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Comunione d'uso fra professionisti, la corretta gestione della divisione delle spese

Quesito: Comunione d’uso fra professionisti

Del: 27 febbraio 2009


QUESITO:

Un dottore in odontoiatria “A”, nel 2002 ha preso in locazione da un privato un immobile; ha provveduto alla sua integrale ristrutturazione trasformandolo in studio odontoiatrico; ha acquistato l’attrezzatura ed i macchinari specifici per l’attività; ha assunto il personale dipendente ed infine ha stipulato con i fornitori i contratti relativi all’acquisto del materiale d’uso ed all’utilizzo di tutti i servizi necessari per svolgere l’attività come professionista individuale.

Ora nel 2009 vorrebbe fare utilizzare alla sorella, anch’essa dottore in odontoiatria “B”, la stessa struttura stipulando un contratto in parte atipico denominato “COMUNIONE D’USO E DIVISIONE SPESE COMUNI TRA PROFESSIONISTI” caratterizzato da una pluralità di prestazioni finalizzate a supportare lo svolgimento dell’attività lavorativa come professionista individuale.

a) COMUNIONE D’USO

Verrebbe costituita una “ comunione d’uso” a titolo gratuito o a titolo oneroso avente per oggetto il diritto reale d’uso in comune dei beni mobili strumentali di proprietà di ogni professionista. La comunione di godimento verrà estesa anche ai beni mobili strumentali acquistati da ciascun partecipante successivamente alla stipula del contratto. I professionisti inoltre convengono di non alienare a terzi la proprietà dei beni conferiti in comune godimento per tutta la durata del contratto, prevedendo un opzione per riacquistare la piena proprietà del bene a titolo gratuito.

Ciascun partecipante infine contribuirà alla spese necessarie per l’impiego e la manutenzione dell’efficienza dei beni e qualora dette spese siano sostenute da un solo contraente, questi avrà diritto al rimborso da parte dell’altro in ragione della quota di partecipazione alla comunione, con regolare fattura soggetta ad I.V.A. ad aliquota ordinaria.

b) DIVISIONE SPESE COMUNI TRA PROFESSIONISTI

Il dottor “A” che ha già stipulato a suo tempo i seguenti contratti:

1) locazione di studio professionale;

2) utenza telefonica;

3) somministrazione energia elettrica ed acqua;

4) contratti d’opera intellettuale (commercialista, consulente del lavoro, chirurgo maxilofacciale);

5) contratto assistenza e manutenzione ascensore;

6) contratto assistenza e manutenzione hardware e software;

7) contratti di lavoro con il personale dipendente

si obbliga a consentire che i servizi resi in esecuzione dei suddetti contratti siano utilizzati anche dalla professionista “B”, secondo le esigenze dell’attività professionale da ciascuno di essi esercitata.

Le spese relative ai servizi inerenti i contratti saranno sostenute secondo le quote di partecipazione alla comunione d’uso dei beni mobili strumentali oppure in altra misura stabilita di comune accordo tra le parti. Il professionista “A” intestatario dei contratti provvederà ad emettere fattura soggetta ad I.V.A. ad aliquota ordinaria all’altra professionista “B” non intestataria.

DOMANDE:

Si chiede:

a) si ritiene lecito stipulare il contratto come definito più sopra (in sostanza si fornisce la struttura completa di beni, servizi e personale) ?

b) di analizzare il trattamento ai fini I.V.A. per i professionisti “A” e “B” (vedasi C.M. 5/11/2002 n. 346/E) e confermare inoltre se le somme rimborsare dagli utilizzatori comportano una riclassificazione in diminuzione del costo sostenuto dal professionista intestatario dell’utenza come chiarito dalla C.M. 18/06/2001 n. 58/E ?

c) di analizzare il trattamento ai fini dell’eventuale IMPOSTA DI REGISTRO ?

d) di analizzare il trattamento ai fini delle IMPOSTE DIRETTE per i professionisti “A” e “B” e confermare che nella fattispecie è da escludere la presenza di un contratto di locazione, ritenendo che tali fattispecie realizzi più propriamente una prestazione di servizi generica che ai fini delle disposizioni sui redditi concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo a titolo di “RIMBORSO SPESE”, come chiarito dalla C.M. 12/E/2007 ?

e) potrebbe l’amministrazione finanziaria considerare la fornitura di prestazione di servizi complessa un’attività d’impresa e non un mero rimborso spese del lavoro autonomo, considerando il professionista anche imprenditore con tutte le conseguenze del caso ?

f) il prestito di personale dipendente così configurato potrebbe essere contestato in caso di controlli da parte degli ispettori del lavoro per la violazione delle normative giuslavoristiche ?

Risposta

Accanto alle ipotesi classiche di associazioni fra professionisti, vi è la c.d. “comunione d’uso”. Tale forma di esercizio della professione si verifica nel caso in cui più professionisti ripartiscono solo le spese e usano i beni in comune.

Il reddito che si determina in capo ai singoli professionisti rimane reddito di lavoro autonomo.

Nella prassi, si possono verificare le seguenti situazioni:

1. stipula dei contratti individualmente.

2. cointestazione dei contratti.

Dal punto di vista fiscale, le predette modalità operative si differenziano per i diversi risvolti in materia di riaddebito dei costi ai fini IVA.( Circolare Agenzia delle entrate n 58/E del 12.06.01).

Nel primo caso (stipula dei contratti individualmente), i singoli professionisti utilizzano servizi relativi a contratti stipulati individualmente (ad esempio, due professionisti che stipulano, uno il contratto di locazione dei locali e l'altro quello dei servizi telefonici).

Pertanto, il professionista intestatario delle forniture di servizi dovrà poi ripartire tali spese, pro-quota, tra gli altri professionisti. In tal caso, il riaddebito di spese dovrà avvenire attraverso l'emissione di una fattura da assoggettare ad IVA.

Essa costituisce una componente di reddito in capo al professionista che la emetterà (reddito che però risulterà del pari annullato per effetto del preventivo sostenimento del costo da parte di quello stesso professionista, quindi senza svantaggi fiscali a carico dello stesso).

Nel secondo caso (cointestazione dei contratti), i professionisti si intestano tutti i contratti nonché i beni strumentali.

Ogni professionista, pertanto, detrae la propria quota di spesa (e di IVA), senza che ci sia alcuna fatturazione tra i professionisti stessi.

Il distacco si realizza quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.

Il lavoratore può svolgere la sua prestazione presso il distaccatario anche solo parzialmente, continuando a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione.

Il distacco è ammesso anche per i lavoratori a termine, nel rispetto dei limiti di validità del rapporto (Risposta Interpello Min. Lav. 12 aprile 2005 prot. n. 387).

In generale il distacco è considerato legittimo, a condizione che sussista l’interesse del datore di lavoro distaccante e che il lavoratore sia messo temporaneamente a disposizione del distacccatario. Non è richiesto il consenso del prestatore di lavoro ( Circ. Min Lav. 24 giugno 2005 n. 28).

Il concetto di temporaneità coincide con quello di non definitività, indipendentemente dall’entità della durata del periodo distacco. Resta fermo che la durata deve funzionale alla persistenza dell’interesse del distaccante.

Nel caso descritto abbiamo un professionista mette a disposizione le prestazione di un proprio dipendente anche a favore di altri professionisti, a parere dello scrivente l’unico istituto utilizzabile è il distacco.

Occorre precisare che il riaddebito, nel caso di distacco o prestiti del personale dipendente, non è rilevante ai fini Iva a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo (retribuzione, oneri sociali). (Art. 8, comma 35, L.11.03.1988 n. 67 e Cassazione 6.3.96 n.1788, si vedano anche le risoluzioni dell’Agenzia delle entrate n.152 del 5.6.1995 e n.346 del 5.11.2002).

Pertanto il riaddebito del costo del personale non è rilevante ai fini IVA, a seguito del rimborso delle retribuzione e dei contributi sociali sarà emessa una ricevuta da parte del titolare del rapporto di lavoro.

Infine per quanto riguarda l’imposta di registro dato che i professionisti intendono solo ripartire delle spese e usare dei beni in comune non è necessario stipulare alcun atto societario, poiché ogni professionista esercita individualmente la propria attività si dovrà procedere alla registrazione solo in caso d’uso o volontariamente.C