Guida per la gestante 2
LE PRINCIPALI MODIFICAZIONI DELL’ORGANISMO IN GRAVIDANZA E LORO CONSEGUENZE
CAMBIAMENTO DELLA POSTURA
Il peso dell’utero gravido e l’aumento ponderale della donna, spostando il baricentro anteriormente, provocano un’antiversione del bacino e un’iperlordosi lombare, spesso causa di lombalgie e di lombosciatalgie.
PARZIALE DIASTASI DELLA SINFISI PUBICA
Per agevolare l’espletamento del parto, intorno al 6° mese di gravidanza, si verifica - per azione di uno specifico ormone - un “ammorbidimento” della sinfisi pubica, che può essere causa di pubalgia, per indebolimento della rigidità e della stabilità del cingolo pelvico.
OSTACOLO COMPRESSIVO MECCANICO DEL FETO E AUMENTO DEL PESO
Col passare delle settimane di gestazione, l’aumento del peso del feto e del volume uterino creano un ostacolo compressivo meccanico sui grossi vasi pelvici e addominali (vene iliache, vena cava), determinando spesso disturbi circolatori, edemi e crampi.
Inoltre l’aumento ponderale della donna in gravidanza è causa di sovraccarico funzionale, spesso doloroso, non solo sul rachide, ma sulle articolazioni degli arti inferiori (ginocchia, caviglie, piedi e, soprattutto le anche).
Gravidanza oltre il termine
Se per la data presunta del parto non è ancora successo niente che possa far presagire l’inizio di un travaglio imminente, non è il caso di allarmarsi. Bisogna però sottoporsi a controlli molto ravvicinati (a giorni alterni). Durante questi controlli si misura sempre la pressione arteriosa, si valuta la quantità di liquido amniotico e si verificano le condizioni di benessere fetale per mezzo del monitoraggio elettronico (cardiotocografia).
Se dopo 7-9 giorni dalla data presunta del parto ecograficamente determinata ancora non fosse iniziato spontaneamente un travaglio di parto, il consiglio è quello di programmare il ricovero ospedaliero per l’induzione medica del travaglio (al fine di evitare problemi anche gravi che potrebbero insorgere).
Visite in gravidanza
La prima visita in gravidanza è di solito la più lunga e sarebbe auspicabile la presenza anche del futuro papà. Prima viene eseguita meglio è. Conviene prepararsi una lista scritta delle domande che si desidera porre.
Successivamente le visite avranno cadenza mensile: è preferibile eseguire gli esami di volta in volta prescritti, circa a metà fra un controllo e l’altro in modo che non siano troppo "vecchi" o al contrario non si faccia in tempo a ritirarne il risultato.
In occasione della visita vengono rilevati:
· dati anamnestici
· pressione arteriosa
· altezza e peso corporeo
· condizioni dello sviluppo uterino e del suo stato
· condizioni del collo dell’utero
· battito cardiaco fetale (dopo una data epoca)
· presentazione del feto (ultimi due mesi)
· ogni altro segno o sintomo (edemi, varici, perdite, contrazioni, etc.)
Si compila la scheda (diario della gravidanza) e si prescrivono successivi esami e terapie quando necessario.
A partire dalla 28a settimana le visite di controllo vanno ravvicinate ogni 3 settimane e dopo la 36a settimana ogni 15 giorni.
La scheda della gravidanza aggiornata va sempre portata con sé.
Esami in gravidanza
Esami di laboratorio
All’inizio della gravidanza una prima batteria di esami
. Per quanto riguarda tutti gli anticorpi, bisogna chiedere di dosare sia le immunoglobuline di tipo G (IgG) che quelle di tipo M (IgM). Infatti si possono verificare tre eventualità:
IgG assenti - IgM assenti= soggetto non immune
IgG presenti - IgM assenti= soggetto immune
IgG presenti - IgM presenti= infezione recente o in corso
Nel primo caso la paziente non ha mai contratto la malattia, non ha anticorpi ed è "recettiva": dovrà pertanto stare molto attenta per evitare di contrarla in gravidanza (vedi profilassi).
Nel secondo caso la paziente ha contratto l’infezione in passato (magari senza essersene accorta) o ha fatto il vaccino: ha gli anticorpi e pertanto non corre alcun rischio in gravidanza, non potendo trasmettere l’infezione al feto. Raramente tuttavia si possono verificare "reinfezioni" perché l’immunità può non essere permanente e quindi è sempre consigliabile seguire comunque le regole della profilassi.
Nel terzo caso (infezione contratta in gravidanza) la trasmissione al feto si verifica in percentuali variabili a seconda della malattia e non sempre può causare problemi.
Ma tutto ciò è solo una semplificazione: gli esami vanno sempre fatti controllare da un medico.
N.B. Per quanto riguarda l’urinocoltura, è importante prelevare un campione di urina di metà minzione (urinocoltura da mitto intermedio). L’urina appena emessa va raccolta in un contenitore pulito e sterile, secondo la seguente procedura:
Procurarsi un piccolo contenitore sterile con tappo a vite (della capacità di circa 100 cc.).
Lavarsi bene le mani con acqua e sapone.
Sedersi sul bidet a gambe ben divaricate, in modo da avere spazio.
Lavare accuratamente i genitali anche fra le pieghe interne.
Risciacquare ed asciugarsi con un asciugamano pulito.
Tenere divaricate le piccole labbra con una mano (mentre con l’altra si regge il contenitore).
Iniziare ad urinare fuori dal contenitore e - dopo aver emesso una piccola quantità di urina - spostare il contenitore sotto il flusso, in modo da raccogliere un campione di metà minzione. Allontanare il contenitore prima di terminare la minzione. Non toccarne mai l’interno.
Chiudere a fondo il contenitore, lavarlo ed asciugarlo. Quindi applicarvi un’etichetta con nome, cognome, indirizzo, data e ora.
Consegnare il campione al laboratorio entro due ore.
Ecografie
Se tutto va bene (gravidanza a basso rischio) generalmente sono sufficienti tre ecografie, una per trimestre.
Ia ecografia (datazione: circa 8 settimane)
Serve per verificare che la gravidanza sia in utero e non fuori (gravidanza extrauterina), per vedere se c’è più di un embrione (gravidanza gemellare) e per "datare" la gestazione. Infatti, poiché un’ovulazione può essere anticipata o ritardata (più spesso nelle donne con cicli irregolari) ed inoltre gli spermatozoi possono vivere anche 5-6 giorni nelle vie genitali femminili, si comprende il motivo per cui la gravidanza viene datata convenzionalmente a partire dalla data dell’ultima mestruazione (dato oggettivo) e non da un eventuale concepimento (difficile a stabilirsi). Una più precisa datazione della gravidanza diventa necessaria nei casi in cui si verifichi successivamente una situazione di rischio, per esempio minaccia di parto prematuro o al contrario gravidanza che si prolunga oltre il termine. Ecco perché un esame ecografico eseguito entro il terzo mese permette di essere molto accurati nello stabilire l’epoca gestazionale e quindi predire la data presunta del parto (con errore standard di più o meno 5 giorni). Un’ecografia eseguita in questa epoca consentirà in seguito di capire meglio se un bambino sarà cresciuto troppo o troppo poco (e non si tratti invece appunto di una "ridatazione").
IIa ecografia (morfologia: circa 19 settimane)
È quella più importante e va eseguita al quinto mese perché ci consente di diagnosticare le più comuni malformazioni del feto ecograficamente diagnosticabili. Alcune di queste potrebbero essere correggibili alla nascita (ma vanno diagnosticate prima), mentre le più gravi potrebbero fare optare per un’interruzione della gravidanza. Con questa ecografia si controlla anche l’inserzione placentare.
IIIa ecografia (accrescimento: circa 30 settimane)
Può essere programmata dopo la 30a settimana, se tutto è andato bene fino a quel momento, per vedere quanto è cresciuto il bimbo. L’ideale sarebbe però verificare due tappe accrescitive fetali:
Alla 28a settimana: misura dell’accrescimento, ricontrollo morfologico, inserzione placentare e quantità di liquido amniotico
Alla 34a settimana: misura dell’accrescimento, ricontrollo morfologico, inserzione placentare e condizioni della placenta (maturazione), quantità di liquido amniotico.
Che cos'è l'ecografia
L’utilizzo dell’ecografia in ostetricia è ormai da tempo diffuso, tanto che in Italia si effettuano due o più esami ecografici alla quasi totalità delle donne gravide.
La Società Italiana di Ecografia in Ostetricia e Ginecologia (S.I.E.O.G.) ha divulgato le linee guida dell’ecografia in gravidanza ed ha proposto un esempio di foglio informativo per la paziente, da cui sono tratte alcune delle seguenti osservazioni.
Come funziona l’ecografia?
L’ecografia è una tecnica che consente di vedere gli organi del nostro corpo con l’utilizzo di onde sonore ad alta frequenza (ultrasuoni non udibili dall’orecchio umano) che attraversano i tessuti.
Il principio su cui si basa l’ecografia è lo stesso usato dai sonar delle navi per localizzare i sottomarini o i banchi di pesce.
In pratica l’ecografo funziona così: la sonda posta sull’addome materno invia impulsi di onde sonore nel corpo. Queste onde sonore in parte vengono riflesse dalla parete addominale e dalla parete dell’utero, creando echi. Quando le onde sonore arrivano al feto mandano altri echi o onde di contorno che sono trasformati in immagini sul monitor dell’ecografo. Con l’ecografia è quindi possibile osservare in modo dettagliato il feto dentro l’utero.
Perché fare l’ecografia?
Le finalità dell’ecografia nel I° trimestre sono:
- la datazione della gravidanza e la dimostrazione dell’impianto in sede normale della camera gestazionale e della vitalità dell’embrione, se presente.
Le finalità nel II° trimestre sono:
- lo screening delle malformazioni e lo studio della biometria fetale.
Le finalità nel III° trimestre sono:
- l’individuazione dei ritardi di crescita e la diagnosi delle malformazioni non rilevabili nel II° trimestre. Inoltre si può vedere la posizione del feto.
L’ecografia è innocua per il feto?
Gli ultrasuoni sono utilizzati nella pratica ostetrica da oltre 25 anni e mai sono stati riportati effetti dannosi, anche a lungo termine, sul feto. Per tale ragione, con le procedure oggi adottate, l’uso diagnostico dell’ecografia è ritenuto esente da rischi.
Che cosa si vede con l’ecografia?
Nei primi 2-3 mesi di gravidanza, con la misurazione della lunghezza del feto è possibile valutare se lo sviluppo del feto corrisponde all’epoca di gravidanza valutata in base alla data dell’ultima mestruazione. Talvolta questa data non è ricordata esattamente oppure le mestruazioni non sono regolari: un’ecografia eseguita nei primi tre mesi consente di datare con precisione l’epoca della gravidanza. Dalla fine del secondo mese si visualizzano l’attività pulsatile del cuore, i movimenti fetali ed il numero dei feti.
Più tardi, dal quarto mese in poi, si effettuano le misurazioni della testa, dell’addome e del femore fetale ed i valori di tali misure vengono confrontati con quelli delle curve di riferimento. Si può così valutare se le dimensioni del feto corrispondono a quelle attese per l’epoca della gravidanza. In questo stesso periodo si visualizzano la sede di inserzione placentare, la quantità del liquido amniotico e di alcuni organi interni (reni, vescica, stomaco, etc.).
Il sesso del feto è evidenziabile dal quarto mese: da questo momento la possibilità di definirlo dipende dalla posizione del feto. È perciò possibile anche a termine di gravidanza, non riuscire a determinare il sesso se la posizione del feto non è adatta.
È possibile valutare gli organi interni del feto?
È possibile. Oltre alle strutture che vengono misurate normalmente (testa, addome, femore) si visualizzano la vescica, i reni, lo stomaco e le strutture intracraniche. L’ecografia consente di visualizzare anche altre parti del corpo fetale (ad esempio il cuore), però esami dettagliati di certi organi vengono eseguiti solo quando vi sia l’indicazione specifica.
La possibilità di rilevare un’anomalia dipende dalla sua dimensione, dalla posizione del feto e dell’utero, dalla quantità di liquido amniotico e dallo spessore della parete addominale materna; perciò è possibile che anomalie fetali sfuggano all’esame ecografico. Inoltre alcune malformazioni si manifestano solo tardivamente (7°-8° mese) e non sono perciò visualizzabili in esami precoci.
Si sottolinea che, per i limiti intrinseci della metodica, è possibile che alcune lesioni, anche importanti, non siano rilevate.
Che cos’è la “translucenza nucale ” ?
La translucenza nucale è l’immagine ecografica dell’accumulo di fluido che è fisiologicamente presente in tutti i feti nel primo trimestre di gravidanza nella regione posteriore del collo.
Può essere misurata, secondo una tecnica standardizzata, tra l’11a e la 13a settimana gestazionale.
Un aumentato spessore della translucenza nucale può associarsi ad una maggiore frequenza di anomalie cromosomiche (in particolare la sindrome di Down) o ad altri difetti strutturali del feto.
La misurazione della translucenza nucale è stata pertanto proposta come test di screening delle malformazioni fetali nel primo trimestre, da sola o in associazione con i test biochimici (bi-test e tri-test).
Come i test biochimici quindi la misura della translucenza nucale non ha un valore diagnostico assoluto, ma può individuare un fattore di rischio aumentato di anomalie fetali.
Ciò significa che feti con spessore di translucenza nucale aumentato possono essere normali e che feti con translucenza nucale normale possono essere portatori di anomalie.
Gli esami che permettono d'individuare le situazioni a rischio per la Sindrome di Down nel primo trimestre di gravidanza, senza penetrare il grembo materno, non si fermano alla translucenza nucale.
Esiste anche il Duotest, che si può fare a partire dalla nona settimana. Si tratta di un prelievo di sangue sul quale vengono dosate due sostanze prodotte dalla placenta: una frazione della gonadotropina corionica (l'ormone tipico della gravidanza) e la Papp-A, una proteina che è più bassa quando il bimbo è portatore della Sindrome di Down. Quest'esame, abbinato all'età avanzata della futura mamma, riesce ad individuare tra il 60 e il 70 % di queste alterazioni dei cromosomi. Sono ancora pochi i laboratori in grado di farlo.Ha il vantaggio di individuare più precocemente, già nel primo trimestre della gravidanza, le donne con aumentato rischio di avere un figlio malato.
Il Tritest consiste in un prelievo di sangue che la gestante può effettuare tra la 15° e la 17° settimana di gravidanza. Permette di valutare la presenza di tre sostanze prodotte in parte dalla placenta ed in parte dal fegato del feto: l'alfafetoproteina, l'estriolo non coniugato e la beta-gonadotropina corionica. I risultati ottenuti vengono inseriti in un computer che, con un apposito programma, li elabora prendendo in considerazione alcuni parametri come l'età materna, il peso corporeo della madre, la settimana di gestazione datata ecograficamente, la presenza di patologie materne (come ad esempio il diabete), un'eventuale gravidanza gemellare.L'elaborazione di tutti questi dati fornisce un numero, che sarà poi il risultato dell'esame, ad esempio 1:750. Tale numero esprime la probabilità che la gestante possa avere un figlio affetto dalla sindrome di Down. Il Tritest di conseguenza non dà alcuna certezza , ma permette di identificare quelle donne che potrebbero decidere di sottoporsi ad un'amniocentesi, avendo un rischio più elevato di partorire un bambino affetto da mongolismo. E' importante sottolineare che circa il 98% delle donne che presentano un Tritest positivo (e che quindi hanno un rischio più elevato di avere un bambino affetto dalla sindrome di Down), partoriscono un figlio perfettamente normale. Occorre inoltre ricordare che il Tritest individua all'incirca il 60% delle sindromi di Down e che, d'altra parte, le madri con un Tritest negativo hanno lo stesso una probabilità, inferiore a 1:2000 nati, di avere un figlio affetto per cui l'esame serve prevalentemente ad individuare le gestanti con un rischio aumentato.
Per incrementare la stima del rischio di avere un bambino Down il Tritest viene ora associato al test della " translucenza nucale ", che si esegue tra la 10° e la 13° settimana di gestazione.
Che cos’è la flussimetria?
Gli ultrasuoni utilizzati con la tecnica del Doppler offrono la possibilità di valutare il flusso di sangue nei vasi fetali e uterini. Questa metodica prende il nome di flussimetria Doppler e consente, a partire dalla 20a settimana di gravidanza, di calcolare la velocità del flusso di sangue che va dal feto alla placenta e viceversa e il flusso di sangue materno verso l’utero. Le alterazioni di questi flussi (aumentate resistenze vascolari, che causano minor quantità di sangue alla placenta) portano ad una sofferenza fetale cronica la cui conseguenza è spesso la ritardata crescita intrauterina
Altri esami
Se l’ultimo Pap test è stato eseguito oltre un anno prima, conviene ripeterlo in gravidanza iniziale. Infatti la scoperta di eventuali lesioni pretumorali o tumorali condiziona i controlli clinici e le eventuali terapie (raramente in gravidanza e più spesso dopo il parto).
Fare un Pap test in gravidanza non aumenta in alcun modo il rischio di aborto. Occorre comunque avvertire l’esecutore del prelievo, del proprio stato gravidico.
Altri esami particolari possono essere richiesti in quei casi ove ne esista l’indicazione:
ecografia mammaria, tampone vaginale, elettroforesi dell’emoglobina, esami della coagulazione, elettrocardiogramma, etc.