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Quando bere latte è un problema: intolleranza al lattosio ?
L'intolleranza al lattosio, diffusa soprattutto al Sud, può colpire sin da piccoli. Ecco come riconoscerla e curarla
A soffrirne, in Italia, sarebbe tra il 15 e il 50 per cento della popolazione adulta, percentuale che tocca i massimi livelli al Sud del Paese. Si tratta dell'intolleranza al latte o, più precisamente, al lattosio: un disturbo spesso sottovalutato, soprattutto quando i sintomi, di per sé abbastanza generici (meteorismo, gonfiore intestinale, diarrea) sono di lieve entità. Benché come tutte le intolleranze sia "dose-dipendente", basta poco per innescare il disturbo, anche il cappuccino che si beve a colazione.
«L'intolleranza al lattosio - spiega la dottoressa Daniela Knafelz, del Dipartimento medico chirurgico di Epato-gastroenterologia e Nutrizione del Bambin Gesù di Roma - è l'incapacità dell'intestino a scindere lo zucchero complesso lattosio (che si trova nel latte di mucca, di capra, di asina oltre che nel latte di donna) in due zuccheri semplici, glucosio e galattosio, che sono assorbibili dall'intestino. Tale incapacità - continua la gastroenterologa - è data dalla mancanza totale o parziale di un enzima, la lattasi, che si trova a livello della superficie delle cellule che rivestono l'intestino. Se non viene digerito, il lattosio che rimane nel lume intestinale viene fatto fermentare dalla flora batterica presente nell'intestino stesso con produzione di gas e di diarrea».
Come si manifesta?
«I sintomi più comuni dell'intolleranza al lattosio sono dolori addominali di tipo crampiforme, meteorismo intestinale, diarrea. In rari casi è anche presente perdita di peso e malnutrizione. La gravità della sintomatologia dipende dalla quantità di lattosio che ogni individuo riesce a tollerare. Molto spesso i sintomi, soprattutto i dolori addominali e la diarrea, compaiono poco dopo l'assunzione di alimenti contenenti lattosio».
E' un problema molto frequente?
«Dipende: raramente si può avere un deficit congenito di lattasi, mentre più frequentemente si può assistere al progressivo declino dell'attività di questo enzima, che si manifesta con incidenza crescente dall'età prescolare a quella adulta. L'incidenza dipende anche dal gruppo etnico di appartenenza: si ha nell'80-95% dei neri e degli orientali, nel 50% dei popoli mediterranei e nel 15% nei popoli del nord Europa. Esistono anche delle forme secondarie, di solito dovute a un deterioramento della mucosa intestinale, secondario ad un processo infiammatorio o infettivo. Il problema, in questo caso, è temporaneo e dura fino a che non si sia risolta la causa primaria».
Su che cosa si basa la diagnosi?
«Molto spesso per porre la diagnosi di intolleranza al lattosio è già sufficiente una storia clinica accurata che mette in evidenza un rapporto di causa-effetto tra assunzione di lattosio e comparsa dei sintomi. Nei casi dubbi, il test che permette di fare una diagnosi certa è il "breath test" al lattosio, esame di semplice esecuzione che si può effettuare in regime di day hospital. Consiste nel far soffiare il paziente, a digiuno, dentro un speciale palloncino; poi gli si fa bere una quantità definita di lattosio, calcolata in rapporto al peso. Quindi il paziente dovrà soffiare, sempre dentro il palloncino, ogni 30 minuti per le tre ore successive. Il respiro così raccolto viene esaminato da una macchina che valuta il contenuto di idrogeno proveniente dalla fermentazione del lattosio non digerito che rimane nel lume intestinale. Se nel respiro raccolto dopo l'assunzione di lattosio il contenuto di idrogeno è molto superiore a quello presente nel respiro raccolto prima di aver bevuto il lattosio, vuol dire che il paziente è intollerante al lattosio. In questo caso nelle ore successive al test si potranno osservare dolori addominali transitori e alcune scariche di diarrea che confermano la diagnosi».
Come si cura l'intolleranza al lattosio?
«Il trattamento consiste in una dieta che escluda cibi contenenti lattosio e quindi principalmente latte vaccino, latte di capra, latticini freschi, gelati, panna e molti dolci e biscotti contenenti latte. Bisogna stare molto attenti alle fonti "nascoste" di lattosio in quanto tale sostanza è usata frequentemente come additivo soprattutto nel prosciutto cotto, nelle salcicce e negli insaccati in genere. Anche molti cibi precotti e alcuni tipi di pane in cassetta possono contenere lattosio. Il consiglio migliore, quindi, è quello di leggere sempre bene le etichette. Di solito, comunque, è consigliabile evitare di assumere all'inizio della dieta anche piccoli quantitativi di lattosio per verificare la scomparsa dei sintomi».
Si può guarire?
«Una volta stabilito che effettivamente tutti i disturbi presenti sono scomparsi con l'eliminazione del lattosio dalla dieta, ogni individuo può provare ad assumere dosi sempre crescenti di lattosio per verificare il limite della propria tolleranza. Molto spesso, infatti, il deficit di lattasi è solo parziale e la quantità di lattosio tollerata non solo varia da individuo ad individuo ma in una stessa persona può pure modificarsi nel tempo».
I formaggi
Avere l'intolleranza al lattosio non vuol dire necessariamente rinunciare a tutti gli alimenti che contengono latte. Tranne nella fase iniziale, infatti, quando è opportuno evitare ogni fonte - anche occulta - di lattosio, per appurare il grado d'intolleranza, è possibile introdurre poco per volta piccole dosi di latte e suoi derivati. Per far questo è bene conoscere la quantità di lattosio presente negli alimenti. Non tutti i formaggi, per esempio, contengono la stessa quantità dello zucchero. Quelli a pasta dura, poiché durante la stagionatura il lattosio fermenta, praticamente non
ne contengono. Nei formaggi a pasta molle e semidura sono presenti solo tracce di lattosio non fermentato. Anche lo yogurt e il latte acidulato, se consumati in quantità moderate, sono di norma ben tollerati perché il lattosio in essi contenuto è eliminato dai batteri dell'acido lattico (ma 100 grammi contengono 4-5 grammi di lattosio). Discorso diverso per i formaggi freschi, come Quark, Blanc battu,cottage cheese, ricotta,feta e mozzarella: ogni 100 grammi se ne trovano 3-4 di lattosio e da 100 a 500 mg di calcio. Nel latte intero,scremato e parzialmente scremato, la quantità di lattosio per 100 ml si aggira invece intorno a 4,8 grammi.
Allergie alimentari e intolleranze
Allergie e intolleranze: due disturbi apparentemente uguali, spesso confuse a causa di alcuni sintomi per certi versi sovrapponibili, ma con caratteristiche ben distinte. Ecco le differenze.
L'allergia alimentare rappresenta l'effetto che hanno sul nostro organismo le sostanze contenute nei cibi che fanno parte della nostra dieta abituale. Parlare di allergia significa fare riferimento a una sintomatologia scatenata entro pochi minuti dall'assunzione di un determinato alimento o gruppo di alimenti (da 2-3 minuti a 30-120 minuti), che mette in azione il nostro sistema immunitario.
L'allergia alimentare, quindi, è mediata immunologicamente e i sintomi sono scatenati dall'assunzione anche di piccole quantità dell'alimento responsabile.
L'intolleranza alimentare, invece, agisce in relazione alla quantità di alimenti non tollerati, ingeriti e con un fenomeno di accumulo di cosiddette "tossine" nell'organismo, tale fenomeno determina l'insorgere di sintomi spesso sovrapponibili a quelli delle allergie, ma che se ne differenziano in quanto non interessano il sistema immunitario. Per migliorare il gusto, l'aspetto e la conservazione dei cibi, questi vengono addizionati con sostanze particolari (conservanti, coloranti, antiossidanti, sapidificanti). Le sostanze aggiunte (additivi), come pure gli alimenti stessi possono essere causa di manifestazioni a carico sia degli organi interni (per esempio a livello dell'intestino) sia della pelle.
Gli eventi organici che si verificano in seguito all'ingestione di cibi vengono generalmente definiti con il termine di "reazioni avverse agli alimenti" e comprendono tutti quegli effetti indesiderati che vengono determinati dall'assunzione di cibi, con additivi o contaminanti. L'intolleranza alimentare è sempre legata alla quantità di alimento assunto, ed è determinata da particolari molecole che sono farmacologicamente attive e che sono presenti negli alimenti, oppure per disfunzioni dell'apparato digerente a un disturbo della digestione o delle catene enzimatiche devolute all'assorbimento attivo dei principali costituenti alimentari. Negli ultimi decenni queste reazioni sono divenute via via più frequenti, anche perché molte sono state le variazioni che si sono verificate nell'ambito delle abitudini alimentari, con particolare riguardo nel mondo occidentale.