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Disfunzioni sessuali femminili DSF

Tradizionalmente, l'approccio alle disfunzioni sessuali femminili (DSF) è stato di tipo


psicologico, ma la ricerca scientifica sta cercando di cogliere in questi ultimi anni l'importanza


dei fattori biologici attraverso lo studio dell'anatomia e della fisiologia della risposta sessuale.


L'epidemiologia delle DSF è, però, poco nota;.


Circa un terzo delle donne riferisce perdita di interesse sessuale, circa un quarto non sperimenta


l'orgasmo. Inoltre, circa il 20% delle donne riporta difficoltà di lubrificazione e il 20% non trova


il sesso un'esperienza piacevole.


Classificazione delle DSF


Classificare la sessualità è una sfida impossibile che si scontra con l’unicità del comportamento


di ciascun essere umano, ma la volontà di creare una nomenclatura delle DSF, seppur arbitraria,


imprecisa e modificabile con il progredire delle conoscenze fisiopatologiche nel settore, è nata


dalla necessità di parlare un linguaggio scientifico comune per identificare adeguati strumenti


diagnostici e terapeutici.


La risposta sessuale è la risultante dell’attivazione di un circuito che può iniziare


indifferentemente dal corpo, dall’emozione e dal sentimento e si articola in tre fasi successive:


desiderio, eccitamento e orgasmo. La classificazione corrente dei disturbi sessuali (DSM-IV)


riflette tale modello trifasico della risposta sessuale elaborato da Kaplan nel 1979 a partire dagli


studi di Master & Johnson e identifica 4 categorie principali di problemi relativi al desiderio,


all'eccitazione, all'orgasmo, al dolore. Inoltre, per una corretta classificazione dei sintomi si fa


riferimento al fatto che il disturbo sia primitivo o acquisito; generalizzato o situazionale;


psicologico, organico o misto; stressante per la persona e per le relazioni interpersonali. Non ci


sono criteri quantitativi, né esiste alcun riferimento al tipo di attività sessuale, coitale/non coitale


per esempio, e la diagnosi è demandata all’esperienza/giudizio dell’esaminatore.


E’ stato recentemente sottolineato nell'ambito della 1° Conferenza internazionale di Consenso


sulle DSF come tale classificazione presenti numerosi problemi non soltanto perché tende a


creare un parallelismo tra sintomi maschili e femminili e considera l’attività sessuale,


rigorosamente eterosessuale, come unico parametro di riferimento per la maggior parte delle


diagnosi, ma soprattutto perché sembra estremamente difficile considerare le disfunzioni


sessuali in modo scisso, cioè esclusivamente di natura biologica o psicologica. Le nuove linee


guida proposte hanno evidenziato la comorbidità dei sintomi sessuali e la contemporanea


presenza di più fattori causali nella maggior parte dei casi, hanno aggiunto una ulteriore


categoria dei disturbi dolorosi (non coitale), e hanno attribuito grande importanza all'entità dello


stress personale causato dal disturbo per formulare la diagnosi finale.



Il sistema di classificazione comprende:



I. DISORDINI DEL DESIDERIO SESSUALE


Ø Ipoattivo: persistente o ricorrente deficienza (o assenza) di fantasie/pensieri sessuali


e/o di desiderio o di recettività per l'attività sessuale, che causa stress personale; può


derivare da fattori psicologici e relazionali o può essere secondario a problemi


fisiologici quali alterazioni ormonali, manipolazioni farmacologiche, interventi


chirurgici, etc.


Ø Avversione sessuale: persistente o ricorrente avversione fobica per ed evitamento del


contatto sessuale con un partner sessuale, che causa stress personale; può


generalmente derivare da problematiche psicologiche e relazionali che si instaurano


per vari motivi, per esempio abuso fisico e/o sessuale, traumi infantili, etc.



II. DISORDINE DELL'ECCITAZIONE: persistente o ricorrente incapacità a raggiungere o a


mantenere un'eccitazione sessuale sufficiente, che causa stress personale, e che può


manifestarsi come assenza di eccitazione soggettiva o genitale o di altre risposte


somatiche; include la perdita o la diminuzione della lubrificazione vaginale, la


diminuzione della sensibilità clitoridea e dei genitali esterni, la ridotta distensibilità


vaginale, etc.; può essere anche secondario a fattori psicologici, ma ha spesso una base


fisiologica come la riduzione del flusso sanguigno vaginale/clitorideo, la carenza


ormonale, traumi perineali/genitali/chirurgia pelvica, farmaci, etc.



III. DISORDINE DELL'ORGASMO: persistente o ricorrente difficoltà, ritardo o assenza nel


raggiungere l'orgasmo in seguito ad una stimolazione sessuale sufficiente e


all'eccitazione, che causa stress personale; spesso correlato a traumi emotivi o ad abuso


sessuale, qualora di tipo primitivo, è più frequentemente secondario alle medesime cause


del disordine dell'eccitazione.



IV. DISORDINI DEL DOLORE SESSUALE


Ø Dispareunia: persistente o ricorrente dolore genitale associato al rapporto sessuale;


può derivare da atrofia vaginale, vestibolite, infezioni urinarie/vaginali ricorrenti, etc.,


è spesso il risultato di fattori fisiologici e psicologici connessi all'ansia anticipatoria


del dolore.


Ø Vaginismo: persistente o ricorrente spasmo involontario della muscolatura del terzo


esterno della vagina che interferisce con la penetrazione vaginale, che causa stress


personale; si sviluppa come risposta condizionata alla penetrazione dolorosa o, se di


tipo primitivo, è prevalentemente connesso a problematiche psicologiche.


Ø Dolore non coitale: persistente o ricorrente dolore genitale indotto dalla stimolazione


sessuale non coitale; può avere le medesime cause della dispareunia.


I limiti delle classificazioni sono particolarmente evidenti nel periodo menopausale e nella


senescenza in genere, cioè quando è maggiormente possibile che più fattori eziologici e più


disturbi siano contemporaneamente presenti.