Le barriere al trattamento nutrizionale dei pazienti con insufficienza renale cronica
RIASSUNTO
Il trattamento dietetico riveste un ruolo cruciale in tutte le fasi evolutive dell’IRC: rappresenta la base della terapia conservativa, ma è d’ausilio anche durante la terapia sostitutiva e il trapianto poiché permette di controllare le alterazioni metaboliche dovute ai vari stadi della patologia e di mantenere un buono stato nutrizionale. In quest’ambito il problema della compliance è centrale ed è di fondamentale importanza individuare e abbattere le barriere proprie di tutte le figure coinvolte nel processo di cura (paziente, operatori sanitari, figure di supporto). Il nefrologo e gli altri operatori sanitari, agendo all’interno di un team multidisciplinare fortemente motivato, sono responsabili di questo processo attraverso l’applicazione e la diffusione di strumenti specifici riguardanti l’assistenza e la motivazione dei pazienti, la condivisione delle informazioni ad essi relative e l’organizzazione delle strutture. Il dietista con formazione ed esperienza specifica in ambito nefrologico è una figura essenziale in quanto è il professionista deputato a condurre il trattamento nutrizionale e che si occupa dell’attuazione di tutte le attività educative e di sostegno alla compliance.
INTRODUZIONE
Nei pazienti affetti da IRC, l’alimentazione riveste un ruolo cruciale in tutte le fasi evolutive della patologia (1,2). Durante la fase conservativa, l’attuazione di una terapia dietetica contribuisce a prevenire e correggere segni, sintomi e complicanze dovuti alla riduzione della funzionalità renale e a posticipare l’inizio della dialisi, rallentando la progressione della patologia verso lo stadio terminale (ESRD). Una volta iniziato il trattamento sostitutivo essa permette di controllare le alterazioni metaboliche e di mantenere uno stato nutrizionale soddisfacente. E’ stato dimostrato che un adeguato supporto nutrizionale, non solo non determina uno stato di malnutrizione, ma permette di prevenirla o, nel caso sia già presente, di trattarla e non pregiudica l’outcome dei pazienti (3).
Una critica ricorrente alla dieta nelle diverse fasi dell’IRC è proprio la frequente, scarsa compliance dei pazienti (5). Questa può dipendere da molteplici fattori che non sono causati solo dalla patologia di base, ma soprattutto dall’interazione paziente - team nefrologico. Questo approfondimento si propone di studiare le barriere che, nella pratica clinica, si oppongono alla buona riuscita del trattamento dietetico favorendo, cosi, l’insorgenza di uno stato di malnutrizione, associato a maggiore prevalenza di morbilità e mortalità dei pazienti.
COMPLIANCE
L’adesione a uno specifico programma nutrizionale non è un problema che può essere riferito unicamente alle patologie renali, ma caratterizza tutte le malattie sia acute che croniche. In particolare, una percentuale che varia dal 30 all’60% dei pazienti affetti da malattia cronica, manifesta una scarsa compliance o non segue affatto il trattamento prescritto (4). Nel caso dell’IRC, la risoluzione di tale criticità è di fondamentale importanza. Una delle difficoltà riferite più frequentemente dai pazienti che seguono una dieta ipoproteica ipofosforica standard (0,6 g/kg p.c./die di proteine), è la sostituzione delle principali fonti di carboidrati (pane e pasta) con gli equivalenti aproteici che, spesso, non sono graditi per il loro sapore, consistenza o le diverse metodiche di cottura rispetto agli alimenti naturali. L’uso di tali prodotti è fondamentale per garantire un adeguato apporto di calorie, associato a un ridotto apporto di proteine a basso valore biologico, fosforo e sodio. Un ulteriore problema legato agli alimenti aproteici è dovuto al costo degli stessi che grava in maniera diversa da regione a regione sui bilanci dei pazienti. Si passa da un regime di rimborso totale, a quello con tetto di spesa mensile ridotto, arrivando ai casi in cui non è previsto alcun aiuto economico. Ciò significa che talvolta, i pazienti, non sono in grado di acquistare gli alimenti speciali rendendo difficoltosa l’adesione alla dieta ipoproteica. I soggetti si lamentano di doversi alimentare in modo “diverso”, di aver difficoltà a rinunciare ad alimenti graditi non previsti dalla dieta e ad andare al ristorante. Il risultato è un’alimentazione poco varia, monotona, discontinua nell’applicare quotidianamente tutte le prescrizioni dietetiche (8). Altri fattori che possono influenzare una buona riuscita del trattamento dietetico sono, ad esempio, l’età, il livello culturale, la mancanza di un supporto familiare adeguato e l’incapacità di prepararsi i cibi. I disordini psicologici (ansia, depressione, solitudine) possono influenzare la volontà, la motivazione e l’abilità di seguire un percorso terapeutico predefinito. La presenza di comorbidità coesistenti, scadenti condizioni dell’apparato masticatorio o edentulia, abuso di alcol o altre sostanze non permettono al soggetto di alimentarsi correttamente soddisfacendo i suoi fabbisogni nutrizionali, in particolare quello calorico. Le frequenti ospedalizzazioni, inoltre, non permettono di mantenere una certa continuità nel trattamento dietetico. Questo perché, soprattutto durante i primi giorni della degenza, sono spesso fornite ai pazienti diete standard non compatibili con la loro patologia e/o con la terapia nutrizionale che seguono a casa. Anche una comunicazione difettosa tra il paziente e gli operatori sanitari può essere responsabile di una riduzione della compliance: in alcuni studi è stato evidenziato che l’importanza attribuita ai diversi problemi avvertiti dai soggetti non è sempre la stessa percepita dai professionisti che compongono il team di cura (5).
La figura del nefrologo è fondamentale per iniziare un buon rapporto di collaborazione: da lui dipende l’indirizzamento del paziente verso la terapia più adatta alle sue condizioni cliniche e al suo stile di vita. E’ necessario che il paziente sia istruito su tutte le tipologie di trattamento disponibili con linguaggio semplice che gli permetta di comprendere quali siano le motivazioni al trattamento e sia sottoposto a un’attenta valutazione psicologica e socio-economica preliminare. Egli deve essere educato sull’importanza di presentarsi ai controlli con tutti i professionisti coinvolti nel processo di cura, in modo da poter rivalutare costantemente l’andamento e, se necessario, apportare modifiche alla terapia. Il Chronic Care Model sottolinea l’importanza della partnership tra paziente e operatori sanitari come elemento essenziale per un trattamento efficace, perché offre l’opportunità di responsabilizzare il paziente ad assumere un ruolo attivo nella gestione della propria salute (6).
IL DIETISTA
Il trattamento nutrizionale può presentare alcune criticità nelle quali ha un ruolo fondamentale la competenza del dietista: la dieta non viene personalizzata sul paziente o non viene illustrata in modo opportuno. A questo proposito possono rappresentare una barriera anche i tempi ristretti delle visite e nello stesso tempo la distanza tra un follow - up e l’altro, soprattutto in ambito ospedaliero. Nella valutazione di ciò che determina la compliance dietetica, è utile considerare anche il grado di funzione renale del paziente, il tipo di dieta e la durata prevista del trattamento. Nell’IRC, infatti, gli introiti alimentari spontanei del paziente non sono sempre gli stessi, ma l’apporto di proteine tende a ridursi con il peggiorare della funzione renale (5). Per garantire una buona attuazione del programma, il dietista deve informare il paziente sulla possibilità di utilizzare i prodotti aproteici e educarlo al loro uso corretto, anche attraverso l’impiego di ricettari “ad hoc” che permettano di rendere gli alimenti più palatabili e facili da cucinare. In caso d’indisponibilità o di scarsa aderenza all’utilizzo di questi prodotti, in alternativa o in alternanza con la dieta ipoproteica ipofosforica standard, si può consigliare l’applicazione di una dieta completamente vegetariana, ipoproteica ed ipofosforica (7) che non prevede l’uso di alimenti speciali in quanto i carboidrati sono forniti da alimenti naturali. Si tratta di una dieta più facile da seguire e più economica, ottenibile miscelando le proteine dei cereali e dei legumi in precise quantità giornaliere (8). Ciò permette di aumentare la varietà degli alimenti introdotti e risolvere il problema della monotonia. Nei pazienti di età avanzata o che non hanno un supporto familiare adeguato non dovrebbero essere proposti regimi dietetici molto rigorosi. L’aperto colloquio del dietista con i pazienti sulla tolleranza individuale alla dieta e la presenza durante la visita dei conviventi che riferiscono sulla reale assunzione degli alimenti prescritti, sono elementi indispensabili per il successo del trattamento dietetico (8). E’ fondamentale fornire al paziente, attraverso l’utilizzo di volantini, tutti i dati di contatto del personale sanitario di riferimento in modo che possa avvertire nel caso ci siano difficoltà nel seguire le terapie o non possa presentarsi alle visite di controllo. Nel momento in cui il soggetto non si presenti alle visite senza darne comunicazione, è importante che sia richiamato per indagare sulle motivazioni e fissare un altro appuntamento. Nelle strutture sanitarie ove non è prevista la figura professionale del dietista o dove questa è presente, ma non ha una preparazione esclusiva in ambito nefrologico, è stato dimostrato che l’efficacia delle prestazioni si riduce, cosi come la compliance dei pazienti alle terapie proposte (9). Le Linee Guida DOQI del 2000 della National Kidney Foundation (NKF) raccomandano di impiegare almeno un dietista ogni 100-150 pazienti (2). Recentemente la Società Italiana di Nefrologia (SIN) ha redatto un manuale in cui sono descritte le figure professionali indispensabili per assicurare la continuità della cura nelle varie fasi della malattia renale cronica. Tra queste si evidenzia l’importanza di avere a disposizione un dietista renale con formazione ed esperienza specifica in questo campo (10).
CONCLUSIONE
Il trattamento nutrizionale è uno degli elementi di base nella terapia dell’IRC a partire dai primi stadi di evoluzione fino allo stadio terminale, durante la procedura dialitica e il trapianto. Una delle critiche più frequenti alla dieta in quest’ambito è la scarsa adesione dei pazienti. Il problema è multifattoriale ed è necessario sottolineare come tutte le figure coinvolte possano essere talvolta fonte e, al tempo stesso, soluzione dello stesso. Il paziente è al centro di questo processo, pertanto la scelta del percorso terapeutico non può prescindere dal considerare, nella definizione della compliance, oltre alle variabili genetiche e biologiche, le sue caratteristiche psicologiche, i suoi valori e il modo di porsi nei confronti della malattia. La sensibilità verso il back-ground culturale del soggetto e la personalizzazione del piano dietetico sono elementi essenziali per ottenere una buona aderenza alla prescrizione. Secondo le linee guida DOQI della NKF e la Società Italiana di Nefrologia (SIN) il dietista renale deve essere considerato come il professionista sanitario deputato a condurre il trattamento nutrizionale in ambito nefrologico.
BIBLIOGRAFIA
1) Fantuzzi A. L., Gennari A, Pasticci F., et al. “Gruppo di lavoro ANDID Malattie Renali”. Ruolo del dietista nella gestione nutrizionale del paziente con malattia renale cronica.
2) Clinical Practice Guidelines for Nutrition in Chronic Renal Failure. K/DOQI, National Kidney Foundation. Am J Kidney Dis 2000; 35:S1-140.
3) De Santo NG., Perna A., Cirillo M. Low protein diets are mainstay for management of chronic kidney disease. Front Biosci (Schol Ed) 2011; Jun 1;3: 1432-42.
4) Christensen A. J. Current Perspective in Psycology. Yale 2004.
5) Wagner EH., Davis C.,Schaefer J., et al. A survey of leading chronic disease management programs: are they consistent with the literature? Manag Care Q. 1999; 7:56-66.
6) Fouque D., Laville M. Low Protein diets for chronic kidney disease in non diabetic adults (Rewiew). The Cochrane Collaboration. 2009.