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La crisi scagiona la societa' di comodo


La Crisi economica sembra introdurre nuovi parametri, attenuando quelli precedenti.Infatti la valutazione delle sfavorevoli condizioni, congiunturali e strutturali, che colpiscono l'economia, paiono funzionare anche come validi criteri posti a "scriminante" dell'imprenditore, se questi dimostra di non essere stato in grado di produrre reddito, nonostante la presenza di beni patrimoniali e altre voci positive di bilancio.Resta infine da considerare il fatto che, se da un lato,tali criteri di ragionevole benevolenza aprono uno spiraglio sulla cris d'impresa, dall'altro, come è facile prevedere, non debbono trasformarsi in comode scorciatorie che, in tempi non lontani, hanno reso assai deprecabili alcune "pratiche" da "furbetti del quartierino".


La società che non ha prodotto reddito a causa della crisi non è di comodo. A maggior ragione se i beni patrimoniali, in una normale situazione economica, sarebbero stati finalizzati alla produzione di introiti. È quanto emerge dalla sentenza 54/01/12 della Ctr Friuli Venezia Giulia.
La sentenza trae origine da un interpello disapplicativo del regime sulle società di comodo, presentata da un'impresa tessile. Dopo una prima sensibile riduzione della produzione, dovuta alla crisi del settore, l'azienda aveva deciso, per la chiusura di alcuni reparti, di porre in mobilità la forza lavoro e di concedere in uso a un'altra impresa macchinari, impianti e immobili industriali. Il contratto dell'originaria durata triennale si era concluso anticipatamente a causa dell'aggravamento della crisi del settore. La società era stata poi incorporata nel 2009.
La contribuente aveva presentato l'interpello per gli anni 2007 e 2008 ma il fisco aveva rigettato l'istanza per insufficiente prova delle circostanze che avevano reso impossibile il raggiungimento del reddito minimo previsto. Ne è scaturito così un avviso di accertamento che è stato impugnato dalla società e integralmente accolto dai giudici di primo grado. La decisione è stata poi appellata dall'amministrazione finanziaria che, chiedendo la riforma della sentenza, ha ribadito l'assenza di prove a sostegno dell'impossibilità di conseguire reddito a causa della crisi.
La Ctr ha rilevato che - ai sensi dell'ultima parte dell'articolo 115 del Codice di procedura civile - il giudice può porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza senza bisogno di prova.
A parere del collegio, la circostanza che il settore tessile nazionale fosse in crisi era da considerare certa sia per diffusività che per oggettività, senza necessità di ulteriori elementi a sostegno. In particolare, era un dato di fatto la presenza della maggiore competitività delle produzioni asiatiche, alla base probabilmente della crisi nazionale. Inoltre, dai verbali del consiglio di amministrazione, si evinceva già l'intenzione di dare corso a un piano di ristrutturazione per affrontare le difficoltà economiche, sempre più consistenti.
La disciplina delle società di comodo – a parere dei giudici di secondo grado - è nata per penalizzare, sul piano tributario, le società che, al di là dell'oggetto sociale dichiarato, vengono costituite al solo fine di amministrare patrimoni personali dei soci. Nel caso oggetto della controversia, l'insieme di tutti gli elementi dimostravano chiaramente che non si era in presenza di una società schermo, bensì di un'azienda che era impossibilitata a produrre reddito.
La pronuncia può essere vista anche nella prospettiva delle società in perdita sistematica. La legge di conversione del Dl 138/2011 ha, infatti, aggiunto le società in perdita fiscale per tre esercizi consecutivi tra quelle considerate non operative. La disposizione, in effetti, in questo periodo di crisi economica rischia di penalizzare tante società realmente in difficoltà. La giurisprudenza (per esempio Ctp Udine 41/02/2012 e Ctr Lombardia 170/28/11) sta, invece, confermando che vale di più la sostanza al mero dato numerico. Pertanto, quando una società riesce a dimostrare che la propria struttura è nata al fine di svolgere un'attività produttiva, è verosimile ritenere che possa superare la presunzione di non operatività, anche se non raggiunge i dati previsti dalla disposizione.