Un'analisi attenta del problema permette di intervenire nei casi di bambini iperattivi e in apparenza svogliati. La diagnosi si può fare dai sette anni e occorre valutare la presenza e la persistenza di alcuni sintomi in casa, a scuola o nel tempo libero di Angela Dassisti
L’acronimo Adhd, negli ultimi anni sempre più noto , viene spesso associato e attribuito a ragazzi svogliati, difficili, con caratteristiche comportamentali simili a quelle dei bulli. Inoltre effettuando una breve ricerca sui suoi elementi distintivi è frequente l’associazione tra Adhd e alcune terapie farmacologiche. Ma esattamente di cosa stiamo parlando?
Il disturbo da deficit dell’attenzione e dell’iperattività (Adhd, Attention Deficit and Hiperactivity Disorders), molto discusso negli ultimi decenni, si caratterizza per la presenza di difficoltà in tre aree specifiche quali: l’attenzione, l’iperattività e l’impulsività. L’intensità e la presenza delle tre componenti contemporaneamente distingue alcuni sottotipi con peculiarità riguardanti maggiormente la disattenzione, l’impulsività o l’iperattività. Generalmente la diagnosi di un disturbo in queste tre aree non può avvenire, secondo i manuali statistici diagnostici, prima dei 7 anni di età e può essere effettuata valutando la presenza e la persistenza di alcuni sintomi specifici nei vari ambienti di vita: casa, scuola e tempo libero. L’obiezione che talvolta viene mossa nei confronti dell’esistenza di un deficit specifico, si basa sulla constatazione che l’iperattività sia una caratteristica dei bambini in fase di crescita e rappresenta un punto di forza verso la scoperta e lo sviluppo psico-motorio del bambino.
Tuttavia, non bisogna confondere la sana vivacità e la curiosità intellettiva, che peraltro accomuna anche molti bambini con deficit attentivo, con la difficoltà nel controllare l’eccessiva attività. I bambini iperattivi, infatti, vengono definiti con “il motore sempre acceso”, instancabili, con più energie rispetto ai coetanei. Laddove, in uno sviluppo normale i bambini tendono a monitorare con più facilità il proprio bisogno di muoversi, che coincide con l’ingresso nella scuola elementare, i bambini iperattivi mostrano una notevole difficoltà nel controllo dei propri movimenti: giocherellano o fanno cadere degli oggetti, canticchiano, rumoreggiano con la bocca mentre effettuano dei compiti, toccano tutto, si muovono o dondolano sulla sedia e fanno una gran fatica a restare seduti, assumendo spesso posizioni particolari soprattutto a tavola. Spesso si osserva, infatti, la loro necessità di iperstimolazione.
L’attenzione, invece, è un sistema molto sensibile all’affaticamento poiché utilizza le energie a nostra disposizione, che, se ridotte, diminuiscono la capacità di mantenere per un tempo lungo la concentrazione. Utilizziamo l’attenzione nell’effettuare compiti specifici e selettivi, ma anche nel gestire contemporaneamente più funzioni cognitive differenti e per tanto tempo. Se una di queste attività viene eseguita con maggiore fatica, il sistema attentivo tende ad utilizzare più energie di quelle dovute e se questo accade nell’arco di poco tempo, si disporrà di minori risorse per prestare attenzione in attività lunghe o complesse e non resterà alternativa che distrarsi.
L’impulsività, invece, è una caratteristica più istintiva legata alla velocità di reazione dinanzi ad uno stimolo. Da un punto di vista evolutivo essa ha ricoperto un ruolo fondamentale per l’individuo, ma nelle società moderne, che si distinguono per una maggiore razionalizzazione del comportamento, l’impulsività sembra essere meno apprezzata e poco richiesta. Le persone impulsive mostrano una grande difficoltà nel controllare le proprie risposte: dicono quello che pensano prima di aver valutato se sia opportuno farlo, tendono a “scattare come delle molle” senza riuscire a fermarsi sia da un punto di vista motorio (una ne pensano e cento ne fanno) che da un punto di vista emotivo, con reazioni eccessive di rabbia, pianto o felicità.
Le cause sono probabilmente attribuibili ad uno sviluppo minore o ad una bassa funzionalità di alcune aree cerebrali deputate al controllo e alla regolazione cognitiva. La ricerca ha evidenziato la presenza di familiarità del disturbo e di fattori ambientali che potrebbero incidere nel periodo pre-natale, ma anche durante la crescita e lo sviluppo dell’individuo. Spesso, inoltre, il disturbo da deficit dell’ attenzione e iperattività si presenta accompagnato da difficoltà scolastiche, difficoltà relazionali, disturbi d’ansia, dell’umore e del comportamento (disturbo oppositivo/provocatorio). Queste caratteristiche rendono più problematico il quadro e richiedono un intervento multimodale e multidimensionale, che si occupi contemporaneamente dell’individuo, ma anche della scuola e dell’ambiente familiare.
Nell’ultimo decennio, infatti, facendo riferimento alle caratteristiche ereditarie del disturbo ed in seguito al numero crescente di diagnosi di Adhd nei bambini, è stato osservato come questo tipo di deficit sia frequente anche negli adulti, per i quali sono previsti test diagnostici specifici, ma anche questionari che valutano la presenza dei sintomi durante l’infanzia. Questo disturbo non è una malattia dalla quale si guarisce prendendo una medicina, anche se esistono casi estremi nei quali può essere utile. Qualcuno sostiene che non esiste, poiché ci sono dei casi in cui i bambini riescono a controllarsi molto bene, forse spinti da una grande motivazione, talvolta in seguito ad una situazione piuttosto adrenalinica, altre per interesse e partecipazione. Tuttavia, la difficoltà di attenzione nelle prove neuropsicologiche è un fatto, la fatica nel fare i compiti o nel seguire le lezioni in classe sono un’evidenza, in alcuni casi la problematicità del comportamento è inevitabile.
Le indicazioni per un intervento mirato sul deficit da attenzione e iperattività sono ormai consolidate da un punto di vista terapeutico, sia per gli aspetti cognitivi che psicologici; negli ultimi anni sono stati messi a punto dagli esperti suggerimenti specifici per insegnanti e genitori per favorire l’apprendimento a scuola ed utilizzare uno stile didattico ed educativo appropriato. Lo stile di lavoro con i bambini disattenti, infatti, necessita di specifiche attenzioni, che considerino la motivazione, ma anzitutto i tempi fisiologici di concentrazione. Per questo motivo si ritiene più favorevole per il lettore avvalersi dell’approfondimento sulle caratteristiche del trattamento nella seconda parte dell’articolo, in cui verranno sviluppati con maggiore chiarezza alcuni aspetti e forniti suggerimenti appropriati.
21 dicembre 2011