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Forti perplessità dei comuni sui consigli tributari inutili

Dovrebbero (ri)nascere entro sette giorni, e dovrebbero rappresentare un perno strategico per l'ingresso vero dei comuni nella lotta all'evasione erariale. Quasi nessuno, però, ha idea di che cosa debbano fare davvero, e molti non sono nemmeno informati della loro esistenza. La rinascita vera dei consigli tributar i, se mai ci sarà, sembra insomma rinviata a data da destinarsi.

A reintrodurre quest'organismo, dopo le rare e sfortunate esperienze degli anni '70, è la manovra correttiva, che nella norma dedicata ai sindaci anti-evasione (articolo 18 del Dl 78/2010, convertito dalla legge 122/2010) rafforza lo scambio di dati con Entrate, Gdf e Inps, aumenta al 33% del riscosso il premio per i comuni, li arruola nell'accertamento sintetico e, appunto, impone di istituire entro fine agosto i consigli tributari. Sull'utilità di questo strumento, però, regna lo scetticismo.


«Di questa misura avrei fatto volentieri a meno – riflette per esempio Francesco Miceli, assessore al bilancio del comune di Genova dopo aver lasciato il vertice della Dre Lombardia – anche perché l'esperienza insegna che questi organismi pletorici, composti dai rappresentanti dei partiti e delle associazioni, non possono funzionare». Riflessioni analoghe si incontrano a Milano: «Ho già manifestato le mie perplessità – spiega Giacomo Beretta, assessore al bilancio a Palazzo Marino – e spero in un ravvedimento. Se proprio saremo obbligati, lo costruiremo nel modo più snello possibile». L'unica legge di riferimento, in realtà, è un decreto luogotenenziale del 1945, mai attuato, che prevederebbe l'elezione dei consiglieri tributari a suffragio universale: «A una campagna elettorale per i consigli tributari – chiude Beretta – non voglio nemmeno pensare».


Per restare nei grandi comuni, Gianguido Passoni (assessore al bilancio del comune Torino) può almeno vantare un precedente: «Noi lo abbiamo già avuto, negli anni Settanta, ai tempi di "manette agli evasori". Era formato da rappresentanti delle istituzioni e delle categorie professionali, artigianali e imprenditoriali. Ora riproporlo ci trova agevolati. Ma certo non entro agosto. In ogni caso speravo in una norma più semplice, la macchinosità è notevole».


Anche nei municipi medi non ci si agita troppo sul futuro impegno: «Ho cercato di capire in cosa consiste il consiglio tributario – dice Gianluca Broglia, assessore al bilancio del comune di Parma - ma non so se è particolarmente utile. Anche se dimostra la volontà di andare verso un potere forte dei comuni».


Piuttosto dubbiosi, infine, i piccoli comuni: «Ci sono innegabili problemi di tempi e organizzazione» dice Mauro Guerra, vice sindaco di Tremezzo e coordinatore dei piccoli comuni per l'Anci. «Se poi sia utile, lo vedremo. Ma la norma evidenzia già un difetto: la soluzione per i comuni sotto i 5mila abitanti è il consorzio, mentre da tempo si utilizzano le unioni di comuni, decisamente più flessibili».


Quanto all'altro nuovo adempimento, cioè i 60 giorni di tempo per rispondere alle richieste di verifica dell'agenzia delle Entrate sugli accertamenti sintetici, per Broglia non sarà un problema, grazie alla robusta attività di formazione di personale specializzato. A Torino, tiene a precisare Passoni, è una realtà su cui da anni il comune ha investito molto: «Certo sarebbe opportuno ricevere almeno un acconto su quanto riscosso dalle Entrate grazie alle "segnalazioni qualificate" per coprire le spese». In altre regioni, come l'Emilia Romagna, le cose vanno più speditamente: «Al 30 giugno – dice Antonino Gentile, direttore regionale delle Entrate - avevamo già riscosso 1,3 milioni. C'è un piccolo comune con 217mila euro di imposta riscossa e con il premio del 33% si potrà pagare quasi un funzionario in più».

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