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L' ingegneria sismica

Ingegneria sismica


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L' ing egneria sismica è una branca dell' ingegneria civile che studia la risposta delle strutture ai sismi e le metodologie per progettare le strutture degli edifici con criteri antisismici, oppure per adeguare ad un grado di sicurezza maggiore le strutture già realizzate e non più conformi alle nuove normative antisismiche (più severe) elaborate successivamente alla costruzione.


Taipei 101 , dotato con tuned mass damper , Taipei, Taiwan

In termini molto semplificati, si tratta di comprendere come le onde sismiche si propagano attraverso il terreno e come vengono trasmesse alla struttura.


La finalità ingegneristica è di realizzare una soluzione costruttiva economica, che possa proteggere la costruzione dalla più probabile tipologia di sollecitazioni sismiche che prevedibilmente agiranno sulla struttura consentendo, nella migliore delle ipotesi, che l'opera rimanga indenne o che subisca danneggiamenti lievi, facilmente ripristinabili in seguito ad una serie di riparazioni.


Nel caso di sollecitazioni sismiche di elevatissima intensità, l'obiettivo è consentire la fuga del più ampio numero di persone, sacrificando l'indennità strutturale. In questo caso un edificio di civile abitazione potrà anche deformarsi in maniera considerevole (alta duttilità strutturale ), con fessurazioni ampie e diffuse; talvolta sarà soggetta a crolli parziali, ma dovrà evitare o almeno ritardare il collasso totale, in modo da consentire la fuga di chi vi abita.


La sede dell' ONU a Port-au-Prince , Haiti non potrebbe evitare il collasso parziale al terremoto del 12 gennaio 2010.

Si accetta questo tipo di compromesso poiché, con le tecniche tradizionali, realizzare un edificio immune da qualunque azione sismica è teoricamente impossibile, oltre che economicamente insostenibile. Si tratta di dosare il livello di sicurezza appropriato, in funzione della destinazione d'uso e del grado di pericolo prevedibile mediante metodi probabilistici .


Negli ultimi decenni del XX secolo l'ingegneria sismica ha visto affermarsi sempre più rapidamente una nuova strategia contro i terremoti mediante le tecniche dell' isolamento sismico . Anziché realizzare una struttura che "resista" al terremoto (anche deteriorandosi gravemente nel caso di terremoti violenti), la nuova strategia consiste nell'isolare la struttura dagli effetti del sisma. Tale isolamento avviene mediante idonei apparecchi chiamati appunto isolatori sismici , generalmente realizzati in neoprene armato , che vengono frapposti tra le fondazioni e la soprastruttura e che risolvono "in radice" il problema sismico. Infatti mentre le frequenze proprie delle strutture in cemento armato tradizionali (dai 3 ai 10 piani fuori terra) vanno proprio a coincidere con la maggior parte delle frequenze dei terremoti (e quindi si verifica il fenomeno della risonanza in campo elastico amplificando forze e spostamenti orizzontali), mediante l'isolamento sismico la frequenza propria della struttura isolata diventa molto più bassa di quella dei terremoti attesi realizzando così la protezione sismica voluta abbattendo drasticamente le forze orizzontali di natura dinamica.


Dopo aver ipotizzato un modello teorico su cui basare la progettazione, nel caso in cui il pericolo dei terremoti sia reale e preoccupante, possono essere utilizzati vari metodi per minimizzare i danni, tra cui:


La tomba di Ciro il Grande in Pasargadae , la più vecchia struttura base-isolata nel mondo, Persia antica, ora Iran , VI secolo a.C.
  • nuclei di irrigidimento come setti , vani ascensore, vani scale, che tendono ad assorbire le azioni orizzontali, a patto che siano opportunamente collegati al resto della struttura. Le masse strutturali vanno distribuite con particolare accortezza ed, in fase di progettazione, occorre provvedere ad attente verifiche.
  • robustezza dei nodi strutturali, cioè delle unioni fra travi e pilastri
  • isolatori sismici : sono dispositivi che consentono di annullare il trasferimento delle sollecitazioni dalle fondazioni alla sovrastruttura . Grazie ad essi, la fondazione rimane libera di muoversi e vibrare, mentre la sovrastruttura si appoggia verticalmente alla fondazione, ma scivola orizzontalmente su di essa, non prendendo parte alla temibile vibrazione in orizzontale.
  • smorzatori sismici: dispositivi realizzati con materiali di "sacrificio" che vengono posti in posizioni soggette ad elevate deformazioni, ad esempio nei giunti strutturali , attenuando i movimenti ed eventualmente arrivando a rottura, pur di preservare l'integrità strutturale. Essi possono essere successivamente sostituiti.
Voci correlate
Collegamenti esterni

Fattore di struttura Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Per la determinazione delle azioni sismiche in base alle quali valutare il rispetto degli stati limite ultimi al fine del progetto o della verifica di una struttura, il fattore di struttura ( q ) è un fattore di riduzione che permettere di ottenere gli spettri di progetto (riferiti ad un oscillatore elementare a comportamento anelastico) da quelli degli spettri di risposta elastici (riferiti ad un oscillatore elementare a comportamento elastico lineare).


La deniminazione fattore di struttura è valida sia in Europa che in Italia poiché è riportata nell' Eurocodice 8 e nel D.M. 14.01.2008. In America il fattore di riduzione è noto come Strenght Reduction Factor ( R ).


il fattore q è definito come rapporto F el /F y


dove


  • F el è il valore della forza agente nel caso di comportamento elastico lineare
  • F y è il valore della forza di snervamento oltre il quale inizia il comportamento plastico della struttura

e pertanto rappresenta il rapporto tra la risposta della generica struttura in campo elastico lineare e la sua effettiva risposta in campo elastoplastico.


Il fattore di riduzione tiene conto in modo semplificato della capacità dissipativa anelastica di una struttura e viene utilizzato qualora le verifiche agli stati limite ultimi non vengano effettuate tramite l'uso di opportuni accelerogrammi .


Pertanto è un procedimento semplificato che viene offerto dalla normativa per determinare gli spettri di progetto.


il fattore q viene definito in funzione dei materiali e delle tipologie strutturali e tiene conto tra l'altro:


  • della dissipazione di energia anelastica
  • della ridistribuzione delle tensioni
  • della perdita di energia dovuta alla diffusione dello smorzamento nel terreno di fondazione.

Per la componente orizzontale dell'azione sismica il passaggio da uno all'altro spettro (da elastico a di progetto ) avviene sostituendo nelle espressioni che definiscono lo spettro di risposta elastico della componente orizzonatale del sisma, il termine η, (funzione dello smorzamento viscoso) con il termine 1/q.


Questa sostituzione determina una riduzione delle ordinate dello spettro di risposta elastico.


Analogamente per la componente verticale dell'azione sismica il valore di q da utilizzare per il passaggio dallo spettro elastico della componente verticale del sisma a quello di progetto, è fissato pari a 1,5, solo nel caso di ponti va utilizzato q = 1.



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Pushover (ingegneria) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

L'analisi di spinta o di pushover , letteralmente spingi-oltre , è un metodo proposto dalla nuova normativa sismica(anche se non è strettamente legato all’analisi sismica) per l’analisi statica non lineare di una struttura.


Viene utilizzata per calcolare gli effetti delle azioni sismiche di sistemi dissipativi (aventi, cioè, comportamento elasto-plastico).


Con questo metodo di analisi le azioni sismiche sono modellate come forze statiche che rappresentano la forzante .


Il metodo consiste nello nell'applicare alcune distribuzioni di forze via via crescenti sulla struttura, in modo da studiare la sua risposta in termini elastoplastici fino al collasso globale o locale.


Tale risposta pertanto, deve essere ottenuta, mediante una analisi non lineare tenendo conto sia degli effetti di non linearità del materiale (formazioni di cerniere plastiche, svergolamenti di elementi compressi, snervamento di elementi in trazione) sia degli effetti di secondo ordine (quindi non linearità di tipo geometrico) qualora esse assumano un valore non trascurabile.


La forzante può anche essere costituita da un profilo di spostamenti prestabilito.


In questo caso gli spostamenti vengono applicati in modo incrementale monotono fino a che un parametro di controllo di deformazione non raggiunge un valore limite prefissato.


Si tratta di un approccio fortemente innovativo poiché consente analisi di tipo prestazionale delle costruzioni: costruendo la curva pushover di una struttura (=curva prestazionale su un piano forza-spostamento o accelerazione-spostamento) è possibile individuare immediatamente il valore del taglio alla base corrispondente ai diversi stati limite e soprattutto come, quando e quanto si danneggerà la struttura in esame.



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Analisi modale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

L'analisi modale è una metodologia di calcolo dell' analisi strutturale che si occupa della determinazione del comportamento dinamico di una struttura, vincolata o libera, in dinamica libera o in risposta a sollecitazioni dinamiche imposte dall'esterno.
L'analisi modale prevede di studiare la struttura, preventivamente schematizzata attraverso il metodo degli elementi finiti , attraverso la valutazione di frequenze naturali e modi propri associati. Lo scopo di tale analisi è analizzare la risposta della struttura in progetto a forzanti con diversi contenuti armonici per evitare fenomeni di risonanza meccanica. I campi d'applicazione di tale metodologia sono l'ingegneria meccanica, l'ingegneria aerospaziale, e l'ingegneria civile per quanto concerne l'analisi delle sollecitazioni sismiche.


Formulazione matematica [ modifica ]

Dato il sistema agli elementi finiti, che è un sistema algebrico differenziale del secondo ordine:

\mathbf{\underline{\underline{M}}} \, \ddot{\mathbf{\underline{q}}} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\underline{\underline{C}}} \, \dot{\mathbf{\underline{q}}} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\underline{\underline{K}}} \, \mathbf{\underline{q}} \mathbf{\left(t\right)}= \mathbf{\underline{f}\left(t\right)} \,\!

Considero l'equivalente sistema non smorzato:

\mathbf{\underline{\underline{M}}} \, \ddot{\mathbf{\underline{q}}} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\underline{\underline{K}}} \, \mathbf{\underline{q}} \mathbf{\left(t\right)}= \mathbf{\underline{f}\left(t\right)} \,\!

È possibile calcolare gli autovalori e gli autovettori associati attraverso il problema di autovalori associato, del secondo ordine:

\mathbf{\underline{\underline{K}}} \, \mathbf{\underline{Z}^n} = \mathbf{\lambda_n} \mathbf{\underline{\underline{M}}} \, \mathbf{\underline{Z}^n}

Dove i λ n sono gli autovalori, e gli  \underline{Z}^n sono gli autovettori del sistema, nella forma di vettori colonna. Con questa formulazione si calcolano gli autovalori con:

\mathbf{det \left ( \underline{\underline{K}} - \lambda_n \underline{\underline{M}}  \right )=0 }

e successivamente gli autovettori associati a ogni autovalore:

\mathbf{ \left ( \underline{\underline{K}} - \lambda_n \underline{\underline{M}} \right ) \underline{Z}^n =0 }

È così possibile utilizzate gli autovettori, che sono i modi propri del sistema approssimati, per la diagonalizzazione del sistema, che, se anche la matrice di smorzamento è diagonalizzabile, porta a scrivere il sistema in coordinate modali come un sistema di equazioni tra loro indipendenti. Effettuo il cambio di coordinate:

\mathbf{\underline{q}} \mathbf{\left(t\right)} = \mathbf{\underline{\underline{Z}}} \, \mathbf{\underline{\widehat{q}}} \mathbf{\left(t\right)} = \begin{bmatrix} \mathbf{\underline{Z}^1}\ \mathbf{\underline{Z}^2}\ ...\ \mathbf{\underline{Z}^n}\ \end{bmatrix} \, \mathbf{\underline{\widehat{q}}} \mathbf{\left(t\right)} = \mathbf{\underline{Z}^1}\,\mathbf{\widehat{q_1}} + \mathbf{\underline{Z}^2}\,\mathbf{\widehat{q_2}} + ...\ + \mathbf{\underline{Z}^n}\,\mathbf{\widehat{q_n}}

Si può osservare che questo cambio di coordinate è legittimo perché gli autovettori sono tra loro indipendenti, in virtù dell'ortogonalità. La nuova variabile consente di scrivere il problema nella forma:

\mathbf{\underline{\underline{M}}} \, \mathbf{\underline{\underline{Z}}} \, \ddot{\mathbf{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\underline{\underline{C}}} \, \mathbf{\underline{\underline{Z}}} \, \dot{\mathbf{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\underline{\underline{K}}} \, \mathbf{\underline{\underline{Z}}} \, {\mathbf{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(t\right)} = \mathbf{\underline{f}\left(t\right)}

Premoltiplico l'equazione per la matrice trasposta degli autovettori:

\mathbf{\underline{\underline{Z}}^T} \mathbf{\underline{\underline{M}}} \, \mathbf{\underline{\underline{Z}}} \, \ddot{\mathbf{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\underline{\underline{Z}}^T} \mathbf{\underline{\underline{C}}} \, \mathbf{\underline{\underline{Z}}} \, \dot{\mathbf{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\underline{\underline{Z}}^T} \mathbf{\underline{\underline{K}}} \, \mathbf{\underline{\underline{Z}}} \, {\mathbf{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(t\right)} = \mathbf{\underline{\underline{Z}}^T} \mathbf{\underline{f}\left(t\right)}

A questo punto il sistema, assumendo che lo anche la matrice di smorzamento sia tale, il che è vero solo per smorzamento piccolo e frequenze naturali del sistema lontane tra loro, è diagonalizzato. Si può quindi scrivere nella forma:

\mathbf{\underline{\underline{\widehat{M}}}} \, \ddot{\mathbf{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\underline{\underline{\widehat{C}}}} \, \dot{\mathbf{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\underline{\underline{\widehat{K}}}} \, {\mathbf{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(t\right)} = \mathbf{\underline{\widehat{f}}\left(t\right)}

Questo nuovo sistema è costituito da equazioni tra loro indipendenti, nella forma:

\mathbf{\widehat{m}_r} \, \mathbf{\ddot{{\widehat{q}}}_r} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\widehat{c}_r} \, \mathbf{\dot{{\widehat{q}}}_r} \mathbf{\left(t\right)}+ \mathbf{\widehat{k}_r} \, {\mathbf{{\widehat{q}}_r}} \mathbf{\left(t\right)} = \mathbf{{\widehat{f}}_r \left(t\right)}

Le \widehat{m}_r e \widehat{k}_r sono dette rispettivamente massa modale e rigidezza modale. Divido l'equazione per la massa modale associata:

\mathbf{\ddot{{\widehat{q}}}_r} \mathbf{\left(t\right)}+ \frac{\mathbf{\widehat{c}}_r}{\mathbf{\widehat{m}_r}} \, \mathbf{\dot{{\widehat{q}}}_r} \mathbf{\left(t\right)}+ \frac{\mathbf{\widehat{k}}_r}{\mathbf{\widehat{m}_r}} \, {\mathbf{{\widehat{q}}_r}} \mathbf{\left(t\right)} = \frac{\mathbf{{\widehat{f}}_r} \left(t\right)}{\mathbf{\widehat{m}_r}}

Definisco la pulsazione naturale, non smorzata, associata al modo, che coincide con l'autovalore associato:

\mathbf{\omega_{0r}} = \sqrt{\frac{\mathbf{\widehat{k}_r}}{\mathbf{\widehat{m}_r}}}

Lo smorzamento critico:

\mathbf{\widehat{c}_r^\star} = 2 \sqrt{\mathbf{\widehat{k}_r}{\mathbf{\widehat{m}_r}}}

Il coefficiente di smorzamento modale:

\mathbf{\zeta_r} = \frac{\mathbf{\widehat{c}_r}}{\mathbf{\widehat{c}_r^\star}}

Per cui

\frac{\mathbf{\widehat{c}_r}}{\mathbf{\widehat{m}_r}} = 2\,\mathbf{\zeta_r}\,\mathbf{\omega_{0r}}

E si può scrivere l'equazione in coordinate modali in forma canonica:

\mathbf{\ddot{{\widehat{q}}}_r} \mathbf{\left(t\right)}+ 2\,\mathbf{\zeta_r}\,\mathbf{\omega_{0r}} \, \mathbf{\dot{{\widehat{q}}}_r} \mathbf{\left(t\right)} + \mathbf{\omega_{0r}^2} \, {\mathbf{{\widehat{q}}_r}} \mathbf{\left(t\right)} = \frac{\mathbf{{\widehat{f}}_r} \left(t\right)}{\mathbf{\widehat{m}_r}}

Trasformiamo l'equazione secondo Laplace:

\mathbf{s^2} \, \mathbf{\tilde{{\widehat{q}}}_r} \mathbf{\left(s\right)}+ 2\,\mathbf{\zeta_r}\,\mathbf{\omega_{0r}} \, \mathbf{s} \, \mathbf{\tilde{{\widehat{q}}}_r} \mathbf{\left(s\right)} + \mathbf{\omega_{0r}^2} \, {\mathbf{\tilde{{\widehat{q}}}_r}} \mathbf{\left(s\right)} = \frac{\mathbf{\tilde{{\widehat{f}}}_r} \left(s\right)}{\mathbf{\widehat{m}_r}}

Quindi è possibile definire la funzione di trasferimento per gli spostamenti modali:

\mathbf{\tilde{{\widehat{q}}}_r} \mathbf{\left(s\right)}= {\frac{1}{\mathbf{\widehat{m}_r \left( s^2+\omega_r^2+2\zeta_r\omega_{0r}s \right) }}}  \mathbf{\tilde{{\widehat{f}}}_r}

Considerando le grandezze vettoriali:

\mathbf{\tilde{\underline{\widehat{q}}}} \mathbf{\left(s\right)}= \begin{bmatrix} \ddots& \ & \ \\ \ & {\frac{1}{\mathbf{\widehat{m}_r \left( s^2+\omega_r^2+2\zeta_r\omega_{0r}s \right) }}} & \ \\ \ & \ & \ddots \end{bmatrix} \mathbf{\tilde{\underline{\widehat{f}}}}

Che tornando in coordinate modali diventa:

\mathbf{\tilde{{\underline{q}}}} \mathbf{\left(s\right)}= \mathbf{\underline{\underline{Z}}} \begin{bmatrix} \ddots& \ & \ \\ \ & {\frac{1}{\mathbf{\widehat{m}_r \left( s^2+\omega_r^2+2\zeta_r\omega_{0r}s \right) }}} & \ \\ \ & \ & \ddots \end{bmatrix} \mathbf{\underline{\underline{Z}}^T} \, \mathbf{{\underline{\tilde{f}}}}

Questa è la funzione di trasferimento con in ingresso le forze ed in uscita gli spostamenti.


Voci correlate [ modifica ]