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La grave malattia della vittima del sinistro non esclude il nesso causale tra la condotta e l'evento


La Corte di cassazione, con sentenza n. 2302 del 24 gennaio 2011, ha rigettato il ricorso presentato da un uomo che era stato condannato dai giudici di gravame per omicidio colposo per aver causato un sinistro stradale in cui era rimasta vittima una ragazza, affetta, di per sé, da una malattia gravissima, quale l'epatite fulminante.

I giudici di legittimità, nel ricordare come in tema di rapporto di causalità la legge penale accolga il principio di equivalenza delle cause riconoscendo il valore interruttivo della seriazione seriale solo a quelle che sopravvengano del tutto autonomamente, svincolate dal comportamento del soggetto agente e assolutamente autonome, hanno sottolineato che, nella specie, il nesso etiologico tra la condotta e l'evento non era escluso in quanto il decesso della vittima del reato, pur affetta da patologie pregresse, era dovuto a complicazioni susseguenti ad operazione chirurgica resa necessaria dalla condotta lesiva dell'agente.

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