Comunicati Stampa
Il reato di ingiuria
Sia l’ingiuria che la diffamazione, quest’ultima contemplata dall’ art. 595 c.p. , consistono in manifestazioni del pensiero. In particolare, secondo quanto stabilito dall’ art. 594 c.p. , l’ingiuria consiste nell’offesa all’onore ed al decoro di una persona “presente”.
E’ discusso se si tratti di reato di danno o di pericolo in quanto, trattandosi di una fattispecie che lede l’onore, non è semplice stabilire quando si verifichi un danno effettivo o solo potenziale: l’orientamento dominante ritiene essere in presenza di un reato di pericolo , posto che non si richiede che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente offeso nell’onore per la consumazione del reato.
All’interno dell’ art. 594 c.p. , l’onore viene distinto dal decoro, con la conseguenza che deve ritenersi che la prima espressione sia intesa in senso stretto, ovvero come indicativa delle sole qualità morali. Il decoro, invece, va riferito alle altre qualità e condizioni che concorrono a costituire il valore sociale dell’individuo (ANTOLISEI, 2003, 200).
A causa della estrema variabilità dei concetti di onore e di decoro, la linea di confine tra il penalmente illecito e ciò che non è tale, come, ad esempio, una mera scortesia o impertinenza, è spesso molto sottile, rimanendo affidata al saggio apprezzamento del giudice, il quale deve valutare tutte le circostanze del caso concreto.
Secondo quanto stabilito dall’ art. 597 c.p. , l’ingiuria è perseguibile a querela di parte. Se la persona offesa decede prima della presentazione della querela, questa può essere proposta da un prossimo congiunto, o dal suo adottante o adottato, sempre che non sia decorso il termine di tre mesi dal giorno in cui il defunto aveva avuto notizia del fatto che costituisce reato.
La fattispecie protegge il bene giuridico dell’ onore , inteso come insieme dei valori originari propri della persona, contro uno specifico tipo di aggressione; viene incriminato l’attacco diretto alla dignità sociale che cade sotto la percezione della persona offesa.
In materia di tutela penale dell'onore, al fine di accertare se sia stato leso il bene giuridico tutelato dalla norma, occorre fare riferimento a un criterio di media convenzionale , in rapporto alla personalità dell'offeso e dell'offensore, unitamente al contesto nel quale la frase ingiuriosa sia stata esternata e alla coscienza sociale.
A tal proposito, è bene sottolineare come esistano sempre un onore ed un decoro “minimo”, comune a tutte le persone per il solo fatto di essere tali, trattandosi di una esigenza della moderna civiltà.
Il soggetto attivo può essere chiunque, trattandosi di reato comune che può essere commesso contro qualsiasi persona indipendentemente dalle qualifiche e condizioni soggettive possedute.
Per quanto riguarda il soggetto passivo, un primo orientamento non esisterebbero, nel sistema codicistico, sufficienti punti di riferimento per comprovare l’esistenza di un onore collettivo, evidenziandosi come la tesi conduca ad una banalizzazione e ad una svalutazione dell’onore attributo della persona e non della personalità (FIANDACA-MUSCO, 2006, 82).
Secondo l’impostazione dominante, soprattutto giurisprudenziale, ritenuto che sussistono un onore ed un decoro collettivi, quali beni morali dei membri di una associazione od organizzazione, considerata come unitaria entità capace di percepire e patire un'offesa e d'averne un danno formalmente rilevante, un ente esponenziale rappresentativo di interessi diffusi e collettivi, può essere considerato soggetto passivo del reato di ingiuria e legittimato a reagire nelle competenti sedi giudiziarie penali e civili, qualora l'onore, il decoro e la reputazione del sodalizio e di chi vi appartiene, vengano lesi con gratuite affermazioni apodittiche dirette a negare il carattere e le finalità della comunità e, soprattutto, ad attribuire a quest'ultima istituzionali, sistematici intenti illeciti ad alta pericolosità sociale.
3. La condotta. L’offesa all’onore e al decoro di una persona