la psicosomatica
- La Psicosomatica: quando il corpo parla di noi
- Come ristabilire l’equilibrio fra mente e corpo
Un tempo il medico prima ancora di somministrare un farmaco al proprio paziente si poneva nei confronti del malato nel tentativo principale di comprendere la predisposizione personale verso il disturbo e la comprensione di svariate situazioni personali e relazionali che si sovrapponevano o addirittura introducevano un eventuale disturbo di natura fisica. Questa può essere intesa come una chiara ottica psicosomatica lì dove il disturbo di natura organica non viene prettamente diagnosticato e trattato come un’ alterazione unicamente biologica ma come un aspetto all’interno di una moltiplicità di altri fattori e situazioni che intervengo nel sorgere, nel cammino e nella possibile guarigione o cronicizzazione di un malessere di natura fisica.
Come possiamo definire la psicosomatica?La visione odierna del benessere della persona fa riferimento ad una concezione circolare e olistica tra il funzionamento fisico di una persona e l’insieme dei fattori psicologici e personali che una persona si trova a vivere quotidianamente. Con il termine psicosomatica ci riferiamo pertanto ad uno strettissimo rapporto che intercorre tra la mente ed il corpo di una persona. Il modo in cui noi percepiamo, viviamo e facciamo funzionare il nostro corpo appare fortemente influenzato dal modo psicologico con il quale viviamo noi stessi e il rapporto con il nostro corpo.
In questo senso il corpo risente del nostro stato emotivo?Certamente. Oggi appare conclamata e scientificamente accertata l’idea che ogni persona non è fatta solo di funzionamenti biologici e chimici ma anche di stati d’animo, di emozioni e di uno stato di equlibrio personale sempre in divenire. Noi spesso proviamo delle emozioni come rabbia, paura e la stessa felicità, ma non siamo abituati a denominarle né molto spesso ad avere una facilità ad esprimerle con cura, dedizione e fluidità. Il nostro corpo essendo congiunto al nostro stato d’animo interiore risente di questa incapacità espressiva. Un po’ come una pentola a pressione: se non ci permettiamo di trovare uno sfogo emotivo, come ad esempio il pianto in una situazione di lutto, la rabbia in una situazione di litigio occasionale o continuata nel tempo(si pensi alle tensioni frequentemente vissute in famiglia, con il coniuge o sul luogo di lavoro), il nostro corpo “decide” di esprimere da solo questa necessità di emozionarsi-che etimologimante significa appunto mettere fuori; in questi casi potrà accadere che il corpo treoverà il suo sfogo ed esprimerà sotto forma di patologie e disfunzioni organiche quello che non riesce ad esprimere attraverso i normali canali emotivi
E cosa può succedere?In alcuni casi assitiamo a peiodici disturbi di lieve o media entità che si collocano sempre in una zona o funzione del corpo che diventa diciamo il punto debole della persona; pensiamo alle situazioni quali: disturbi della pelle come -psoriasi, alcuni casi di herpes; iperidrosi-alopecia nervosa-acne prolungata-dermatiti atopiche; convulsioni, disturbi del dolore frequente in alcune zone del corpo, tremori; disturbi funzionali gastrointestinali come stitichezza, colon irritabile, ulcere nervose; disturbi di natura sessuale come impotenza, disturbi della vescica, vulvodinia. In ognuna di queste situazioni è rintracciabile una incapacità della persona ad entrare in contatto ed ad esprimere in amniera sana la propria emotività spesso repressa o proprio non percepita(alessitimia: incapacità di leggere i propri stati emotivi)
Quali sono gli interventi da compiere?È importante considerare che non è facile che una persona accetti l’idea che un proprio disturbo organico possa avere origine da una situazione anche emotiva. Di solito, quando una persona non ha la capacità introspettiva di riconoscere una pur minima natura emotiva del prorio disturbo, ci si riferisce primaditutto da un medico generico magari il medico di famiglia prima ancora che da uno specialista. Il medico deve avere a sua volta la comprensione e l’apertura mentale di saper riconoscere la complessità di un disturbo e la potenziale natura non solo organica e biologica dello stesso. Una buona comprensione del racconto anamnestico del paziente può permettere di comprendere che c’è dell’altro, magari spesso non visibile attraverso delle analisi o una radiografia, oppure dopo molteplici accertamenti senza un esito diagnostico preciso. Quando accade questo è importante considerare di affiancare a dei necessari accertamnti medici, la possbilità di ricevere un ascolto psicologico da parte di chi si occupa nello specifico di questi trattamenti. Di sicuro non attraverso gli interventi farmacologici ma attraverso un percorso psicologico che miri al ripristino di un equlibrio tra mente e corpo, al ristabilirsi di un contatto con le proprie emozioni e all’aiuto verso la capacità di saper dare un nome ai propri vissuti emotivi e saperli vivere con equilibrio. Attraverso questo percorso sarà possibile comprendere il significato anche simbolico che il corpo vuole segnalarci attraverso questo suo parlarci con l’unico linguaggio che conosce, cioè quello dei segnali di alterazione funzionale. Imparare questo linguaggio permette con il tempo di far dialogare la mente e il corpo verso la costruzione di un benessere della mente e del corpo.