Quanto sottovalutata
Una recente inchiesta svolta in Francia ha indicato che alla fine del
2007 erano più di cinque milioni le persone che soffrivano di perdite
uditive, quasi il 10% della popolazione.
Valori simili, ma superiori, anche nel nostro Paese che conta circa 7
milioni di persone che hanno problemi di tipo uditivo.
Il problema dell'ipoacusia riguarda, secondo le stime della Drees
( Direction de la recherche, des études, de l'évaluation et des
statistiques ), quasi mezzo miliardo di persone in tutto il mondo.
Checché se ne possa pensare, il problema dell'ipoacusia non riguarda
solamente le persone anziane, anche se, a onor del vero, si deve
ricordare che il 68% dei soggetti con deficit uditivi è costituito da
ultrasessantenni.
I due terzi circa di coloro che soffrono di ipoacusia presentano disturbi
considerati lievi o moderati (da 25 a 40 dB di perdita); è il caso di
coloro che riescono a percepire un discorso senza particolari problemi,
ma accusano la perdita di qualche sillaba.
Poco meno del 30% dei problemi acustici sono considerati di media o
grave entità (dai 40 ai 70 dB di perdita), il resto delle persone soffre di
ipoacusia profonda (più di 90 dB di perdita).
Le cause dell'ipoacusia possono essere le più svariate, ma, nella
stragrande maggioranza dei casi, i deficit uditivi sono provocati dalla
degenerazione naturale delle cellule ciliate dell'orecchio interno, un
fenomeno noto come presbiacusia che inizia a manifestarsi verso i
venti anni di età, ma che diventa generalmente significativo a partire
dai 65.
Nei deficit uditivi profondi si deve prendere in considerazione la
possibilità di intervenire chirurgicamente mediante l'applicazione di un
impianto cocleare.
Nei casi in cui invece il deficit uditivo sia inferiore ai 70 dB, la protesi
acustica potrebbe rivelarsi utile nella correzione di tale deficit.
La domanda è: Perché allora ad oggi è ancora notevolmente bassa la
percentuale di coloro che ricorrono a tali efficaci ausili uditivi?