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Il linguaggio della kabalah: il tetragrammaton

08/01/2010 Milano

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3.4 - Il linguaggio della Kabalah: il Tetragrammaton L'aver posto l'accento sulla Kabalah come sistema misterico-iniziatico, rende necessario scoprire la chiave del linguaggio utilizzato, capire quale sia il metodo di trasmissione che utilizza; ma soprattutto quale sia l'ipotesi che accomuna i prime due aspetti.

Per quanto attiene al primo aspetto possiamo subito rilevare che la Kabalah implica un linguaggio di tipo simbolico che, peraltro, è già insito nell'alfabeto ebraico: ne consegue che i Tarocchi sono essi stessi espressione di un simbolismo alfabetico-numerico-concettuale. Nelle 22 lettere dell'alfabeto ebraico (gli Arcani Maggiori dei Tarocchi), è compreso tutto il cosmo: non solo l'uomo, ma anche il mondo e il tempo
************** Osserva J. Abelson che questo assoggettamento delle lettere ad una dottrina derivava dalla teosofia. Questo fenomeno aveva avuto luogo già in epoca sumerica (e non semitica come sostiene l'A.) per passare nella dottrina greca delle tre sostanze primordiali. Si veda quanto spiegato in precedenza sulla distinzioni delle lettere ebraiche. Il Waite scriveva: "I veri Tarocchi sono puro simbolismo. Non parlano altra lingua e non offrono altri segni. Chiarito l'intrinseco significato dei simboli, avremo una specie di alfabeto capace di infinite combinazioni e perfettamente comprensibile". Egli, tuttavia, contestava ai suoi predecessori sia il metodo di approccio che le conclusioni: essi, infatti, pur utilizzando il metodo del "...simbolismo come chiave di lettura ne avevano fatte... ...letture simboliche errate..." il che li aveva portati a scrivere "...libri che raccontavano una storia non vera...". Non sembra fuori di luogo osservare che, solo a partire dal XVIII sec. i mazzi di Tarocchi cominciarono a mostrare, oltre ai consueti simboli, anche lettere ebraiche, il che confermerebbe l'osservazione del Waite. **************
La spiegazione di come ciò sia possibile, anticipata da Levi e perfezionata da Papus, si riallaccia alle dottrine teosofiche riprodotte nel Tetragrammaton e connesse alla composizione ed alla lettura del nome di Dio.
************** "Quando il sommo sacerdote di Israele cessò di esistere... ...quando l'Arca andò perduta... ...il Tempio distrutto, alcuni saggi studiosi della Cabala... ...trascrissero o, meglio, raffigurarono i misteri dapprima su avorio, pergamena o su pelli dorate e argentate e, in seguito su semplici carte. Da queste hanno avuto origine i tarocchi, la cui remota ascendenza fu chiara a Court de Gebelin attraverso i geroglifici e i numeri e il cui studio tenne impegnata la mente sagace e la paziente ricerca di Etteila." **************
In ebraico la parola "Dio" venne individuata in un suono di quattro consonanti: Jod, He, Vau, He da cui la traslitterazione ha derivato Jeve-Javeh, Jeovah-Jehowa e simili. È appunto questo gruppo di lettere che nel Talmud assume il nome di Tetragramma o Tetragrammaton.
************** Le parole Jeve, jahveh, Jehovah, Jehowa sono tratte dal testo biblico dove la parola suona "èhèyèh" (= io sono: Esodo 3,14), oppure "èhèyèh àshèr èhèyèh" (= io sono ciò che sono). Essa riproduce la formulazione egiziana del "Libro dei Morti". Nello "Zohar" il termine utilizzato è quello di "àshèr èhèyèh" (= io sono questo: Zohar, 3,65) ovvero semplicemente "jahveh" (= colui che è). Secondo F. Barbiero ("La Bibbia senza segreti", Milano, pp. 149 ss.) il termine è sinonimo di "Giustizia" ed il concetto si basa sui versetti del Genesi 12,1; 31,53; 32,10 e 48,15. Nella letteratura rabbinica corrisponde all'attributo "giustizia di Elohim".
In linea di massima la parola definisce la "divinità". Interessante l'interpretazione che ne dà E. Schuré (op. cit., pp. 138 ss.) secondo il quale il termine è composto dal prefisso jod e dal nome di Eva e cioè he, vau, he). Per le interpretazioni datene dall'esoterismo gnostico si veda M. Heindel, op. cit. pp. 34 ss., 388 ss.
Quanto al Tetragrammaton Papus sapeva perfettamente che l'idea di una tale combinazione non era né nuova né recente: già nel Talmud si afferma che il Tetragrammaton è "...la chiave della rivelazione" (si pensi all'egw eimi o wn della LXX). Il termine deriva dal greco tettara grammata (= tettara grammata) e significa "[parola di] quattro lettere". Nel tetragramma YOD, che è l'unità elementare dell'alfabeto ebraico e che è contenuta in tutte le altre lettere, rappresenta il principio di tutte le cose (è quindi anche il simbolo dell'ego, il principio attivo e creatore). HE rappresenta il principio passivo, la sostanza, il non ego ed è contrapposta alla YOD. VAU, che lega le prime due, costituisce l'essenza della trinità e l'Essere completo: essere, non essere, affinità. **************
Inoltre la Torah (la "legge" per antonomasia) proibiva di pronunciare il nome di Dio: il comandamento aveva una spiegazione semantica ed una pseudo-religiosa ma sarebbe corretto dire ermetica. Sotto l'aspetto semantico il divieto corrispondeva alla pratica impossibilità di conoscere l'esatta pronuncia. Come ci rivela la letteratura Talmudica esistono notevoli incertezze sulla stessa composizione quantitativa del nome di Dio (103) .

Ben più interessante è l'aspetto ermetico; qui il divieto ha il senso di provocare il rispetto del "segreto" iniziatico. Esso previene il pericolo che può derivare dall'impossessamento del segreto secondo la massima magico-esoterica per la quale conoscere il nome è possedere. Mi sembra di tutta evidenza che, per tale via, il Talmud introduca al problema dell'iniziazione ed alla conoscenza iniziatica.
************** È affermato infatti "...che il nome... ...può essere confidato solo a chi è modesto (Zenûà) e mansueto, di mezza età, non facilmente provocabile all'ira, temperato e libero da sentimenti di vendetta. Colui che lo comprende, che è cauto nell'adoperarlo e lo conserva in purezza è amato in alto e prediletto quaggiù:... ...è erede di due mondi - questo mondo e il mondo che verrà". Cit. in Abelson, op. e loc. cit. È questo il motivo per il quale Mosè chiede al Roveto ardente "chi sei?". La risposta è evidentemente allusiva e, al tempo stesso, elusiva perché suona: "sono chi sono" oppure "sono colui che è", mentre il senso ermetico è un altro. Nel Talmud si legge che il nome "...può essere confidato solo a chi è modesto (Zenûà) e mansueto, di mezza età, non facilmente provocabile all'ira, temprato e libero da sentimenti di vendetta... ...cauto nell'adoperarlo e lo conserva in purezza" **************
Il Tetragrammaton è espressione resa in un linguaggio che è, al tempo stesso, alfabetico, numerico e concettuale. Le 22 lettere dell'alfabeto ebraico erano usate sia nell'accezione fonetica che in quella mistica come espressione della verità delle scritture. Ma viene usato anche come sistema numerico a base "d i e c i" ma il cui complesso fornisce le "vie della segreta saggezza" a queste tre chiavi di lettura devono aggiungersi le variabili costituite dalla intonazione e dalle altezze sonore proprie di quella pronuncia; il suo vero significato solo gli iniziati così che l'essenza del divino restava nota solo a Dio Creatore (Logos = Logos): Infatti le consonanti del tetragramma non sono accompagnate da vocali per cui le combinazioni delle stesse con tutte le possibili vocali con le permutazioni, i possibili raddoppiamenti, danno luogo ad una serie di combinazioni altissima che diviene infinita ove si tenga conto anche delle variazioni fonetiche delle frequenze sonore [N.d.A.]. Il che non significa assoluta inconoscibilità, ma implica l'applicazione dell'antico principio esoterico della conoscenza per iniziazione e la fusione dell'ego individuale con la divinità.

Un processo analogo caratterizza la formazione dei Tarocchi dove il Tetragrammaton, identificato con l'A Zoth degli alchimisti e con l'egizio Thoth, è la chiave di lettura di quello che i cabalisti chiamano Taro.
************** Azoto alchemico, diverso e da non confondere con l'elemento chimico che, tra l'altro, ha una diversa derivazione etimologica. Infatti il termine A-zoth è un acrostico formato dalle lettere greche: A, Z, O[mega], Th[eta] (cioè il Tau dell'Ankh). Azoto alchemico, opposto all'azoto chimico: infatti è elemento vitale quando è fecondato dallo zolfo alchemico. Corrisponde al mondo intellettuale rivelatosi ad Adamo con il frutto dell'albero: in conseguenza di ciò lui ed i suoi discendenti rimasero presi dal vortice del libero arbitrio che li poteva precipitare [si veda l'immagine di Tifone riprodotta nella "Ruota di fortuna"] o elevare [si veda l'immagine di Hermanubis nella stessa carta]. Nel significato chimico parola significa "senza vita", dal greco a (= privativa) e zwos (= vita).
Come abbiamo visto dal Taro si è fatto derivare il termine "Tarocco". In effetti il Taro di cui si parla è un anagramma della parola "Rota" o "Rosa" che, nel linguaggio dell'ermetismo alchemico, identifica l'"Azot" o, se si preferisce, il "Tetragrammaton".
**************
Il taro era rappresentato graficamente come risulta dalla figura che segue:
Figura 1 - La "Rota" o "Taro" immagine dell'Azot e del Tetragrammaton

Cartomanti e cabalisti fecero coincidere, con ognuna delle lettere del Tetragramma, un seme ed alcune carte degli arcani minori.

Per un ulteriore approfondimento debbo premettere, innanzitutto, che la letteratura rabbinica del I e II sec. accentua in senso misterico ed iniziatico della lettura della Torah. J. Abelson ne cita numerosi esempi tra i quali: "È vietato spiegare i primi capitoli della Genesi a due persone, ma è solo permesso spiegarli ad una e direttamente. È proibito spiegare la Merkabàh anche a una solo persona direttamente, a meno che non si tratti di un saggio..."; e ancora: "...È permesso divulgare [a una persona nel caso della Genesi] le prime parole dei capitoli..." ed il rabbino Zeera afferma "...Non possiamo divulgare nemmeno le prime parole dei capitoli [né della Genesi né di Ezechiele] a meno che non si tratti di un capo del Beth Din [= casa del giudizio], o di uno che abbia il cuore temperato dall'età o dalla responsabilità...".

Qui vale, ancora una volta, il discorso della serendipità, perché rabbini e cabalisti pervennero a conclusioni valide nonostante un grossolano errore di partenza. Essi, in altri termini dimenticarono che il Testo Biblico e cioè il Pentateuco che costituisce la Torah, non era scritto in Ebraico né siamo in grado di dire in quale o quali lingue fosse redatto: essi, in effetti lo leggevano nella trascrizione Mesoretica del IV sec. a.C.. L'ebraico di cui si parla era una struttura artificiale di tipo jeratico che non trovava corrispondenza nella lingua parlata. A partire dal VI sec. a.C. (cioè a partire dalla cattività Babilonese) ed almeno fino al 70 d.C. la lingua corrente era l'aramaico; prima ancora gli israeliti parlavano il cananeo (una lingua imparentata con le lingue del gruppo semitico del nord) con l'aggiunta di varianti egizie, fenice, assire, babilonesi. Con le influenze, cioè, di tutte le parlate con le quali gli israeliti erano venuti a contatto nel composito e mutevole mondo mediorientale dell'epoca. Più indietro ancora nel tempo era stato usato l'egiziano e, all'epoca di Abramo, probabilmente il Mitanno o l'eblaitico o altra lingua comune dell'Elam. Quanto alla scrittura si può, con sufficiente approssimazione ritenere che fosse stata utilizzata quella sinaitica o, addirittura il pre-sinaitico della quale sono state trovate recentemente tracce documentali.

Pur non potendo percorrere le tappe della formazione del testo biblico, possiamo comunque affermare che, per evidenti motivi di ordine religioso, rabbini e cabalisti non utilizzarono mai il testo greco della LXX.

Si servirono di un testo (quello mesoretico, appunto), formatosi forse tra il X e l'VIII sec. a.C. nel Monastero di Silo, in epoca monarchica, da traduzioni che non si sa assolutamente quando erano state effettuate, né da quali originali. Sostanzialmente sembra che fosse stata eseguita un'operazione analoga a quella che, oltre due millenni dopo, venne proposta da Fabre d'Olivet nell'opera "La langue Hébraique restituée".

Ai cabalisti ed ai rabbini sfuggì quindi completamente quel lavorio che si era andato costituendo intorno alla LXX prima ed alla "Vulgata" poi.



Indirizzo: Via A. Lamarmora 31 Milano
Data Inizio: 08/01/2010
Data Fine: 08/01/2012
Frequenza evento: Tutti i giorni