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Mosaicismo e Disomia uniparentale in diagnosi prenatale


Mosaicismo e Disomia uniparentale in diagnosi prenatale




Il mosaicismo cromosomico rappresenta uno dei principali problemi diagnostici nella determinazione del cariotipo fetale sia da villi coriali che da liquido amniotico.
Il mosaicismo fetale vero, il mosaicismo confinato alla placenta (CPM) e lo pseudomosaicismo nelle colture di liquido amniotico sono stati classificati in letteratura sulla base di situazioni osservate nella pratica di laboratorio.

Il CPM, lo pseudomosaicismo e il mosaicismo vero possono avere origine da:


un errore mitotico postzigotico precoce in un embrione diploide normale,


un fenomeno di ricostituzione della disomia da un concepimento trisomico (rescue).



Villi Coriali
Il mosaicismo può presentarsi in tre distinte situazioni:
Tipo I : l’anomalia cromosomica a mosaico risulta presente solo nel citotrofoblasto, cioè osservata nelle metafasi ottenute con il metodo diretto e non in quelle ottenute dopo coltura
Tipo II: il cariotipo anomalo a mosaico si osserva solo nella componente mesenchimale del villo, indagabile con il metodo colturale e non nel citotrofoblasto
Tipo III: la linea cellulare anomala è presente sia nel citotrofoblasto che nel mesenchima. Il riconoscimento di una condizione di mosaicismo nei villi coriali richiede generalmente una conferma nel secondo trimestre. Nel caso in cui la linea cellulare anomala sia confermata si è in presenza di un mosaicismo vero, nel caso contrario si ha un CPM o un mosaicismo a basso livello non evidenziato.
Differenze nel cariotipo delle diverse componenti dell’unità feto-placentare (citotrofoblasto, mesenchima e feto) vengono osservate nell’1-2% circa dei prelievi di villi coriali.


Liquido Amniotico
Nel caso del liquido amniotico si possono evidenziare tre livelli di mosaicismo:
I Livello : presenza di singola cellula con anomalia numerica o strutturale osservabile con una frequenza che varia dal 2.5% al 7% nelle colture di amniociti.
II Livello: due o più cellule con la stessa alterazione provenienti da una coltura in fiasca oppure singola colonia o più colonie anomale osservate in una singola coltura in situ; si è stimata una frequenza pari allo 0.7 – 1.1% per tale osservazione.
III Livello: più metafasi o colonie osservate in almeno due preparati provenienti da due colture in fiasca diverse o da due colture in situ indipendenti
I Livello e II livello sono comunemente definiti come pseudomosaicismo mentre il III Livello viene definito mosaicismo fetale vero.
La condizione di mosaicismo fetale vero osservata in prelievi di liquido amniotico è un fenomeno raro, stimato intorno al 2 per 1000, mentre lo pseudomosaicismo risulta più frequente, come ricordato prima.


Pseudomosaicismo


Il riscontro di uno o più cloni (metodo in situ) o di più cellule (metodo in fiasca) in una singola coltura di liquido amniotico con corredo cromosomico diverso da quello riscontrato nellecolonie/ cellule delle altre colture, corrisponde ad un mosaicismo di secondo livello (Gardnerand Sutherland, 1996) più comunemente definito come pseudomosaicismo.


Al fine di chiarire al meglio la condizione fetale devono essere programmate le indagini più opportune. I problemi tecnici o scientifici non devono essere riversati sulla paziente.

Il citogenetista responsabile dell’analisi ha due possibilità :


non segnalare nel referto l’osservazione del/i singolo/i clone/i (metodo in situ) o cellule (metodo in fiasca) anomalo/i/e


segnalare nel referto tale osservazione .



Nel primo caso il citogenetista arriva alla conclusione che l’osservazione tecnica non corrisponde ad un problema fetale importante e pertanto il cariotipo viene definito normale.

Nel secondo caso il citogenetista decide che l’osservazione di pseudomosaicismo sia una spia di un problema fetale effettivo e pertanto lo segnala nel referto, accompagnandolo dalle spiegazioni del caso o inviando la paziente ad un genetista esperto di diagnosi prenatale per una consulenza genetica.

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ii mosaicismi “a bassa percentuale” costituiscono uno dei limiti riconosciuti delle indagini citogenetiche prenatali; tali mosaicismi sono di difficile valutazione non solo a livello tecnico sia pre- che post-natale ma anche a livello di correlazione con il fenotipo;


dati della letteratura indicano che è possibile che i singoli cloni siano derivati da cellule della placenta e pertanto essere indice di un probabile CPM;


l’esistenza ormai comprovata della disomia uniparentale (UPD) apre la necessità di trasferire le informazioni al riguardo in diagnosi prenatale.



Disomia uniparentale in diagnosi prenatale



Con il termine disomia uniparentale (UPD) si definisce l’ ereditarietà di due cromosomi omologhi da un solo genitore ; è causata principalmente da eventi di non-disgiunzione, seguiti da m eccanismi di correzione di trisomie o monosomie . La maggioranza dei casi sembra essere associata all’età materna e può venire individuata inizialmente in forma di trisomia a mosaico durante la diagnosi prenatale, sia nel caso di prelievi di villi coriali che nel caso di prelievi di liquido amniotico. Inoltre anomalie strutturali, come le traslocazioni Robertsoniane e cromosomi marcatori soprannumerari, sembrano essere associate ad un rischio aumentato di UPD.

Indicazioni per lo studio di UPD

Condizioni di mosaicismo
In considerazione del fatto che circa l’1% dei prelievi di villi coriali e lo 0.3% circa dei prelievi di liquido amniotico presentano trisomie a mosaico, ci si trova di fronte ad un sostanziale numero di casi per i quali potrebbe essere necessario eseguire questo tipo di test.
Ogni sforzo deve essere compiuto per l’estensione dell’indagine citogenetica a più’ tessuti fetali nei casi in cui si osservi mosaicismo al fine di escludere l’evenienza di mosaicismo fetale vero.
Al momento attuale si rende necessaria l’esecuzione del test in tutti i casi in cui sia stata evidenziata la presenza di:


trisomia a mosaico per il cromosoma 15 , in quanto è stata chiaramente dimostrata la correlazione tra UPD materna e paterna e l’espressione di fenotipi patologici come la sindrome di Prader-Willi e la sindrome di Angelman.


trisomia a mosaico per i cromosomi 7,11 e 14 per la provata esistenza di regioni di questi cromosomi sottoposte al fenomeno dell’imprinting correlata alla manifestazione di fenotipi patologici.



Traslocazioni reciproche, Robertsoniane e cromosomi marcatori soprannumerari
Diversi casi di UPD coinvolgenti cromosomi acrocentrici riguardano traslocazioni Robertsoniane, sia de novo che familiari, sia non-omologhe che omologhe. Poiché correzioni del cariotipo sbilanciato sono sempre possibili, soprattutto nei casi a maggior rischio di aneuploidia, come i portatori di riarrangiamenti cromosomici, l’esecuzione del test dovrebbe essere considerata nei casi in cui sia presente una traslocazione coinvolgente i cromosomi 14 e 15, per le ragioni sopra esposte, in presenza di un cariotipo fetale sia bilanciato che normale.
Tale considerazione si deve applicare a maggior ragione nei casi in cui la traslocazione sia osservata de novo e specialmente nel caso di traslocazioni tra omologhi, che di fatto spesso sono isocromosomi.
Sporadici casi di UPD associata alla presenza di traslocazioni reciproche riportati in letteratura rendono tale indicazione puramente speculativa per l’esecuzione del test, almeno nei casi familiari.
In presenza di cromosomi marcatori soprannumerari, specialmente se identificati de novo in diagnosi prenatale, deve essere valutata l’esecuzione del test per la disomia uniparentale, soprattutto nei casi in cui si sospetta o si ha l’evidenza del coinvolgimento dei cromosomi 14 e 15