Concetto malattia
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La malattia espressione della ricerca di un migliore equilibrio
II termine Malattia deriva da quello di "malato", che a sua volta proviene dal latino " male aptus " traducibile in “malconcio – malmesso”, e da: male-actio = mala-azione ,azione errata da cui deriva un danno . Passando poi dal significato etimologico a quello "reale" del termine, vale a dire alla sua definizione, si incontrano non poche difficoltà, poiché si tratta di una di quelle definizioni apparentemente semplici ed agevoli, ma in realtà assai difficili a darsi, specie nella medicina ufficiale. Abitualmente noi concepiamo la malattia come un evento dannoso che coinvolge il nostro organismo per quello che puo’ riguardare la struttura dei nostro organi, la loro funzione , oppure la nostra mente.
Puo’ generare da condizioni nostre interne o a causa di fattori esterni come cause batteriche , virali, ambientali ,sociali.
Quindi il concetto raffronta un nuovo stato dell’organismo rispetto a parametri considerati espressione di una normalita’ che si rispecchia in uno stato oggettivo, in dati clinici, in valori umorali e diagnostici.
Il termine malattia non può' differenziarsi da quello di malato perché' comunque e' l'espressione oggettiva di uno stato dell'individuo di fronte ad uno squilibrio Esistono infiniti studi e testi che danno le più' svariate definizioni ed interpretazioni del termine di malattia, ma proviamo in questo contesto a osservare il concetto dalla prospettiva più' semplice e banale.
Nella nostra visione cosi' poco dinamica delle cose si tende sempre a considerare le condizione estreme: o sano o malato. Se mi sento bene perché' non manifesto nulla di particolare mi ritengo sano e questa e' la condizione che ritengo normale standard se invece in qualche modo o per qualsiasi ragione si manifesta una diversificazione da questo standard subentra la percezione della malattia. E' subentrato qualcosa nel mio organismo che mi ha reso “malato”.
Questa e' una visione estremamente semplicistica o meglio direi un po' irresponsabile del concetto di salute!
Noi concepiamo la malattia come se non ne fossimo artefici, come se questa fosse sempre la risultante di forze esterne che minaccino il nostro fisico fino a coinvolgerlo e determinando cosi quella condizione che genera il nostro malessere.
Come al solito partiamo sempre da cio' che e' esterno da cio' che ci circonda e che quindi percepiamo come pericolo, a cui addossare tutta la responsabilità' e verso cui eventualmente ricercare le soluzioni per il ripristino di un miglior stato.
Non funziona proprio cosi' nella realtà!
Partiamo da un concetto fondamentale che riguarda una legge di natura inconfutabile,l'essere umano e' si come spesso si dice una macchina perfetta ma non per questo non soggetta ad errori,la perfezione sta soprattutto nel possedere svariati meccanismi atti a correggere tali errori.
Gli svariati trilioni di cellule che compongono il nostro organismo svolgono ogni istante moltissime reazioni ed operazioni ognuna per il ruolo ad essa assegnato nella cooperazione di un insieme che da vita a quel meraviglioso concepimento che e' il corpo umano.
Questo presupposto indiscutibile mette in evidenza due condizioni molto importanti su cui dobbiamo soffermarci.
- La prima che non esiste una condizione di equilibrio determinata e stabile, ma il nostro organismo compie ogni momento una infinita' di errori di cui la gran parte per fortuna vengono man mano auto corretti, sempre che le funzioni atte a questo scopo siano in grado di continuare a farlo, altri vanno incontro ad una condizione cosi' detta di adattamento.
- La seconda pure importante e' che pone il nostro organismo o meglio il nostro essere come entità' psico-fisica in un sistema di flusso in continuo cambiamento ed evoluzione. Non esisterà' mai nulla di noi identico a cio' che eravamo un secondo prima.
Eraclito diceva: "Panta rei os potamòs", "tutto scorre come un fiume". Il senso di questa celebre frase è che ogni cosa cambia. Come l’acqua di un fiume che scorre, cosi’ è per noi: ogni istante siamo diversi. E tutto è mutevole. Il tempo stesso, che trascina, come un fiume, gli eventi nel fluire degli istanti, cambia e ci cambia.
La percezione da parte dell'individuo di questo processo evolutivo continuo che lo coinvolge in ogni sua funzione sia fisica che mentale ci permette di concepire con migliore chiarezza anche il ruolo che ognuno di noi ha nel saper convogliare al meglio le proprie risorse ai fini di manifestare il migliore equilibrio possibile riguardo il momento di vita che stiamo vivendo ed il contesto in esso rappresentato.
Abbiamo detto che la malattia e' sinonimo di squilibrio ed ogni istante della nostra giornata può' diventare elemento di monitoraggio di tale andamento.
Questa riflessione su quanto possiamo interferire e quindi quanto siamo partecipi e artefici del proprio benessere , potrebbe trovare motivo di contestazione in un contesto per esempio di una persona che contrae uno stato di malattia a causa di un virus o a seguito di un incidente comunque in riferimento a fattori estranei alla nostra possibilità' di scelta e di intervento.
Abbiamo una moltitudine di questi esempi, ma al di la dell' apparente iniziale impotenza nell'impattare verso la condizione o l'elemento determinante il danno, permane quel fattore di grande rilevanza che consiste nell'individualità' della risposta. Dinnanzi ad un comune stimolo nocivo ogni individuo risponde con dei sintomi a volte apparentemente uguali o simili, ma in realtà' sempre caratterizzati da una soggettività' determinata dalla capacita' di interazione di ogni organismo verso una noxa in funzione del patrimonio genetico di cui e' dotato, di tendenze costituzionali, della condizione fisica e psichica in cui si trova in quel momento, del potenziale vitale, del contesto ambientale e famigliare in cui vive,della consapevolezza di essere artefice di se stesso anche nella sua malattia .
Se osserviamo l'impatto di un banale virus influenzale in una comunità' di persone possiamo riscontrare una molteplicità' di risposte: c'è' chi sviluppa una sintomatologia molto evidente con febbre alta , sintomi infiammatori molto vivaci, chi invece avverte magari solo spossatezza e mancanza di appetito, chi manifesta nausea e dolori addominali , chi esplode in complicazioni gravi quali polmoniti ,insufficienza cardiaca ecc.
Eppure il virus e' uguale per tutti!
Per portare ancora un esempio, ci sono soggetti che svolgendo un'attività' in cui risulta impossibile assentarsi sviluppano una forma influenzale molto lieve o che dura poco tempo mentre la persona impiegata che ha la possibilità' di mettersi in mutua può' sviluppare delle manifestazioni più' intense e prolungate.
Cosa vuol dire questo?
Vuol dire solo che il nostro sistema immunitario e' fortemente influenzato dalla nostra psiche e quindi risponde ad impulsi anche inconsci più' o meno permissivi , vedi anche “sindrome della pensione “.
Vuol dire che al mondo non esistera’ mai nulla di cosi’ grave da annullare del tutto il nostro potere d’intervento sulle modalita’ di come vivere quell’evento. Purtroppo spesso riteniamo che tutto cio’ che sia in nostro potere decada nel momento in cui subentri qualcosa di irreversibile non da noi controllabile per quanto riguarda il suo decorso. Cio’ vorrebbe ancora una volta essere la prova della nostra vulnerabilita’ e come il nostro destino e quindi la nostra vita in fondo siano ogni giorno in mano alla casualita’ degli eventi o quanto di altro esista di instabile ed indeterminabile.
Per nostra fortuna questa analisi delle cose anche se troppo spesso richiamata a giustificazione di un nostro stato, non prende in considerazione un aspetto che sta’ ancora ad un livello superiore forse gia’ spirituale, ma fondamentale nella ricerca di un significato e motivazione di vita solido. Quella enorme potenzialita’ che sprigiona dalla consapevolezza che anche la dove una strada si interrompe forse le nostre gambe si fermeranno , ma nessuno potra’ mai non permettere alla nostra mente di andare oltre.
Il nostro percorso di vita inizia con la nascita e a quanto pare sembra che possa essere considerato uno dei momenti piu’ dolorosi della vita seppur di breve durata quasi a contrapporsi all’altro momento al termine del percorso cioe’ la morte. In pratica la nostra vita e’ delimitata da due momenti di grande sofferenza e a volte essa stessa diventa espressione di sofferenza. Da cio’ evinciamo due considerazioni : o che la vita sia un qualcosa di poco edificante e negativo oppure che per svolgere meglio il nostro percorso di vita e’ necessario imparare a contemplare anche la sofferenza come espressione del nostro essere ed integrata ad esso.
Certo a questo punto qualcuno si chiedera’ che senso puo’ avere la sofferenza come ingrediente di vita o addirittura di ricerca di miglior vivere?
Per rispondere a questa domanda estremamente legittima io porto sempre una osservazione estremamente semplice di cui molti hanno fatto esperienza.
Penso che a tante persone sia capitato di dover avuto a che fare con un forte dolore alla schiena o addirittura col classico colpo della strega , attacco acuto di lombalgia, a causa del quale per il forte dolore improvvisamente ci siamo trovati impediti a fare qualsiasi piegamento ma anche nei piu banali movimenti persino quelli inerenti la respirazione.
Ecco in quella condizione quale era la nostra massima aspirazione? Cosa ci si augurava? Quali considerazioni si potevano fare?
Certamente il primo momento contemplava contenere il piu’ possibile il dolore e quindi la nostra attenzione era a cosa e a chi rivolgerci per inibire il dolore, ma in attesa di questo evento molto istintivo e umano anche se gia’ un po discutibile, subentrava poi una seconda considerazione consequenziale all’impedimento a chinarci cioe’ la percezione, la coscienza di quanto fossero fortunati quelli che potevano piegarsi a prendere una matita a terra o chinarsi a mettersi un calzino o allacciarsi una scarpa!!
Questo e’ l’effetto positivo paradosso della sofferenza!
La nostra mente e’ impostata in modo tale che spesso arriva alla vera percezione di un qualcosa di presente solamente dopo averne realizzato concretamente la sua negazione.
Alla base di questo atteggiamento esiste la facilita’ e naturalezza con cui tendiamo tutti noi ad adattarci e dare per scontato cio che avviene piu’ comunemente non importa addirittura neanche se giusto o sbagliato. Per cui e’ normale e’ scontato star bene e’ normale piegarsi per legarsi i lacci delle scarpe, e’ normale arrabbiarsi se qualcuno ci fa uno sgarbo ecc.
Mai ci verrebbe in mente stando bene un giorno fermarci nel raccogliere qulcosa ed affermare “ che fortuna che ho nel poter svolgere tutti questi movimenti stando bene!”
Diciamo la verita’ ci fa persino sorridere questa cosa! Eppure non ci farebbe male non dare per scontato tutto questo e se mai ecco che la malattia , il dolore , l’impedimento la sofferenza poi intervengono per provare a ricordarcelo.
Quindi la malattia come spunto di presa di coscienza di uno stato di squilibrio manifesto tramite il nostro organismo e quindi espressione di quella soggettivita’ di risposta che la caratterizza da individuo a individuo e che ci induce a individuare piu correttamente il malato anzi che la malattia.
Questo e’ una prospettiva che per tanto tempo ha un po’ caratterizzato l’approccio olistico dell’omeopatia pèr cui e’ importante la diagnosi , e’ importante dare un nome alla malattia , ma e’ soprattutto importante osservare come l’individuo manifesta quella malattia in base alle proprie capacita’ di risposta, in funzione delle risorse al momento disponibili, alla gravita’ e all’approfondimento della noxa, all’influenza di fattori esterni compreso l’assunzione di farmaci,di fattori ambientali, famigliari, culturali, all’impronta genetica costituzionale che segna spesso in maniera determinante il tipo di risposta di ogni soggetto.
Da queste osservazioni ne deduciamo come possa apparire errato affrontare una malattia chiamandola solo per nome o pensando solo come inibirne il suo manifestarsi e in diversi casi questo rischia di diventare l’atteggiamento terapeutico di prima scelta.