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Part - time con elasticita' da controllare

Nel part-time con l'apposizione delle clausole elastiche, va posta attenzione alla troppa flessibilità del datore di lavoro.


Per il datore di lavoro, tenere solo conto delle concrete modalità di organizzazione del lavoro, potrebbe far ritenere illegittime le clausole elastiche concordate con il lavoratore nella stipula del contratto part-time o apposte successivamente. Questo non comporta, però, l'illegittimità del part-time e nemmeno una sua trasformazione in un contratto a tempo pieno.



La Corte
di Cassazione (sentenza n. 1721/09) ha esaminato l'eccesso di disponibilità del datore di lavoro all'imposizione delle clausole flessibili ed elastiche nel rapporto a tempo parziale. La questione riguardava la determinazione dell'orario concordato nel contratto per il quale va definita la precisa collocazione nell'arco della giornata e (nel caso di prestazione solo in alcuni giorni) l'indicazione delle giornate e dei mesi.



L'apposizione della clausola flessibile permette al datore di lavoro di variare la collocazione temporale dell'orario di lavoro rispetto a quella contrattualmente stabilita, mentre grazie alla clausola elastica la prestazione lavorativa può essere variata in aumento. Tale clausola si differenzia dalla clausola flessibile perché non riguarda semplicemente la collocazione del monte ore concordato, ma attiene alla possibilità di ampliare il numero di ore concordato.



Il principio applicato dalla Corte ha ritenuto nulla la clausola elastica in quanto autorizzava il datore di lavoro alla massima flessibilità nella distribuzione dell'orario, con una variabile incontrollabile e indefinibile che non consentiva al lavoratore di programmare la propria vita privata per conciliarla a quella lavorativa.



La disponibilità del lavoratore alla chiamata, pur non essendo equiparata al lavoro effettivo, dava diritto all'integrazione economica. Questo senza inficiare la validità del contratto part-time e senza comportare una trasformazione dello stesso a tempo pieno.



Incombe sul lavoratore dimostrare la maggior penosità ed onerosità della prestazione effettuata in ragione della massima disponibilità richiesta ed accordata, della sua messa a disposizione delle energie lavorative per un tempo maggiore di quello effettivamente lavorato. Il datore, da parte sua, potrà contestare i fatti adotti dalla controparte e dimostrarne l'infondatezza. In tutta la valutazione generale rilevano le difficoltà di programmazione di altre attività da parte del lavoratore, l'esistenza e la durata di un termine di preavviso di chiamata al lavoro e la percentuale delle prestazioni rese "a comando" rispetto al totale del tempo lavorato.