Ho imparato ad amare il mio nome
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Lilith, Venusia, Prisca: nomi strani, insoliti, con cui è difficile fare i conti, specialmente da piccole. Abbiamo intervistato un’esperta e raccolto alcune testimonianze di ragazze facendoci spiegare come hanno fatto a “fare pace” col proprio nome di battesimo
di Sara Ficocelli
“Il nome che abbiamo" spiega Giovanna Celia, psicologa, psicoterapeuta e direttore didattico del Centro Internazionale di Psicologia e Psicoterapia Strategica (CIPPS) di Salerno, "influenza il nostro carattere e senza dubbio anche le nostre relazioni. Il nome non è soltanto una etichetta ma rappresenta molto di più. I nomi sono attese, aspettative, sogni, speranze che i genitori proiettano su di noi fin da prima ancora della nostra nascita. Al nome è collegato un sogno di nostro padre o di nostra madre, è collegata una idea. Il nostro nome ha un peso sulla nostra vita. Pensate a chi si chiama Allegra o Fortuna, da loro è abbastanza chiaro cosa ci si aspetta e che proiezione ci sia sulla loro esistenza. Per le persone che hanno nomi particolari come Prisca, Oceania, la difficoltà è quella di essere diversi, unici, speciali, nessun’altro ha lo stesso nome. Può essere poco rassicurante portare il peso di tanta unicità. In genere ci fa sentire meglio riconoscersi in altri come noi, almeno fino a quando non si raggiunge la maturità per cui si può apprezzare la propria diversità. Inoltre è probabile che per avere un nome del genere, si abbia anche dei genitori che, a quel nome, associano cose specifiche e spesso pesanti per l’esistenza della figlia. Ci sono persone che hanno il nome di un personaggio letterario, o di un luogo associato ad esperienze significative per i genitori ma sconosciute a loro. Ci sono nomi frutto di battaglie o di compromessi tra i genitori. Tutto questo non è ininfluente per la vita del figlio. C’è sempre un destino, una strada designata di matrice familiare, reale o fantasmatica dietro il nome dei figli”.
LILITH MAZZOCCHI, 34 ANNI, ROMA
Lilith: da piccola lo odiavo. Tutti lo storpiavano: Lilly e il vagabondo, lillipuziani... e, malgrado io sapessi tutti i vari significati (alcuni li consideravo strafichi già in tenera età), non riuscivo a farci pace. Poi sono successe due cose: la prima è che si cresce, la seconda è che il desiderio di essere uguale a quelli accanto a te diminuisce (e io, figlia di fricchettoni ipergiovani e librai, già uguale agli altri mi ci sentivo poco). Poi cambiammo casa e dal tiburtino, dove i miei amici avevano la casa piena di sopprammobili vari ma di libri neanche l'ombra, arrivammo alla lungara, in Campo de' fiori, dove i miei compagni di classe erano più simili a me o almeno io li consideravo tali. Così avere il nome strano è diventata una ricchezza: Lilith è la moglie di Tex Willer e per gli egiziani è la parte oscura della Luna (da qui la canzone dei Pink floyd) ed è anche il titolo di una canzone dei Genesis. Soprattutto, è stata la prima donna creata da Dio che non volle sottostare all'uomo e per questo venne mandata all'inferno. E infatti il nome fu ripreso dalle femministe americane negli anni 70!
TELJA RANIERI, 35 ANNI, ROMA
A scuola fino alle medie tutti mi prendevano in giro e mi chiamavano "Tecla" dicendo che era un nome da gufo, come il gufetto della Disney Anacleto: io ero abbastanza timida e avevo sempre paura che mi prendessero in giro quando mi presentavo. Poi il fatto che non se lo ricordi mai nessuno e che tutti mi chiamino Clelia, Delia, Leila, mi ha sempre innervosita. Ho iniziato a fare pace col mio nome dopo la scuola, a 18 anni, quando ho cominciato a pensare alla storia che c'è dietro. Quando mia madre era incinta mio padre era in viaggio in India per lavoro e attraversò un villaggio la cui principessa si chiamava Telja. Cercò subito una cabina telefonica per chiamare mia madre e le disse: "Se nasce una bimba la chiameremo così!". Non è una storia bellissima?
PRISCA MAIZZI, 24 ANNI, FOGGIA
A mia madre il mio nome non è mai piaciuto e quindi di riflesso non piaceva neanche a me. Ad avermi sempre dato fastidio è il fatto che nessuno lo capisce la prima volta, devo sempre ripeterlo due o tre volte, facendo lo spelling per non essere chiamata Pesca, Trusca o altro. A volte mi è anche capitato che scambiassero il mio nome per il mio cognome. Ci ho fatto pace negli ultimi anni. È capitato che la sorella di una mia amica sia rimasta incinta e ha chiamato la figlia Prisca: a me ha fatto molto piacere, ma siamo solo 13 persone in Italia a chiamarci così, e mi sono sentita un po' gelosa della sua unicità.