una donna ri vintiliri
In una Palermo di fine ‘800 la mafia cerca di imporsi
nelle borgate della città con intrighi e prepotenze, praticando,
tra le tante attività illecite, anche la stampa e coniazione
di moneta falsa. Per la scoperta di una di dette
fabbriche, esistente nella contrada di Sampolo, viene ingiustamente
additata come “informatrice” una bettoliera
della zona e la vendetta della mafia non si fa attendere.
In un vile agguato, la sera del 27 dicembre 1896, la donna
viene ferita gravemente mentre rimane uccisa, incidentalmente,
la figlia diciottenne. Le indagini delle Forze
dell’Ordine porteranno alla scoperta di una vasta associazione
criminale, nonché all’arresto e alla condanna
a trent’anni di uno degli esecutori del crimine, ma il vero
assassino resterà, per la legge, impunito. Come impuniti
rimarranno gli altri componenti della congrega malavitosa
grazie a compiacenti protezioni esterne.
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Parte Prima
“La visita e il disprezzo”
La donna si incamminava con passo sicuro costeggiando
l’ultimo tratto di riva per chi proveniva dalla Cala. La
sua altezza media metteva in maggiore evidenza la corporatura
robusta, ma il suo busto era ben dritto, il suo
portamento altero. Il lungo vestito nero, completato da
un velo che le copriva completamente il volto, indicava il
lutto stretto e recente da cui era stata colpita.
Giunse nella vasta e irregolare piazza ove sulla sinistra si
ergevano le Grandi Prigioni
1 . Poco più avanti, dallo spazio
che costituiva piazza Giacchery, si diramavano due
vie. Quella di destra era via delle Falde e conduceva ai
piedi del Monte Pellegrino, il cui promontorio dominava
la campagna circostante. Prima di arrivare alla piazza
Giacchery, la strada tornava nuovamente verso la riva e
conduceva al Molo. La seconda strada un po’ a manca,
iniziava quasi a fianco delle carceri dell’Ucciardone e
terminava nei pressi di piazza Leoni. Era via Sampolo
da cui prendeva nome l’intera borgata. Il nome ricordava
Pietro Sampolo, illustre avvocato e cattedratico di istituzione
di diritto romano e privato che, all’inizio del 1800,
aveva reso la contrada un amenissimo villaggio. Lo studioso
palermitano la sera del 17 maggio del 1861 era stato
misteriosamente ucciso, con due fucilate alla schiena,
nei pressi delle carceri dell’Ucciardone, mentre dalla
borgata, tornava a casa con il suo calesse. La sua morte
era rimasta un mistero.
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Le carceri dell’Ucciardone.
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L’amena contrada era costituita da una fila di casette
pulitissime, situate tutte sul lato sinistro, le cui finestre,
poste sull’altro lato, si affacciavano su degli ubertosi
giardini. Chi possedeva un primo piano, o una casa posta
a una certa altezza, poteva godersi la vista della natura
tutta attorno: i campi coltivati, i monti, le colline e
l’aria fresca del vicino mare resa più salubre
dall’ossigeno degli alberi. Sulla destra della via Sampolo
un vecchio muro, alto circa due metri, segnava il limite
del fondo Agnello: un vasto terreno coltivato ad agrumi.
La donna attraversò l’ultimo tratto del basolato di pietra
lavica di via del Molo, superò piazza Giacchery e incominciò
a percorrere via delle Falde. Intanto, dalla piccola
chiesetta del Bambin Gesù, posta alla sinistra della
strada, si udivano i rintocchi della campana che davano
il segnale dell’Ave Maria. La donna proseguì il suo cammino
inoltrandosi in via Ruggero Loria, una stretta strada
a destra che conduceva alla borgata dell’Acquasanta,
poi si diresse verso un agglomerato di case basse fermandosi
al civico 121. Davanti l’ingresso di una di esse,
con le imposte color marrone appena socchiuse, alcuni
uomini sostavano in silenzio; qualcuno mostrava il volto
non rasato, la barba aspra come la carta vetrata. Indossavano
vestiti alquanto modesti e i capelli in disordine;
altri invece, vestivano abbastanza bene giacca, gilè e
bombetta. Altri ancora portavano la coppola a sghembo
sul lato sinistro, come in uso nel mondo della malavita.
Il portamento di questi ultimi stava a indicare che si
trattava di gente malavitosa, “
malacarne” come in gergo
erano intese quelle persone dedite ai crimini più svariati.
Questi guardarono appena la donna che, dopo aver evitato
alcune pozzanghere, con un gesto deciso apri
l’uscio d’ingresso ed entrò nella casa. Gli uomini la seguirono
con lo sguardo, spinti forse dalla curiosità di
capire chi fosse. Essa si trovò in un ambiente angusto,
composto da due stanze comunicanti tra loro. Nella