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Obeso 1 italiano su 10: e' anche questione di cervello
Milano, 12 feb . (Adnkronos/Adnkronos Salute) - L'obesità è anche una questione di testa. Ne sono convinti gli esperti che hanno contribuito alla stesura del VI rapporto sull'obesità in Italia, lo studio curato dall'Istituto auxologico italiano e presentato oggi a Milano, dal quale emerge che il 34,7% della popolazione italiana è sovrappeso, mentre il 9% deve fare i conti con le forme più gravi di obesità. Se un italiano su dieci è 'extralarge', sottolineano i ricercatori, non è solo colpa dei fattori ambientali, cattiva alimentazione e stili di vita dannosi che lasciano poco spazio all'attività fisica. L'obesità non è solo il male della modernità, degenerazione della civiltà del benessere. Il fenomeno è ben più eterogeneo: "Esistono le obesità, non l'obesità", conferma Antonio Liuzzi, primario della Divisione di endocrinologia e malattie metaboliche dell'Irccs di Piancavallo. E sempre di più si sa sulle diverse obesità che tormentano gli italiani. Moderni strumenti di indagine come la risonanza magnetica funzionale mostrano notevoli differenze nell'attività cerebrale di un obeso e di una persona 'in linea': valutando la risposta del cervello a un pasto, gli studiosi hanno scoperto che negli 'oversize' la corteccia prefrontale che domina la sazietà è maggiormente attivata. Dunque, lavora di più. L'obeso deve fare uno sforzo maggiore per sopprimere gli stimoli che inducono al consumo di cibo. Risultati che confermano come la malattia, in una non trascurabile percentuale di pazienti, sia frutto di alterazioni dei sistemi di neurotrasmissione. Gli studiosi stanno valutando anche l'interazione degli oppioidi e dei cannabinoidi con i circuiti cerebrali che generano piacere e dipendenza: negli obesi i cosiddetti 'endocannabinoidi' risultano infatti iperattivi e una terapia neurofarmacologica che punti a regolare questo sistema lascia prevedere buoni risultati. I nemici degli obesi dunque non sono solo i cosiddetti 'big factor', cioè alimentazione scorretta e scarsa attività fisica. Nelle cause da prendere in considerazione, per un approccio integrato a questa patologia, ci sono anche i meccanismi che portano all'accumulo di grasso e le sostanze che regolano la sensazione della fame e della sazietà. In altre parole, da un lato il metabolismo viene influenzato da processi neurofisiologici e dall'altro la condizione di obesità può alterare i processi che interessano le regolazioni neurologiche. Gli studi più recenti dimostrano che il tessuto adiposo ha un'attività neuroendocrina, capace di interferire con il normale funzionamento dell'organismo. Perché l'obesità, spiega Liuzzi, "è una malattia insita nel patrimonio genetico dell'uomo, non solo un episodio della storia della specie, legato alla società dei consumi". Ed è proprio al complesso rapporto fra cervello e obesità che è dedicato il rapporto biennale curato dall'Istituto auxologico italiano. Un'opera maxima, frutto del lavoro di 43 ricercatori di varie specialità, che, spiega Alberto Zanchetti, direttore scientifico dell'Istituto, "approfondisce l'interazione fra gli aspetti clinici, terapeutici e sociali della malattia". Obiettivo: fare il punto sulle più recenti scoperte e sullo stato di avanzamento delle terapie, con particolare attenzione all'aspetto neurofarmacologico. In futuro potrebbero essere individuati 'cocktail di farmaci' personalizzati, sempre meno dannosi e in grado di curare anche i disturbi connessi all'obesità. L'attesa degli esperti si concentra adesso su un farmaco approvato in altri Paesi, che sarà disponibile a breve anche in Italia: il rimonabant, antagonista del recettore dei cannabinoidi di tipo 1, inizialmente utilizzato per smettere di fumare e oggi indicato nella terapia dell'obesità.