburn Harrison, 2003), cioè di integrazione e
recepimento delle abitudini alimentari dei nuovi Paesi.
In particolare, l’anoressia nervosa, in passato considerata rara e pressoché
esclusiva del sesso femminile e delle classi sociali più elevate, è divenuta
oggi una patologia relativamente frequente soprattutto nelle fasce più
giovani della popolazione (Faiburn Harrison, 2003). Tale aumento, che
si è manifestato a partire dagli anni ‘50 ed ha raggiunto il massimo negli
anni ‘80 e ‘90, può tuttavia essere anche ricondotto ad un riconoscimento
più facile sia da parte dei medici che dei familiari, e quindi ad una diagnosi
più corretta.
L’ età di esordio dell’anoressia nervosa è compresa, in genere fra i 12 e i 25
anni con un’ incidenza complessiva che è di 19 su 100.000 casi/anno nel
sesso femminile, e di 2 su 100.000 casi/anno nel sesso maschile (Faiburn
Harrison, 2003). La prevalenza sale nei gruppi a rischio fino a raggiungere
lo 0, 7% tra adolescenti di sesso femminile e giovani donne. Tendono ad
aumentare i casi precoci (prepuberi) e quelli tardivi ( 35 anni), mentre
restano rarissime le forme ad esordio in età ancora più avanzata.
I pazienti di sesso maschile (che per numero ridotto offrono minori
possibilità di fornire statistiche attendibili) presentano caratteristiche
leggermente differenti: l’età di insorgenza appare più precoce, interessando
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essenzialmente la prima adolescenza. Anche in questo caso incidenza e
prevalenza appaiono in aumento, pur se in modo meno marcato rispetto a
quanto si osserva nel sesso femminile.
La Bulimia nervosa è una sindrome di definizione molto recente, e quindi i
confronti con il passato sono più difficili se non impossibili. Negli ultimi
anni si è manifestato un suo progressivo aumento, fino a superare
nettamente la frequenza attribuita all’ anoressia nervosa, rispetto alla quale
insorge appena più tardivamente. L’incidenza è pari a 29 su 100.000
casi/anno nel sesso femminile, e a 1 su 100.000 casi/anno nel sesso
maschile (Faiburn CG Harrison, 2003); la prevalenza è dell’ 1-2% nelle
popolazioni a rischio, cioè in donne di età compresa tra i 16 ed i 35 anni.
Secondo recenti ricerche, la categoria di disturbi del comportamento
alimentare più rappresentata è comunque quella dei disturbi atipici del
comportamento alimentare: disturbi del comportamento alimentare non
altrimenti specificati (DANAS) e disturbi da iperalimentazione compulsiva.
I disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati sono
anch’essi particolarmente diffusi fra gli adolescenti; l’esordio è compreso
in genere tra i 12 ed i 25 anni (Faiburn Harrison , 2003). I disturbi da
iperalimentazione compulsiva sono diffusi molto più in età adulta, ed il
rapporto donne/uomini è pari a 4/1 (Cuzzolaro, 1993). La loro prevalenza
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non è ben definita, probabilmente è di circa il 5-10% tra i pazienti obesi o
tra pazienti che cercano di perdere peso abusando di prodotti dimagranti
(American Psychiatric Association 2000; Cuzzolaro, 1993).
EZIOPATOGENESI DEI DI STURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
I disturbi del comportamento alimentare nascono dalla complessa
interazione di problematiche sociali, fattori culturali e disagi esistenziali
presenti nel singolo individuo; questi ultimi sono molto verosimilmente da
collegare alla crisi d’ identità tipica dell'età evolutiva, spesso esasperata da
problematiche dell' ambiente emozionale nel quale l' adolescente vive .
(Faiburn Harrison, 2003; Hetherington MM, 2000).
Le cause dei disturbi del comportamento alimentare sono molto complesse
e ancora poco conosciute con ipotesi e ricerche che si sono concentrate
soprattutto su anoressia nervosa e Bulimia nervosa.
Al momento si può almeno parlare di vari fattori di rischio, cioè di
condizioni che aumentano la probabilità della comparsa di tali patologie:
poco si sa invece della loro relativa importanza, su come essi interagiscano,
e su come si modifichino nel tempo. Essi possono essere distinti in:
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1) Fattori genetici
2) Caratteristiche individuali generali
sesso femminile
età adolescenziale o prima parte dell’ età adulta
società industrializzate
3) Storia familiare
presenza nella famiglia di disturbi dell'alimentazione;
presenza di altri disturbi psichiatrici (p.e. depressione, disturbi dell'
umore, ecc.);
dipendenza da alcol (Bulimia nervosa);
familiarità per obesità (Bulimia nervosa).
4) Vissuto individuale
ostilità e insofferenza da parte dei genitori (separazioni e perdite, modifiche
degli equilibri familiari, aspettative troppo alte, discordie in famiglia);
abusi sessuali e altre esperienze traumatiche;
diete dei familiari;
Critiche su peso, forme del corpo e comportamento alimentare.
5) Caratteristiche individuali presenti prima della malattia
carente autostima con bassa valutazione di sé;
perfezionismo;
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disturbi dell'umore,
disturbi d'ansia e disturbi di personalità;
estrema ricerca del controllo;
obesità (Bulimia nervosa);
menarca precoce.
I disturbi del comportamento alimentare, ed in particolare l’anoressia
nervosa, sono anche un fenomeno di costume, una patologia dal forte
coinvolgimento emozionale e sociale. Questa malattia viene considerata,
probabilmente a ragione, la conseguenza di un certo stile di vita, di alcune
ideologie e manipolazioni estetiche della figura femminile, ma anche
maschile. L’elemento fondamentale del vissuto psicologico è comunque la
percezione di una minaccia di perdita di controllo e/o autostima, il che
determina il concentrarsi sul corpo, sul peso e sulla dieta che rappresentano
l’ambito in cui recuperare un sentimento di dominio e di valore (Cuzzolaro,
1993). Le bulimiche si presentano invece impulsive ed irritabili, e gli
episodi compensatori (abuso di diuretici, lassativi, vomito autoindotto o
eccessivo esercizio fisico) che seguono gli episodi di iperalimentazione
compulsiva, servono a “scaricare” tensioni e sofferenze accumulate.
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ALTERAZIONE DELLO STATO DI NUTRIZIONE NEI
DI STURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Dal punto di vista nutrizionale la prevalenza della malnutrizione nei
disturbi del comportamento alimentare è variabile e, non
sorprendentemente, meglio conosciuta e più evidente nell’ anoressia
nervosa, cioè in pazienti che possono presentare gradi di emaciazione
molto marcati. La malnutrizione proteico-energetica (MPE) similmarasmatica
(Torun Chew, 1994) che si riscontra nelle pazienti
anoressiche si caratterizza per la grave alterazione della composizione
corporea (riduzione sia della massa adiposa che della massa magra) causata
dall’ ipoalimentazione protratta.
L' organismo ha tuttavia la possibilità in tali condizioni di instaurare
meccanismi biologici adattativi che consentono una discreta efficienza
nelle funzioni primarie necessarie alla vita (funzione cardiaca, respiratoria,
ecc).
Dispendio energetico
La presenza di meccanismi adattativi atti a preservare la sopravvivenza
dell’ organismo in condizioni anche molto sfavorevoli si traduce nella
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diminuzione generalizzata delle attività metaboliche (Scalfi et al, 2001;
Marra et al, 2002) e quindi in una minore utilizzazione di energia da parte
dei diversi tessuti e organi.
Di fatto, nelle pazienti affette da anoressia nervosa si osservano variazioni
importanti del dispendio energetico totale (DET).
Esso è dato dalla sommatoria di diverse componenti, le più importanti
delle quali sono il metabolismo basale - MB (pari in genere al 60-70% del
totale), la termogenesi postprandiale-TPP (10% del totale), e la termogenesi
da attività fisica-TAF (20-30% del totale). Il MB, che è espressione
dell’energia utilizzata per conservare l’integrità anatomica e funzionale
dell’ organismo attraverso sintesi proteiche, gradienti ionici,
neoglucogenesi, ecc., si riduce nelle pazienti anoressiche (Scalfi et al,
2001; Marra et al, 2002), se è vero che in alcune di esse può essere ancora
superiore a 1100-1200 kcal/die (soprattutto quando il decremento
ponderale è modesto) in altre può ridursi a valori addirittura al di sotto delle
600 kcal/die. Per quanto riguarda i differenti substrati energetici, si ha una
prevalente utilizzazione del glucosio piuttosto che degli acidi grassi.
Possibili cause della diminuzione del MB sono la riduzione della massa
corporea e della massa magra, e — come già segnalato — fenomeni veri e
propri di adattamento all’ipoalimentazione protratta. Per quanto riguarda la
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termogenesi postprandiale, stimata intorno al 10% circa dell’ energia totale
presente negli alimenti ingeriti, essa definisce l’aumento immediato del
dispendio energetico che si osserva dopo l’ assunzione di un pasto o di
singoli nutrienti; è dovuta ai processi di assorbimento, metabolizzazione e
deposito dei diversi substrati ma è anche sottoposta a meccanismi di
regolazione più complessa e ancora non ben conosciuti. Nell’ anoressia
nervosa, a fronte di una scarsa disponibilità di energia, la TPP potrebbe
ridursi in accordo con un concetto generale di “risparmio metabolico” da
parte dell’organismo (un’altra forma – quindi – di adattamento). I dati
sperimentali sono nel merito discordanti: nella fase di denutrizione stabile
la TPP è stata descritta come aumentata, invariata o ridotta, con
discrepanze che possono essere dovute a problemi metodologici (ad
esempio per differenze nella composizione e nel contenuto energetico del
pasto, nella durata delle misurazioni, ecc.) ma anche a fattori specifici: fra
questi il maggior tempo dedicato all’assunzione degli alimenti e —
soprattutto — il rallentamento dello svuotamento gastrico descritto nelle
pazienti con anoressia nervosa. Indipendentemente dalle considerazioni
fisiopatogiche, le variazioni della TPP hanno comunque uno scarso effetto
(± 1-2%) sul DET.
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La terza componente maggiore del DET è la termogenesi da attività fisica
(TAF), la cui valutazione presenta almeno due aspetti interessanti.
Relativamente al costo delle singole attività lavorative o discrezionali, i dati
sono per l’ anoressia nervosa pressoché assenti. Nelle pazienti con
anoressia nervosa l’attività motoria è molto variabile. A fronte della
sensazione comune che le pazienti anoressiche siano iperattive, in alcuni
casi si osserva un esercizio fisico programmato (aerobica, ginnastica, corsa,
ecc.) intenso e sistematico, in altri un’iperattività marcata e continua (anche
nei lavori domestici), mentre soltanto nella gravissima emaciazione può
subentrare una relativa ipomotilità. Tutto ciò determina grandi differenze
interindivisuali (Casper et al, 2001; Moukaddem et al, 1997). Sotto
l’aspetto pratico resta difficile la valutazione degli effetti termogenetici
dell’atteggiamento iperattivo tipico di tante anoressiche, e ciò rende
difficile una stima accurata delle necessità energetiche di pazienti AN che
vivano in condizioni non restrittive.
In definitiva, le anoressiche gravemente denutrite mostrano profonde
alterazioni del dispendio energetico che si evidenziano in primo luogo con
il decremento del MB. Le necessità energetiche totali possono essere
straordinariamente basse (700-800 kcal/die) ma anche normali (fino a
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superare le 2000 kcal/die) se la massa corporea è solo modestamente ridotta
e l’attività fisica intensa.
Massa corporea e composizione corporea
La caratteristica più evidente di gran parte delle pazienti affette da
anoressia nervosa è l’evidente, talora drammatica, riduzione della massa
corporea.
La progressiva riduzione del peso corporeo al di sotto della norma si
associa alla comparsa di alterazioni nelle diverse funzioni dell’organismo
fino all’exitus. Ma qual è il limite oltre il quale la sopravvivenza non è più
possibile? L’argomento è stato esaminato da un numero di studi ridotto,
soprattutto per la difficoltà di raccogliere dati adeguati sull’ argomento. In
un lavoro relativamente recente è stata indicata come soglia per il sesso
maschile un indice di massa corporea (IMC) pari a 13, 0 kg/m² (non erano
però presenti pazienti affetti da anoressia nervosa), e una soglia ancora più
bassa per le donne (proprio per la presenza di pazienti anoressiche) (Henry,
1990). Nella realtà, sopravvivenze con indici di massa corporea inferiori
sono state segnalate per gli uomini sia in pazienti affetti da anoressia
nervosa che in pazienti affetti da AIDS; nel sesso femminile non è
eccezionale il riscontro in giovani donne anoressiche con un indice di
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massa corporea 11, 0 e anche 10, 0 kg/m². Al decremento ponderale
corrispondono profonde variazioni della composizione corporea nei suoi
diversi compartimenti (Scalfi, 1994; Scalfi et al, 2002), diminuzione tanto
della massa adiposa che della massa magra. Le profonde modifiche della
composizione corporea legate all’anoressia nervosa sono state oggetto
notevole di studio (Tabella 1). In particolare è stata indagata in modo molto
approfondito la massa adiposa, che il compartimento corporeo più
interessato dalla malnutrizione. Le metodiche più utilizzate a tale scopo
sono state la plicometria e la bioimpedenziometria, tra quelle più semplici,
fino a tecniche molto più sofisticate come la Idrodensitometria e la DEXA.
La massa alipidica o magra è stimata mediante la misurazione dell’acqua
corporea totale, assumendo che l’idratazione della massa magra sia
nell’adulto del 73%. L’acqua corporea viene misurata o direttamente
mediante metodiche dilutometriche utilizzando il deuterio o il trizio oppure
tramite metodiche indirette come la Bioimpedenziometria. La
Bioimpedenziometria in realtà può predire direttamente la massa magra, in
quanto oltre alle equazioni che stimano l’acqua corporea totale vi sono
anche equazioni in cui in dato impedenziometrico viene trasformato
direttamente in massa alipidica. Per la misurazione dell’acqua
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corporea, che, come detto è utilizzata per stimare la massa magra
supponendo che l’idratazione della massa magra sia del 73%, .
Circa la distribuzione tra spazi intra ed extracellulari vi sono pochi studi al
riguardo.
Quale che sia la tecnica usata per la sua valutazione, la massa adiposa
risulta ridotta proporzionalmente alla diminuzione dell’ indice di massa
corporea: per un peso corporeo di circa 30 kg, il contenuto stimabile di
grasso corporeo è di appena 1-2 kg. Peraltro, la distribuzione del grasso
corporeo nelle diverse aree anatomiche è tale che viene preferenzialmente
conservato quello presente a livello viscerale piuttosto che quello
sottocutaneo (Scalfi et al, 2002; Zamboni et al, 1997). Più complesse sono
le variazioni a carico della massa magra, un compartimento che comprende
tessuti, organi e apparati dalle funzioni ed attività metaboliche
estremamente diversificate. Ad esempio, per quanto riguarda i fluidi
corporei, la diminuzione dell’acqua corporea totale va in parallelo con
quella della massa magra (Scalfi et al, 1997). Il compartimento
extracellulare, in termini relativi, è aumentato a scapito di quello
intracellulare, con differenze presumibili, ma non ancora certe, fra pazienti
di tipo restrittivo o con comportamenti eliminatori. A queste alterazioni
della distribuzione dell’ acqua corporea si guarda con particolare interesse
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perché esse potrebbero rappresentare, come in altre patologie, un marcatore
specifico della gravità della malnutrizione proteico-energetica (MPE) e
delle sue ripercussioni sulle funzionalità dell’ organismo.
Complicanze metaboliche e funzionali
Il quadro nutrizionale dei pazienti affetti da disturbi del comportamento
alimentare è molto vario ed è certo più grave nell’ anoressia nervosa e nelle
pazienti che sono comunque sottopeso o reduci da importanti decrementi
ponderali. Le complicanze della grave ipoalimentazione possono, di fatto,
riguardare tutti gli organi ed apparati dell’ organismo, ed alcune di esse
possono assumere preminenza funzionale (Faiburn Harrison, 2003;
Athey, 2003). Alcuni sintomi sono estremamente caratteristici, come la
particolare suscettibilità al freddo, e segni cutanei di vario tipo. Tra questi
ultimi sono ad esempio comuni la fragilità delle unghie, la caduta dei
capelli, la lanugo e (meno frequente) l’ ittero carotenico. Numerose, e più
frequenti di quanto comunemente si pensi, sono inoltre le possibili
alterazioni delle analisi ematobiochimiche di routine.
Le alterazioni organiche presenti nell’ anoressia nervosa interessano in
pratica ogni organo ed apparato (Faiburn Harrison, 2003; Athey, 2003).
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Nelle forme di tipo restrittivo il quadro clinico è caratterizzato da una grave
denutrizione con persistenza delle funzioni vitali sostenute da un equilibrio
fisiologico e biologico delicato e precario. Nel caso invece di pazienti
affetti da anoressia di tipo bulimico con vomito autoindotto o con abuso di
lassativi, evenienza quest’ultima meno frequente, il quadro clinico è più
temibile. Alla condizione di cronica denutrizione si aggiunge spesso un
grave squilibrio idroelettrolitico, ed è frequente il riscontro di alterazioni
ECG, soprattutto in presenza di ipopotassiemia.
Nel complesso si nota la progressiva riduzione del volume degli organi
viscerali, del muscolo scheletrico e della massa ossea. La funzionalità
muscolare è alterata non solo per i muscoli scheletrici ma anche in
riferimento alla massa ventricolare e alla gittata sistolica che risulta ben al
di sotto della norma. Si riduce la quantità totale di calcio e fosforo presenti
nell’organismo, ma soprattutto la densità minerale ossea (Faiburn
Harrison, 2003; Athey, 2003; Connan et al, 2000); tale processo è
presumibilmente generalizzato, ma interessa in primo luogo l’osso di tipo
trabecolare, e cioè soprattutto quello vertebrale a più rapido turn-over.
L’osteopenia, e la conseguente osteoporosi, sono caratteristiche molto
comuni fra i casi di anoressia nervosa, e appaiono di particolare importanza
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perché associate ad un più elevato rischio di fratture (Faiburn Harrison,
2003; Connan et al, 2000).
L'amenorrea rappresenta uno dei criteri diagnostici fondamentali dell'
anoressia nervosa. Essa è espressione di una condizione prepubere dell'asse
ipotalamo-ipofisi-gonadi. In questi pazienti si osservano infatti bassi livelli
basali di gonadotropine e assenza della risposta di LH ed FSH allo stimolo
con GnRH. Lo stesso quadro si presenta nei pazienti di sesso maschile, che
clinicamente lamentano impotenza e spiccata oligospermia (Faiburn
Harrison, 2003; Athey, 2003; Connan et al, 2000). La sintomatologia
gastrointestinale è forse quella più comune anche se spesso misconosciuta
(Robinson, 2000; Chial et al, 2002). Si osserva in particolare una ridotta
motilità gastrointestinale con ritardato svuotamento gastrico e precoce
senso di pienezza gastrica, dilatazione gastrica e duodenale, dolori
addominali, e stipsi talvolta ostinatissima.
La presenza di più alterazioni ematologiche si associa di solito a livelli di
avanzata malnutrizione proteico energetica (Faiburn Harrison, 2003;
Athey, 2003; Connan et al, 2000). I comuni indici ematochimici, azotemia
e creatinemia, sono di frequente elevati in caso di disidratazione secondaria
ad abuso di lassativi o diuretici e/o alla restrizione idrica, caratteristica
anch’ essa tipica di tali pazienti. Si osservano anche ipercolesterolemia,
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ipocalcemia, ipokaliemia, ipomagnesiemia, ipofosforemia, ipoglicemia,
anemia macrocitica, leucopenia con linfocitopenia.
Inoltre si riscontra ipertrofia delle ghiandole salivari, soprattutto delle
parotidi e delle sottomandibolari. Caratteristici delle forme con vomito
autoindotto sono i sintomi gastro-esofagei ed i segni a carico del cavo
orale. La sintomatologia gastro-esofagea è clinicamente predominante: in
casi estremi si può osservare addirittura rottura gastrica. Frequenti sono
anche i segni a carico del grosso intestino, come colite disfunzionale e
disturbi dell' alvo, dalla stipsi alla diarrea secondaria all'abuso frequente di
lassativi. I denti ed il cavo orale risentono drammaticamente del vomito;
caratteristicamente si osservano lesioni erosive, sofferenza dello smalto e
carie.
BIBLIOGRAFIA (comprensiva dell'intero protocollo sperimentale non illustrato)