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Il potere della memoria: identità e legami familiari


Probabilmente in pochi ricordano lo tsunami che ha colpito le coste giapponesi l’11 marzo 2011. Ancora meno persone sanno che dopo l’inondazione in cui tantissime persone persero qualunque possedimento se non addirittura la loro vita o quella dei loro cari, i soccorritori recuperarono circa 750.000 fotografie nella sola piccola città di Yamamoto. Naturalmente le foto erano per la maggior parte molto rovinate da fango, olio e acqua. Per questo motivo un gruppo di volontari si è riunito per dare avvio al ‘Memory Salvage Project’ , un progetto di recupero, restauro e digitalizzazione delle foto, al fine di recuperare la memoria loro associata e di restituirle ai legittimi proprietari.


//www.youtube.com/watch?v=AZXfebJ57kM#t=48


L’aspetto interessante di questo progetto, secondo me, al di là del preservare la memoria di un evento devastante per un gran numero di persone, è la capacità di ristabilire la memoria precedente all’evento, e così di ristabilire l’identità personale e di rinvigorire i legami familiari.


Attraverso una fotografia è possibile riconoscersi in momenti diversi della propria vita precedente e recuperare modi di essere, vissuti, emozioni ed esperienze; recuperare un percorso che connetta il ‘come eravamo’ al ‘come siamo ora’ permettendoci di riconoscerci uguali a noi stessi sia allora che ora.


Inoltre ci permette di riattualizzare il rapporto con le persone che non ci sono più sentendole, in qualche modo, ancora presenti nella nostra vita attraverso le loro immagini e gli oggetti che sono loro appartenuti.


Questo progetto di salvataggio della memoria chiarisce molto bene alcuni dei meccanismi di funzionamento della memoria umana,ma ciò che più di tutto mi ha colpito è l’importanza, per le persone, della presenza di testimoni della propria storia: abbiamo bisogno di sapere che qualcuno era presente accanto a noi mentre vivevamo la nostra vita, e che questo qualcuno sia quindi in grado di testimoniare la realtà delle nostre esperienze; abbiamo bisogno di ancorare la verità interna, ciò che noi sappiamo di noi stessi, ad una realtà esterna che possa sopravvivere a noi e alle nostre eventuali ‘amnesie’, che ci permetta di non scambiare i sogni per realtà e viceversa. D’altra parte è la connessione con i nostri simili che ci rende reali ed umani, altrimenti, per quel che ne sappiamo, potremmo semplicemente vivere tutto nella nostra testa come una sorta di produzione onirica eccezionalmente complessa ma priva di ogni concretezza.


La prova più evidente di questo è il rapporto tra fratelli , il rapporto più longevo della vita di una persona, in cui il fratello maggiore è il detentore della memoria ed il testimone privilegiato dell’intera vita del fratello minore: se penso a mio fratello, più grande di me di circa tre anni, penso che lui c’era quando io sono nata, che sebbene non sia in grado di rappresentarlo mentalmente, ha vissuto emotivamente i contraccolpi della mia precoce ospedalizzazione, che c’era quando io ho vissuto le mie esperienze affettive o quando ho affrontato i primi problemi da adulta: nonostante lui non abbia mai preso parte attiva in questi eventi, era comunque presente come spettatore, e come tale, può raccontarmi la mia vita intera come nessun altro potrebbe fare al suo posto.


Pensate all’importanza che questo può avere nell’ adozione , più precisamente nella vita di una coppia di fratelli/sorelle adottati, in cui il ‘piccolo’ può ritrovare nel ‘grande’ il testimone della sua origine, scampando così all’esperienza del ‘buco nero delle origini’, mentre il grande, in assenza di fotografie dettagliate, è nella condizione di perdere tutto ciò che è precedente alla sua capacità di memorizzare gli eventi vissuti. In che modo questa diversa condizione influirà nella costruzione dell’identità personale di ciascuno dei due? Questo non è dato saperlo in anticipo ed in modo sufficientemente preciso, ma sicuramente la sensazione interiore di essere ‘radicati’ oppure ‘sradicati’ nella propria personalità, ha molto a che fare con le testimonianze che possediamo del nostro passato, e la presenza di un fratello/sorella ci consente di ‘ancorare’ la nostra memoria di noi stessi a qualcosa di stabile al di fuori di noi.


E voi cosa ne pensate? Aspetto i vostri commenti!


Dott.ssa Valentina Sbrescia