Diagnosi prenatale e Video Amniocentesi
Con il progredire dell’età della donna aumenta il rischio di generare un figlio con trisomia del cromosoma 21 (sindrome di Down). Intorno al 35° anno di età della donna il rischio di un figlio con sindrome di Down è circa corrispondente a quello medio della popolazione generale. Pertanto quando l’età della donna è al di sopra del 35° anno viene riconosciuto un rischio "aumentato" rispetto a quello della popolazione generale.
Quindi la maggior parte delle analisi cromosomiche prenatali viene rivolta a gestanti di età superiore ai 35 anni. Ciò non significa che al di sotto di questa età il rischio sia "nullo o trascurabile". Infatti la maggior parte dei bambini Down (70-75%) nasce da madri con età inferiore ai 35 anni, essendo molto più numerose le gravidanze in donne al di sotto di questa età.
Tuttavia, poiché il rischio legato all’età materna è ridotto in gestanti al di sotto dei 35 anni, molti medici non consigliano di ricorrere alla diagnosi prenatale su cellule fetali (amniocentesi o villocentesi) in questa fascia di età. Di conseguenza, se per le gestanti più giovani il rischio è più basso, più numerosi sono comunque i nati Down in questa fascia di età.
Per uno screening di massa sono stati ricercati dei parametri atti ad individuare, a prescindere dall’età, le gravidanze a maggior rischio per la sindrome di Down e col dosaggio combinato di alcune sostanze presenti nel sangue materno è possibile riconoscere oltre il 60% delle gravidanze con sindrome di Down.
Deve essere chiaro che tale percentuale dimostra in realtà una bassa efficacia del test.
Villocentesi (intorno alla 11a settimana)
Consiste nel prelevare pochi milligrammi di tessuto della placenta in fase di formazione per effettuare su di esso le colture cellulari per la mappa cromosomica. L’esito dell’esame giunge in due tempi: il primo dopo circa una settimana ed il definitivo dopo 3 settimane. Ciò consente comunque, in caso di alterazioni cromosomiche importanti, di effettuare una interruzione della gravidanza in un periodo ancora precoce.
Rischio aggiunto di aborto = 1% circa.
Amniocentesi (intorno alla 16a settimana)
Consiste nel prelevare, mediante un ago attraverso l’addome materno, pochi millilitri di liquido amniotico in cui è immerso il bambino. Il liquido contiene cellule fetali di sfaldamento per la coltura.
La procedura viene eseguita sotto controllo ecografico, non è dolorosa e non comporta particolari difficoltà tecniche. L’esito si ha dopo tre settimane e quindi, in caso di alterazioni cromosomiche importanti, eventuali interruzioni della gravidanza potranno essere eseguite intorno alla 19a-20a settimana.
Rischio aggiunto di aborto = 0.5% circa.
Con questi ultimi due test è anche possibile sapere il sesso del nascituro. Se non si desidera conoscerlo, occorre farlo presente prima.