Il tumore della mammella
Il tumore della mammella è il tipo di cancro più diffuso tra la popolazione femminile (dopo i tumori della pelle). Ogni anno circa 30.000 donne scoprono di avere un cancro al seno. Queste pagine intendono aiutare le pazienti colpite da tumore della mammella e le loro famiglie e amici a saperne di più su questa malattia. Ci auguriamo che anche altre persone leggano le informazioni che seguono e ne traggano un utile insegnamento.
Nelle pagine seguenti parleremo di screening, diagnosi precoce, sintomi, diagnosi, tipi di trattamento e riabilitazione. Sono disponibili anche informazioni su come affrontare la malattia.
Il cancro della mammella nell'uomo
Il tumore della mammella colpisce nel nostro paese circa 3.000 uomini ogni anno. Nonostante queste pagine si rivolgano essenzialmente alle donne, molte delle informazioni sui sintomi, la diagnosi, il trattamento e su come convivere con la malattia sono valide anche per i lettori di sesso maschile. (Ad eccezione della sezione Diagnosi precoce . Infatti, i medici non raccomandano lo screening periodico per gli uomini).
La ricerca oncologica ha compiuto enormi progressi nella lotta contro il tumore della mammella, garantendo una più lunga sopravvivenza e una migliore qualità di vita alle pazienti. Inoltre, le conoscenze su questo tipo di tumore sono sempre più approfondite.
Ogni mammella è formata da 15-20 sezioni sovrapposte chiamate lobi . Ciascun lobo contiene numerosi piccoli lobuli terminanti in decine di minuscoli bulbi che secernono il latte al termine della gravidanza. I lobi, i lobuli e i bulbi sono collegati da sottili tubicini chiamati dotti . I dotti si diramano sino al capezzolo, situato al centro di una zona cutanea di colore scuro, l' areola . Quantità variabili di tessuto adiposo si trovano negli spazi tra i lobuli e i dotti. La mammella non contiene tessuto muscolare, ma sotto ogni seno sono presenti i muscoli pettorali che ricoprono le costole.
In ciascuna mammella si intersecano inoltre vasi sanguigni e vasi linfatici, che trasportano un fluido incolore denominato linfa . I vasi linfatici conducono a piccoli organi a forma di fagiolo, i linfonodi . Nell' ascella (sotto il braccio) sono presenti diversi aggregati di linfonodi, così come sopra la clavicola, nella zona pettorale e in molte altre parti del corpo.
Il più comune tipo di cancro della mammella ha origine nel rivestimento dei dotti ed è per questo chiamato carcinoma duttale . Il carcinoma lobulare , un'altra variante, si forma invece nei lobuli.
Quando il cancro diffonde dalla mammella, la presenza di cellule cancerose può essere rilevata nei linfonodi ascellari . Ciò rappresenta un incremento del rischio che altri organi, come ad esempio le ossa, il fegato o i polmoni, siano stati raggiunti dalle cellule neoplastiche attraverso il sistema linfatico o il circolo ematico.
Il tumore che si diffonde altrove mantiene lo stesso nome di quello originale (primitivo). Si parla in questo caso di tumore della mammella metastatico, anche se il tumore secondario si trova in un altro organo. I medici impiegano talvolta il termine "tumore a distanza".
Il rischio per una donna di essere colpita da tumore mammario aumenta con l'età. L'incidenza di questa malattia tra le donne al di sotto dei 35 anni è infatti molto bassa. Tutte le donne dai 40 anni in su corrono il rischio di sviluppare un cancro al seno, anche se la maggior parte dei casi si verifica nella popolazione femminile di età superiore ai 50 anni. Il rischio è particolarmente elevato oltre i 60 anni.
La ricerca ha dimostrato che i seguenti fattori contribuiscono ad aumentare il rischio di sviluppare la malattia:
- Anamnesi di tumore della mammella . Per le donne che hanno già avuto un cancro al seno il rischio di recidiva è maggiore.
- Modificazioni genetiche . Cambiamenti che interessano certi geni (BRCA1, BRCA2 ed altri) rendono le donne più vulnerabili al carcinoma mammario. In famiglie in cui diversi membri di sesso femminile siano stati colpiti dalla malattia, test genetici sono in grado di dimostrare se una donna ha subito specifiche modificazioni genetiche che ne accrescono la predisposizione a sviluppare il cancro. Per queste donne, i medici consiglieranno metodi per ritardare o prevenire l'insorgenza del tumore nonché controlli approfonditi per individuarne la presenza. Per ulteriori informazioni sui test genetici, leggete la pagina dedicata a Cause e Prevenzione nella sezione Le promesse della ricerca oncologica .
- Storia familiare di carcinoma mammario . Il rischio per una donna di sviluppare il cancro è maggiore se la propria madre, sorella, figlia o altri membri femminili della famiglia, ad esempio cugine, ne sono state colpite, specie se in giovane età.
- Modificazioni mammarie . Chi ha avuto una diagnosi di iperplasia atipica o di carcinoma lobulare in situ (CLIS), è maggiormente soggetta ad ammalarsi di cancro.
Altri fattori associati ad un maggior rischio di carcinoma mammario comprendono:
- Densità della mammella . Le donne di età superiore ai 45 anni per le quali la mammografia abbia evidenziato almeno un 75% di tessuto denso sono maggiormente a rischio. Una mammella densa contiene numerose ghiandole e legamenti che rendono più difficoltosa l'identificazione di un tumore; in più, lo stesso tessuto denso è associato ad un'aumentata possibilità di carcinoma mammario.
- Radioterapia . Le donne sottoposte a radiazioni durante l'infanzia, specialmente per il trattamento del morbo di Hodgkin, hanno maggiori probabilità di sviluppare un tumore della mammella nel corso della vita. Secondo alcuni studi, più bassa è l'età in cui si è ricevuta la terapia radiologica, più tale rischio aumenta.
- Gravidanze tardive . Le donne che hanno avuto figli dopo i 30 anni sono più soggette a rischio di quelle che hanno partorito in giovane età.
Altri possibili soggetti a rischio sono le donne che hanno avuto la prima mestruazione in età precoce (prima dei 12 anni), quelle in cui la menopausa si è manifestata tardivamente (dopo i 55 anni), chi non ha mai avuto figli, oppure chi si è sottoposta a terapia ormonale sostitutiva o ha fatto uso di contraccettivi orali, ad alta percentuale estrogena e bassa concentrazione progestinica, per lunghi periodi di tempo. Ognuno di questi fattori prolunga l'esposizione dell'organismo femminile all'azione degli estrogeni, incrementando il pericolo di insorgenza di tumore mammario. E' comunque importante rilevare che gli attuali contraccetivi sono a basso conenuto estrogenico e quindi sono considerati a basso rischio, ovvero non pericolosi.
Alcuni studi hanno dimostrato che la maggioranza delle donne affette da tumore al seno non presenta nessuno dei fattori di rischio illustrati sopra, ad eccezione del rischio legato all'età. Al contrario, un elevato numero di donne considerate a rischio per i suddetti motivi viene risparmiato dalla malattia. Le cause del tumore della mammella sono oggetto di approfonditi studi scientifici, svolti allo scopo di saperne di più sui fattori di rischio e sui metodi di prevenzione.
Se un tumore della mammella viene identificato e trattato precocemente, le possibilità di sopravvivenza della paziente si moltiplicano. Ogni donna può svolgere un ruolo fondamentale nella diagnosi precoce del cancro, sottoponendosi regolarmente a mammografia e a visite senologiche (presso medici specialisti). Molto importante è anche l'autoesame del seno.
La mammografia è il migliore strumento per diagnosticare precocemente un carcinoma mammario, ancora prima dell'apparizione dei sintomi. Si tratta di un particolare tipo di radiografia : le tecniche di esecuzione differiscono da quelle impiegate per le radiografie toraciche o di altre parti del corpo. La mammografia ha lo scopo di individuare alterazioni mammarie in donne asintomatiche.
Il tumore viene talvolta scoperto dalla mammografia prima che si manifestino chiari segni della sua presenza. Inoltre, questo esame può evidenziare piccoli depositi di calcio nella mammella. Sebbene la maggior parte di questi depositi sia di natura benigna, l'aggregazione di minuscoli granelli di calcio (chiamati microcalcificazioni ) può rappresentare un sintomo precoce di cancro.
La mammografia, tuttavia, presenta alcune limitazioni, trascurando talvolta di segnalare la presenza di un tumore (falso negativo) oppure indicando alterazioni che ad un esame più accurato si rivelano non essere un cancro (falso positivo). Una diagnosi precoce non implica la sopravvivenza certa della persona colpita: in alcuni casi un tumore può proliferare rapidamente e generare metastasi prima di essere scoperto.
Tuttavia, sottoporsi periodicamente a mammografia e a regolari visite senologiche sarà utile per consentire al medico di diagnosticare e curare precocemente un eventuale tumore. Secondo alcuni studi, la mammografia riduce il rischio di mortalità da cancro della mammella. Gli esperti raccomandano che sin dall'età di 40 anni ogni donna vi si sottoponga regolarmente, ad intervalli di 2 anni; però nei casi in cui vi sia della familiarità, ovvero la presenza di una parente di primo grado con storia di tumore mammario, è opportuno sottoporsi all'esame annualmente.
Parlate con il medico dei fattori che incrementano il rischio di cancro mammario. Le donne a rischio di ogni età dovrebbero informarsi su quando è opportuno iniziare e quanto spesso effettuare la mammografia ed altri tipi di esami al seno.
Alcune donne praticano ogni mese l'autoesame del seno per verificare l'esistenza di eventuali anomalie. Durante l'autopalpazione, bisogna tenere a mente che il seno è diverso da donna a donna e che molti cambiamenti sono causati dall'età, dal ciclo mestruale , da una gravidanza, dalla menopausa , dall'assunzione della pillola contraccettiva o di altri ormoni . Una certa nodosità e irregolarità delle mammelle sono normali, così come il gonfiore e la consistenza molle che si riscontrano immediatamente prima o durante il periodo mestruale. Ricordate che per le donne di oltre 40 anni l'autoesame mensile non sostituisce regolari mammografie e visite senologiche effettuate da uno specialista.
Il dolore al seno non è un sintomo di carcinoma mammario. Infatti, allo stadio iniziale il tumore può essere totalmente asintomatico. Tuttavia, nel corso del proprio sviluppo produce cambiamenti che ogni donna dovrebbe saper riconoscere:
- Una protuberanza o ispessimento nella mammella o nella zona ascellare;
- Variazioni delle dimensioni o della forma della mammella;
- Secrezione di liquido dal capezzolo , sua consistenza molle oppure retrazione;
- Rilievi o infossamenti sulla superficie della mammella (pelle "a buccia d'arancia");
- Cambiamento dell’aspetto della pelle della mammella, del capezzolo o dell’areola (arrossamento, aspetto squamoso, gonfiore) o sensazione di calore avvertita in tali zone.
Consultate il medico se notate uno di questi sintomi. Molto spesso si tratterà di un falso allarme, ma un parere professionale servirà ad individuare qualunque tipo di problema e a risolverlo nel più breve tempo possibile.
Anomalie rilevate dalla mammografia in una certa zona della mammella, un nodulo od altre modificazioni possono essere segnali della presenza di un cancro oppure di disturbi di minore importanza. Il medico cercherà di accertarne le cause attraverso una visita accurata e ponendovi domande sulla vostra storia clinica e familiare. In più, potrà prescrivervi uno degli esami descritti nelle pagine successive.
- Palpazione . Il medico appurerà la natura di un nodulo (per determinarne le dimensioni, la composizione, la mobilità) tramite un'attenta palpazione della zona interessata. I noduli benigni hanno una diversa consistenza rispetto a quelli cancerosi.
- Mammografia . La radiografia della mammella fornirà al medico importanti informazioni sul nodulo in questione. Se questo esame rivelasse una zona sospetta o poco chiara, un'ulteriore radiografia potrà rendersi necessaria.
- Ecografia . L'esame impiega onde sonore ad alta frequenza per scoprire se un nodulo è di natura solida o se contiene liquido. E' praticato spesso in associazione alla mammografia.
In base ai risultati dei suddetti esami, il medico deciderà che nessun ulteriore accertamento è necessario e non prescriverà alcun tipo di trattamento. (In tal caso, consiglierà alla paziente di ripresentarsi per regolari controlli, in modo da individuare per tempo eventuali cambiamenti).
Tuttavia, spesso è utile prelevare campioni di fluido o di tessuto per formulare una diagnosi precisa. Il medico indicherà quindi alla paziente il nominativo di un chirurgo o di un senologo a cui rivolgersi per i seguenti esami:
- Agoaspirato . Un ago sottile viene usato per prelevare un campione di fluido da un nodulo mammario: l'esame citologico rivelerà se si tratta di una cisti contenete fluido (lesione non cancerosa) o di una massa solida (lesione che potrebbe essere cancerosa oppure no). L'analisi citologica del fluido prelevato da una cisti potrebbe rivelarsi superflua.
- Agobiopsia . Tecnica particolare che permette di prelevare un campione di tessuto da un'area risultata sospetta alla mammografia ma non palpabile. Il tessuto asportato dall'agobiopsia è inviato ad un patologo per l'esame cito-istologico.
- Biopsia escissionale. Il chirurgo asporta il nodulo in parte o interamente e lo invia ad un patologo per l'esame cito-istologico.
Se gli esami dimostrano che avete il cancro, il patologo vi dirà di che tipo di tumore si tratta (se ha avuto origine in un dotto o in un lobulo) e se è invasivo (cioè se si è diffuso nel tessuto mammario circostante).
Speciali test di laboratorio forniranno all'oncologo maggiori informazioni sul tumore. Ad esempio, il test di determinazione del recettore ormonale (degli estrogeni e del progesterone ) è in grado di stabilire la sensibilità del cancro all'azione degli ormoni. Un risultato positivo implica che gli ormoni contribuiscono alla proliferazione del tumore, il quale risponderà probabilmente ad una terapia ormonale . Altri test riveleranno se la crescita del cancro avviene lentamente o in modo rapido. Il medico potrà ritenere opportune altre radiografie o esami del sangue, oltre a particolari esami ad ossa, fegato e polmoni per valutare l'esistenza di eventuali metastasi.
- Grazie alla ricerca costante di nuovi metodi terapeutici, le donne affette da tumore possono oggi più che mai contare su diverse possibilità di cura e nutrire maggiori speranze di sopravvivenza. La scelta della terapia dipende dalle dimensioni e dalla localizzazione del tumore all'interno della mammella, dai risultati degli esami praticati (compreso il test di determinazione del recettore ormonale) e dallo stadio (o estensione) della malattia. Nella pianificazione di un programma terapeutico specifico per ogni paziente, il medico terrà conto di diversi fattori, tra cui l'età, il fatto di aver avuto o meno la menopausa, le condizioni generali e le dimensioni del seno..
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- I tipi di trattamento del carcinoma mammario possono essere locali o sistemici . Le terapie locali mirano ad asportare, distruggere o controllare le cellule cancerose di una determinata zona. La chirurgia e la radioterapia sono trattamenti locali. Le terapie sistemiche distruggono o controllano le cellule cancerose diffuse in tutto l'organismo. La chemioterapia e l'endocrinoterapia sono trattamenti sistemici. Una singola paziente potrà ricevere solo una forma di trattamento o una combinazione di questi praticati uno alla volta o in successione.
L'intervento chirurgico è il trattamento più diffuso nel caso di tumore della mammella. Esistono diverse tipologie di intervento, sulle quali il medico vi fornirà ampi dettagli discutendo con voi i rischi e i benefici illustrando come ognuno di essi influirà sull'aspetto fisico della mammella. L'operazione di asportazione della mammella (o di una consistente porzione di tessuto mammario) si chiama mastectomia . La ricostruzione della mammella è un intervento praticabile contemporaneamente alla mastectomia o in un secondo tempo. Un'operazione che asporta il tumore ma non l'intera mammella è denominato intervento di chirurgia conservativa. La tumorectomia e la mastectomia segmentaria (o mastectomia parziale) sono esempi di chirurgia conservativa. Di solito, sono seguite da sedute di radioterapia allo scopo di distruggere ogni cellula cancerosa residua. Nella maggior parte dei casi, il chirurgo asporta anche i linfonodi ascellari per verificare se le cellule tumorali abbiano o meno invaso il sistema linfatico .
La tumorectomia è l'asportazione del tumore mammario e di una piccola porzione di tessuto circostante; spesso anche i linfonodi ascellari vengono rimossi.
La mastectomia segmentaria è l'asportazione del tumore e di una più estesa quantità di tessuto circostante. Occasionalmente, viene asportata anche una parte del rivestimento dei muscoli pettorali e in alcuni casi i linfonodi ascellari.
La mastectomia totale (semplice) è l'asportazione dell'intera mammella. Talvolta vengono asportati anche i linfonodi ascellari.
La mastectomia radicale modificata consiste nell'asportazione dell'intera mammella, della maggior parte dei linfonodi ascellari e spesso del rivestimento dei muscoli pettorali. Il muscolo pettorale piccolo viene inoltre rimosso per permettere l'asportazione dei linfonodi.
La mastectomia radicale (chiamata anche mastectomia secondo Halsted) è l'asportazione della mammella, dei muscoli pettorali, di tutti i linfonodi ascellari e di porzioni di cute e di tessuto adiposo. Per molti anni questo tipo di intervento è stato praticato su gran parte delle donne colpite da carcinoma mammario, ma oggi i chirurghi vi fanno ricorso molto raramente, solo nei casi in cui il tumore abbia invaso i muscoli pettorali.
Dopo una mastectomia, è possibile optare per un intervento di ricostruzione della mammella (cioè un'operazione chirurgica che restituisce al seno la forma originaria). Se avete preso in considerazione l'idea di sottoporvi a un intervento ricostruttivo, parlatene con un chirurgo plastico prima della mastectomia.
- La terapia radiante (o radioterapia) consiste nell'uso di radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule cancerose e impedirne la crescita. I raggi partono da una sorgente radioattiva esterna al corpo della paziente e vengono indirizzati verso la mammella con l'aiuto di una macchina (radioterapia esterna). Le radiazioni sono talvolta erogate da sorgenti radioattive impiantate direttamente nella mammella e contenute in sottili tubicini di plastica (radioterapia interna intracavitaria). Alcune donne sono sottoposte ad entrambi i tipi di radioterapia.
Nel caso di radioterapia esterna, il trattamento verrà eseguito giornalmente presso un ospedale o clinica. Se la radioterapia è successiva ad un intervento di chirurgia ricostruttiva, le sedute si svolgeranno 5 giorni alla settimana per 5 o 6 settimane. Al termine di questo periodo, il radioterapista indirizzerà verso il sito in cui il tumore era localizzato un’erogazione supplementare (interna od esterna) di radiazioni. Le pazienti sottoposte a quest'ultimo tipo di terapia resteranno ricoverate per un breve periodo in ospedale sino alla rimozione degli impianti.
La radioterapia, da sola o in combinazione con la chemioterapia o l'endocrinoterapia, viene prescritta talvolta prima di un'operazione chirurgica allo scopo di distruggere le cellule tumorali e ridurre le dimensioni della neoplasia, specie nei casi in cui il tumore è di grosse dimensioni o non facilmente asportabile dal chirurgo.
- La chemioterapia consiste nell'impiego di farmaci anti-cancro per distruggere le cellule tumorali. Nel caso di carcinoma mammario, si somministra di solito una combinazione di farmaci, per bocca oppure per endovena. In entrambi i casi, la chemioterapia è una terapia sistemica, perché i farmaci entrano nel circolo ematico diffondendosi per tutto l'organismo.
La chemioterapia è somministrata in cicli: a un periodo di trattamento segue un periodo di riposo, poi un altro di trattamento e così via. Molte donne ricevono la chemioterapia in un ambulatorio ospedaliero, altre presso lo studio del proprio medico, o a casa. Tuttavia, a seconda del tipo di medicinale impiegato e delle condizioni di salute della paziente, il ricovero in ospedale si rende talvolta necessario.
L' endocrinoterapia mira a bloccare l'azione degli ormoni sulle cellule tumorali. Questo tipo di terapia prevede in certi casi l'uso di farmaci che modificano il funzionamento ormonale, oppure l'asportazione chirurgica delle ovaie , produttrici degli ormoni femminili. Come la chemioterapia, anche la terapia ormonale si può definire sistemica, perché interessa tutte le cellule dell'organismo.
La scelta del trattamento migliore è molto complessa e viene spesso influenzata dal giudizio del medico e dai desideri delle pazienti.
La scelta di una terapia dipende da diversi fattori: l'età della paziente, il fatto che abbia avuto o no la menopausa, le sue condizioni generali di salute, le dimensioni, la localizzazione e lo stadio del tumore, se il medico ha sentito i linfonodi ascellari alla palpazione, e dalle dimensioni della mammella. Si prendono inoltre in considerazione certe caratteristiche delle cellule tumorali (ad esempio se la loro crescita è influenzata dall'azione ormonale). Il fattore più importante è lo stadio del tumore, che si basa sulle dimensioni della neoplasia e sull'eventuale esistenza di metastasi. La sezione seguente riporta alcune brevi descrizioni degli stadi di un tumore mammario e i trattamenti più frequentemente applicati per ogni caso (talvolta altri tipi di cura si ritengono più appropriati).
- Lo stadio 0 è detto anche carcinoma non invasivo o carcinoma in situ.
Il termine carcinoma lobulare in situ o CLIS si riferisce ad una proliferazione cellulare anomala all'interno del rivestimento di un lobulo. Raramente evolve in un tumore invasivo. Tuttavia, la sua presenza segnala che la donna è soggetta ad un rischio elevato di sviluppare un tumore ad entrambe le mammelle. Ad alcune donne colpite da CLIS viene somministrato un farmaco chiamato tamoxifene che aiuta a prevenire il cancro della mammella, oppure possono scegliere di partecipare a studi in cui si sperimentino gli effetti di nuovi trattamenti di prevenzione. Altre non ricevono alcun tipo di trattamento, ma vengono invitate dal medico a ripresentarsi regolarmente per un controllo. Ad altre ancora vengono asportate entrambe le mammelle per impedire la crescita del tumore (in molti casi la dissezione dei linfonodi ascellari non è necessaria).
Il termine carcinoma duttale in situ , chiamato anche carcinoma intraduttale o CDIS, si riferisce ad una proliferazione cellulare di natura neoplastica ne tessuto di rivestimento di un dotto che non ha invaso il tessuto mammario circostante. In mancanza di un trattamento adeguato per questa lesione, le cellule cancerose potrebbero con il tempo uscire dal dotto e diffondersi nel tessuto circostante, dando luogo ad un carcinoma mammario invasivo. I più frequenti tipi di trattamento per le pazienti colpite da CDIS sono la mastectomia oppure un intervento di chirurgia ricostruttiva seguito da un ciclo di radioterapia. Non comporta di solito l'asportazione dei linfonodi ascellari. Parlate con il medico in merito ad un eventuale impiego del tamoxifene come trattamento alternativo. - Gli stadi I e II si attribuiscono a forme precoci di carcinoma mammario, di tipo però invasivo. Allo stadio I le cellule tumorali non si sono diffuse oltre la mammella e il tumore ha un diametro di circa 2 cm. Lo stadio II può comprendere uno dei seguenti casi: il tumore mammario ha circa 2 cm di diametro e ha invaso i linfonodi ascellari; il tumore misura da 2 a 5 cm di diametro con o senza invasione dei linfonodi; oppure il tumore misura più di 5 cm ma i linfonodi non sono invasi.
In casi di carcinoma mammario di stadio non avanzato si interviene con terapia chirurgica ricostruttiva seguita da radioterapia come forma di trattamento locale primitivo, oppure si pratica una mastectomia associata o meno ad un intervento di ricostruzione del seno (chirurgia plastica). A volte un ciclo di terapia radiante viene praticato sulla parete toracica dopo la mastectomia. Entrambi gli approcci sono validi per la cura di un tumore di stadio non avanzato. La scelta tra la chirurgia ricostruttiva e la mastectomia dipende in gran parte dalle dimensioni, dalla localizzazione e da altre caratteristiche del tumore, dalle dimensioni della mammella nonché dal grado di interesse della paziente a mantenere l'aspetto originario del proprio seno. In entrambi i casi i linfonodi ascellari vengono rimossi.
Molte donne con tumori di stadio I e la maggior parte delle pazienti con tumori di stadio II ricevono la chemioterapia e/o la terapia ormonale in aggiunta alla chirurgia o alla chirurgia associata alla radioterapia. Questo trattamento complementare si chiama terapia adiuvante e si prefigge la distruzione di tutte le cellule cancerose residue per prevenire lo sviluppo di una recidiva o di metastasi. - Lo stadio III è definito anche tumore localmente avanzato: il tumore mammario è di grosse dimensioni (più di 5 cm di diametro) e si è esteso ai linfonodi o ai tessuti adiacenti. Il carcinoma mammario infiammatorio è un tipo di cancro localmente avanzato.
Il trattamento più frequente per le pazienti con tumore di stadio III comprende una terapia locale mirante a distruggere il cancro alla mammella, in associazione ad una terapia sistemica che impedisca la formazione di metastasi. Il trattamento locale consisterà verosimilmente in un intervento chirurgico e/o radioterapia alla mammella e alla zona ascellare, mentre il trattamento sistemico prevederà cicli chemioterapici, endocrinoterapia o entrambi, prima o dopo il trattamento locale. - Stadio IV significa carcinoma mammario metastatico. Il tumore si è esteso dalla mammella ad altri organi.
In questo caso l'oncologo prescriverà la chemioterapia e/o la terapia ormonale per uccidere le cellule tumorali e tenere la malattia sotto controllo. La paziente si sottoporrà ad interventi di chirurgia o di radioterapia per il trattamento del tumore mammario, mentre la radioterapia contribuirà alla cura delle metastasi. - Il tumore si dice palindromico o ricorrente quando si ripresenta nonostante la terapia. Anche nel caso in cui si sia avuta l'impressione di aver completamente asportato o distrutto il cancro, la malattia talvolta riappare poiché non sono state individuate le cellule cancerose residue o perché il tumore si era già diffuso prima della terapia. Molto spesso, i fenomeni di ricorrenza si verificano entro 2 o 3 anni dal trattamento, ma il tumore della mammella può ripresentarsi anche dopo un numero superiore di anni.
Lo sviluppo di recidive nella sola zona di asportazione chirurgica è chiamato palindromia locale. Se il cancro riappare in altri organi, si definisce carcinoma mammario metastatico. Le pazienti riceveranno un solo tipo di trattamento o una combinazione di terapie.
Limitare gli effetti delle terapie anticancro alle sole cellule tumorali non è facile, pertanto in certi casi anche le cellule e i tessuti sani subiranno un danno, producendo così effetti collaterali indesiderati.
Gli effetti collaterali provocati dalle diverse terapie variano da persona a persona e persino da un tipo di trattamento a quello praticato successivamente. I medici si sforzano di pianificare il trattamento, in modo da mantenere i problemi sotto controllo, e osservano le reazioni delle pazienti con attenzione per intervenire all'insorgere dei primi disturbi.
Effetti collaterali della terapia chirurgica
Dopo un intervento chirurgico si potrà avvertire per un certo periodo di tempo una sensazione dolorosa nella zona interessata, per cui sarà opportuno farsi consigliare dal medico il più appropriato trattamento antidolorifico o riabilitativo. Inoltre, qualunque operazione comporta un rischio di infezione, lentezza del processo di cicatrizzazione, emorragia o reazioni all'anestesia. Avvertite immediatamente il medico o il personale infermieristico se questi disturbi si presentano.
L'asportazione di una delle due mammelle può produrre uno sbilanciamento del peso corporeo in donne dal seno di grosse dimensioni. In più saranno da prevedere un aumento della tensione cutanea nella zona mammaria e un irrigidimento dei muscoli del braccio e della spalla. Dopo una mastectomia, alcune donne perdono permanentemente l'uso di questi muscoli, ma nella generalità dei casi si tratta di una perdita di forze e di limitazione dei movimenti temporanee. Il medico, il personale assistente o il fisioterapista raccomanderanno esercizi particolari per aiutare a recuperare la mobilità del braccio e della spalla.
Il bisturi potrebbe danneggiare o recidere i nervi, provocando di conseguenza intorpidimento e formicolio al petto, alla zona ascellare, alla spalla e al braccio, sensazioni che scompariranno entro alcune settimane o mesi. Per alcune donne, tuttavia, la ridotta sensibilità di queste parti potrebbe essere permanente. L'asportazione dei linfonodi ascellari diminuirà l'afflusso di linfa, che si accumulerà nel braccio e nella mano causandone gonfiore ( linfoedema ). Tali zone dovranno essere protette da ferite o escoriazioni anche dopo molto tempo dall'operazione. Chiedete al medico come comportarvi in caso di tagli, graffi, punture di insetti o altri tipi di lesione. Contattatelo anche se un'infezione dovesse svilupparsi nel braccio o nella mano.
Effetti collaterali della radioterapia
L'oncologo radioterapista fornirà spiegazioni sui possibili effetti collaterali della radioterapia, compresi quelli meno frequenti che potrebbero interessare cuore, polmoni e costole. Uno dei più comuni effetti collaterali risulta in un senso di spossatezza, specie nelle ultime settimane di trattamento e per un periodo successivo. Riposarsi nel periodo di terapia è importante, comunque i medici consigliano di solito ai pazienti di mantenere un certo grado di attività a seconda delle proprie forze. La pelle dell'area irradiata tenderà ad arrossarsi, diventare secca, molle e pruriginosa, mentre verso la fine del ciclo terapeutico sarà umida e "trasuderà" facilmente. Un'esposizione prolungata all'aria della parte trattata aiuterà la pelle a guarire più in fretta. Per evitare lo strofinamento di reggiseni e di alcuni capi di abbigliamento che potrebbe causare irritazioni, è consigliabile indossare abiti larghi e di cotone. La cura della propria cute sarà fondamentale in questo periodo, pertanto assicuratevi presso il medico che l'uso di deodoranti, lozioni o creme sulla parte irradiata sia consentito. Gli effetti della radioterapia sulla pelle sono temporanei, e scompariranno gradualmente dopo la fine del trattamento, anche se il colore della pelle potrà modificarsi definitivamente.
Per la maggior parte delle donne, il seno manterrà lo stesso aspetto dopo la radioterapia. Occasionalmente, la mammella trattata sembrerà più soda oppure più grande (a causa di un edema, cioè un maggiore accumulo di liquido) o più piccola (in seguito a modificazioni tissutali). Per alcune donne la pelle diviene più sensibile dopo la radioterapia, per altre la sensibilità diminuisce.
Effetti collaterali della chemioterapia
Gli effetti collaterali della chemioterapia dipendono principalmente dai farmaci somministrati alla paziente. Analogamente a quanto avviene per altri tipi di terapia, essi variano da persona a persona. In genere, i farmaci antitumorali colpiscono le cellule che si dividono rapidamente, come le cellule ematiche, che combattono le infezioni, favoriscono la coagulazione del sangue e trasportano ossigeno in tutto l'organismo. Quando i medicinali chemioterapici agiscono su queste cellule, la paziente sarà maggiormente soggetta a infezioni, lividi o emorragie e si stancherà facilmente durante e dopo il trattamento. Le cellule dei follicoli piliferi e quelle che rivestono il tratto digestivo si dividono altrettanto rapidamente. Altri effetti della chemioterapia sono la caduta dei capelli, la perdita dell'appetito, nausea, vomito, diarrea o dolori alla bocca. Attualmente molti di questi disturbi sono controllabili grazie ai farmaci antiemetici (che riducono o bloccano il senso di nausea) ed altri ritrovati farmacologici. Gli effetti collaterali hanno di solito breve durata, in quanto scompaiono gradualmente durante il periodo di riposo del ciclo di chemioterapia o dopo il termine del trattamento.
La moderna chemioterapia provoca raramente effetti a lungo termine, ma si sono registrati casi di indebolimento cardiaco o di insorgenza di tumori secondari come ad esempio la leucemia (tumore delle cellule ematiche). Inoltre, alcuni farmaci anticancro sono dannosi per le ovaie. Se queste sospendono la produzione di ormoni, la donna avvertirà i sintomi tipici della menopausa, quali vampate e secchezza vaginale, irregolarità o cessazione del ciclo mestruale e sterilità . Tuttavia, alcune donne restano fertili durante la chemioterapia. Dato che si ignorano i possibili effetti sul feto, sarà bene consigliarsi con il medico su appropriati metodi contraccettivi prima dell'inizio del trattamento. Al termine del trattamento, in base ai farmaci utilizzati, alcune donne possono riacquistare la capacità di concepire un figlio.
Effetti collaterali dell’endocrinoterapia
La terapia ormonale provoca svariati effetti collaterali, che dipendono in larga misura dal tipo specifico di farmaco o trattamento e variano da paziente a paziente. Il tamoxifene costituisce una delle terapie ormonali più comuni: esso blocca l'azione degli estrogeni ma non ne arresta la produzione. L'assunzione di tamoxifene può dar luogo a vampate, irritazione o secrezioni vaginali e mestruazioni irregolari. Segnalate al medico qualsiasi perdita ematica inconsueta. Nelle giovani donne trattate con tamoxifene la fertilità potrebbe aumentare, perciò il ricorso a metodi contraccettivi appropriati dovrà essere discusso con il medico.
Raramente il tamoxifene produce effetti collaterali gravi, ma è possibile la formazione di coaguli ematici nelle vene, specialmente nelle gambe, mentre in un numero molto ridotto di donne il tamoxifene ha indotto un cancro dell'endometrio. Il medico praticherà un esame pelvico, nonché una biopsia o altri test all'endometrio per sorvegliarne le condizioni (fatta eccezione per le donne che hanno subito un’isterectomia, cioè l'asportazione chirurgica dell'utero).
La rimozione delle ovaie allo scopo di ridurre il livello di estrogeni in donne di giovane età provocherà una menopausa precoce, con effetti collaterali più gravi di quelli indotti dalla menopausa naturale.
Dopo una mastectomia, una delle opzioni possibili per mantenere la forma originaria del seno è indossare una protesi , oppure sottoporsi a chirurgia ricostruttiva della mammella, contemporaneamente all'intervento di mastectomia o successivamente. Ognuna di queste scelte presenta benefici e svantaggi, i quali variano da paziente a paziente. E' importante però sapere che ogni donna che ha subito una terapia antitumorale ha a disposizione diverse opzioni. E' pertanto consigliabile consultare un chirurgo plastico, anche non si prevede un intervento di ricostruzione a breve termine.
Le procedure di ricostruzione della mammella sono diverse: alcuni chirurghi inseriscono protesi mammarie (saline o al silicone), altri utilizzano il tessuto prelevato da altre parti del corpo. I dubbi sulla sicurezza delle protesi mammarie al silicone ne hanno limitato l'applicazione, che avviene attualmente solo in sede di studi clinici. Se siete interessate a farvi applicare protesi al silicone, parlate al medico della possibilità di partecipare ad uno dei suddetti studi. Il genere di intervento ricostruttivo dipende dall'età della paziente, dalla corporatura e dal tipo di operazione chirurgica subita. Chiedete al chirurgo plastico delucidazioni sui rischi e sui benefici di ogni tipo di ricostruzione.
La riabilitazione è una parte fondamentale della terapia antitumorale. Gli sforzi di medici ed infermieri mireranno a riportare il più presto possibile la paziente allo stile di vita precedente al trattamento. Per ogni donna i tempi di recupero saranno diversi, a seconda dell'estensione della malattia, del tipo di terapia seguita e di altri fattori.
Dopo un'operazione di mastectomia, è consigliabile eseguire esercizi per riacquistare la mobilità e la forza del braccio e della spalla e attenuare il dolore e il senso di rigidità nel collo e nella schiena. Gli esercizi, programmati in modo adeguato, dovranno cominciare non appena il dottore si pronuncerà favorevolmente, spesso a circa un giorno dall'operazione. Si inizierà con movimenti lenti, senza sforzarsi, addirittura rimanendo a letto, e si procederà aumentandone gradualmente l'intensità e continuando regolarmente fino a che gli esercizi diventeranno un'abitudine. (Le donne sottoposte a mastectomia e contemporaneamente a chirurgia ricostruttiva dovranno eseguire speciali esercizi, che il medico o gli infermieri provvederanno ad insegnare).
Spesso l'insorgenza di linfoedemi dopo l'operazione si può prevenire con determinati esercizi e tenendo il braccio a riposo appoggiandolo sopra un cuscino. In caso questo disturbo si presenti, il medico prescriverà esercizi e altri accorgimenti per risolvere il problema, come ad esempio indossare manicotti o polsini elastici per migliorare la circolazione della linfa. Altri approcci, come l'assunzione di farmaci, il drenaggio linfatico manuale (massaggio) o l'impiego di una macchina che comprime il braccio si riveleranno altrettanto utili. Contrariamente, il medico vi consiglierà di rivolgervi ad un fisioterapista o ad uno specialista.
Una volta concluso il trattamento, le pazienti vengono sottoposte a regolari esami di follow-up. Il medico effettuerà approfonditi controlli periodici per verificare la presenza di recidive. Le visite consisteranno nell'esame del seno, del torace, della zona ascellare e del collo. Periodicamente, eseguirà una visita completa e una mammografia, unitamente a test supplementari per alcune pazienti.
Se una donna è stata colpita da cancro alla mammella, è soggetta ad un rischio elevato di sviluppare la malattia nell'altro seno. Eventuali cambiamenti nella zona trattata o nella mammella non colpita dovranno essere comunicati immediatamente al medico.
Inoltre, il medico dovrà essere messo al corrente del sopraggiungere di altri disturbi fisici come dolori, perdita di peso o dell'appetito, irregolarità del ciclo mestruale, perdite ematiche vaginali, vista offuscata, capogiri, tosse o raucedine, mal di testa, mal di schiena o problemi digestivi inconsueti o persistenti. Potrebbe trattarsi di sintomi di un ritorno del cancro o di altri problemi fisici: l'importante è riferire le proprie preoccupazioni..
La diagnosi di tumore alla mammella può cambiare la vita di una donna e delle persone a lei care. Questi cambiamenti potranno essere difficili da gestire. Le emozioni provate dalla persona colpita e da familiari e amici saranno contrastanti e talvolta confuse.
A volte le pazienti e le loro famiglie si sentiranno spaventati, arrabbiati o depressi: si tratta di reazioni normali al sopraggiungere di una grave malattia. Molte donne trovano sollievo nel condividere i propri sentimenti con persone care, sentendosi così più rilassate e permettendo agli altri di mostrare la propria preoccupazione e offrire sostegno.
Può succedere che alcune donne guarite dal cancro temano che i cambiamenti occorsi al proprio corpo durante la malattia influenzeranno non solo il loro aspetto ma anche l'atteggiamento delle persone nei loro confronti, compresa la vita sessuale. Molte coppie traggono benefici nel confidarsi le rispettive preoccupazioni