l'amore raccontato attraverso il mito di eros e psiche
L’AMORE RACCONTATO ATTRAVERSO
IL MITO DI EROS e PSICHE
Jung si è avvicinato allo studio della mitologia in modo sistematico: nel 1911 in “ La Psicologia dell’inconscio ” porta a termine il suo studio della mitologia in riferimento alla malattia mentale, in particolare la schizofrenia.. La teoria del mito apre la strada alla teoria junghiana della libido, alla teoria dell’inconscio collettivo, alla teoria dell’energetica psichica.
Jung: sostiene che nei miti affondano le radici della personalità e che essi invitano l’umanità a contemplare la realtà spirituale insita nella nostra natura. La mitologia sarebbe alla base dell’interpretazione dei sogni e delle immagini simboliche dell’uomo moderno. Jung nella sua ricerca parla di archetipo , e di immagini archetipiche. E’ nell’ inconscio collettivo che si trovano gli archetipi e le immagini archetipiche da essi modellate. Gli archetipi per Jung sono di per sé irrapresentabili, i loro effetti si ripercuotono nella coscienza come immagini archetipiche consistenti in schemi o temi dominanti universali, che originano dall’inconscio collettivo e costituiscono i contenuti fondamentali delle religioni, dei miti, delle leggende e delle favole. Il mito non è l’archetipo in sé, ma ha origine da questo, è il prodotto del suo operare. Nell’opera “ Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia ” Jung sostenne che la degradazione di intensità della coscienza e del livello di attenzione corrisponde allo stato di coscienza primitivo in cui dobbiamo cercare la fonte di formazione dei miti. E’ probabile che gli archetipi mitologici siano sorti in maniera simile a quella in cui oggi si producono le manifestazioni archetipiche nei sogni, nelle fantasie psicotiche. Per l’uomo primitivo, coscienza e inconscio si sovrappongono, e i fenomeni naturali mitizzati, non sono allegorie di quegli avvenimenti oggettivi, ma piuttosto espressioni simboliche dell’intenso e inconscio dramma dell’anima il quale diventa accessibile alla coscienza umana per mezzo della proiezione sui fenomeni naturali. Conoscere i miti ci serve per capire e conoscere le espressioni antiche e le rappresentazioni degli archetipi, perché i miti, appunto si basano su archetipi. Anche Freud inizialmente aveva studiato il rapporto fra linguaggio dei miti e quello dei sogni, lasciandolo poi perdere perché considerato il primo un linguaggio arcaico.
Jung recupera una visione prospettica dei miti come elementi che portano allo sviluppo dell’individuo e sono una rappresentazione del processo di individuazione.
LA FAVOLA DI EROS E PSICHE
Viveva un giorno in un regno lontano un Re ed una regina, che avevano 3 figlie, molto belle di cui la minore Psiche era la più bella tanto da finire adorata da tutti come la nuova Venere, cosa che però non la aiutava a trovare marito, per cui Psiche era comunque molto triste. Venere, gelosa della bellezza di Psiche, ordinò al figlio di darla in sposa all'ultimo degli uomini per vendetta, Eros però si innamorò di lei. Psiche dopo aver consultato l’oracolo (fase dell’appello) accettò di farsi porre in cima ad un monte nel quale avrebbe aspettato la più mostruosa delle creature e invece giunse il vento Zeffiro che la condusse in una valle incantata dove visse felice per un certo periodo con Eros, a patto però di non vederlo mai in viso. Neumann interpreta questo mito come il passaggio dell’umanità dal matriarcato al patriarcato. Nel palazzo ci sono solo voci e Psiche vive sola, non vede nessuno, ciò significa che è ancora immersa nell’inconscio dove si aspetta di incontrare il fantomatico mostro ossia la sua ombra e la sua parte maschile, per l’appunto Eros. Psiche, ora gravida, contraddicendo l’ordine dello sposo di accettarlo al buio senza mai vederlo, su istigazione e inganno delle sorelle, invidiose della sua fortuna (perché ella viveva in uno splendido castello ed era felice) accende un lume che gocciolando olio (che simboleggia la passione potente) sveglia Eros e lei nel vederlo, lo perde. Il momento in cui vede Eros è per Psiche una prima presa di consapevolezza; un motivo del mito dice che Psiche si sia punta con una delle freccie di Cupido giocandoci. Le due sorelle di Psiche rappresentano simbolicamente la sua ombra, ossia la sua parte negativa che però mette in movimento il suo processo di individuazione. Psiche quando si rende conto di aver perso Eros per sempre si dispera e tenta il suicidio buttandosi nel fiume ma il Dio Pan la salva, onde evitare il disappunto di Eros e ingraziarselo. Pan con la sua saggezza legata alla terra le dice che Eros è un adolescente capriccioso e lei deve far di tutto per ingraziarselo. Psiche capisce qual è il suo percorso alla ricerca di Eros. La differenza fra questo mito e gli altri in cui l’eroe maschile combatte e uccide il drago (come Perseo che uccide Medusa eccc…) è che l’eroina che provoca gli eventi è ancora inglobata dalla Madre, avvolta nell’inconscio. Il mito di Amore e Psiche secondo la favola di Apuleio fa riflettere sull’elemento di novità contenuto in essa rispetto al motivo dell’eroe in genere: a differenza di questo, infatti, qui l’inconscio assume più direttamente la valenza positiva di energia soccorritrice, fonte di trasformazione creativa che genera coscienza. Le quattro prove cui viene sottoposta Psiche rappresentano il percorso che essa simbolicamente deve attraversare prima di giungere alla consapevolezza.
Inizialmente Psiche si vendica delle sorelle dicendo loro che il marito è Cupido e che l’ha abbandonata perché si è innamorata di loro. Le sorelle corrono in cima al monte sicure che Zeffiro verrà per portarle dall’amato, ma invece si schiantano al suolo. In seguito Psiche cerca l’aiuto e l’intercessione di Hera e Demetra ma invano, così si reca direttamente da Venere. Queste rappresentano tutte e tre aspetti del materno. Nel frattempo Eros, a causa delle bruciature dell’olio della lucerna di Psiche, si ammala , questo simboleggia la passione forte che l’adolescente non riesce a controllare. Afrodite comprende che la causa del suo male è Psiche e minaccia il figlio di ripudiarlo perché non è riuscito nel suo intento e l’ha umiliata. Per poter ricongiungersi ad Eros ed essere accettata nell'Olimpo, Venere infligge a Psiche quattro prove:
1) Separare dei semi mescolati in un tempo troppo breve . In questa prova Psiche viene aiutata da delle formiche: la formica rappresenta la capacità dell’uomo di discernere, classificare, capacità della coscienza annessa al maschile, perciò per Psiche inizia il suo incontro con il maschile alla luce della conoscenza. La prima prova richiede a Psiche di mettere in atto un principio discriminativo capace di ordinare una quantità di "semi" differenti che si trovano mescolati insieme: "Questo mucchio - osserva Neumann - è in primo luogo simbolo di un’uroborica mescolanza dell’elemento maschile." Le forze inconscie soccorritrici sono in questo caso le formiche, "simbolo - secondo M.L.Von Franz - dell’ordine segreto dell’inconscio collettivo", una sorta di "ordine inconscio" che è il solo capace di far fronte al caos disordinato con cui si presenta l’inconscio stesso; il senso al di là del non-senso di cui parlava Jung.
L’atteggiamento di Psiche esprime quindi un affidamento alle forze inconsce e alla loro benefica azione.
2) Strappare un ciuffo di lana dorata (o rosso) da un montone feroce . Giunta nel bosco, ormai sicura della sua fine Psiche incontra una canna che le dice di aspettare il tramonto,quando i montoni vanno a riposare e poi staccare i pezzi di vello rimasti attaccati ai rami. La canna che si trova nella palude richiama il mondo dell’inconscio, mentre il montone simboleggia il maschile potente che Psiche non deve affrontare nel momento di massima forza. Qui l’elemento inconscio che soccorre Psiche è la canna parlante ( Il consiglio è di aspettare la sera e di raccogliere i ciuffi di vello rimasti impigliati tra i rovi). Essa simboleggia la voce interiore che invita ad aspettare il momento opportuno (per l'appunto il calar della sera), per incontrarsi col principio spirituale (rappresentato dal Vello d'oro) senza venirne sopraffatta ed annientata.
La calma femminile, la capacità di attendere, dunque, rappresenta una grande risorsa di fronte all’impulsività irrefrenabile, all’istinto che si esprime in maniera violenta. Così descrive Neumann questa seconda prova: "il femminile deve soltanto interrogare il proprio istinto per entrare, al calar del sole, in una relazione feconda con il maschile, ossia in una relazione d’amore. Così viene superata la situazione in cui maschile e femminile si fronteggiano in mortale ostilità."
3) Raccogliere un bicchiere d'acqua dallo Stige , fiume infernale e qui viene aiutata da un’aquila che le riempie il bicchiere. La terza prova è il confronto di Psiche con l’irruente cascata delle acque dello Stige, simbolo dell’incontenibile forza dell’inconscio stesso e della sua mancanza di forma specifica.
Il compito di raccogliere un bicchiere di quell’acqua riesce grazie all’intervento dell’aquila di Zeus che si assume il compito di raccoglierla per lei.
"L’aquila - secondo M.L.Von Franz - rappresenta l’entusiasmo intuitivo e lo slancio spirituale del pensiero. Proprio quando la psiche umana non può più agire con le sue sole forze, viene sorretta da uno spirito eroico e intuitivo che sgorga dal suo inconscio".
Psiche rappresenta allora il femminile capace di contenere in sè e di dar forma all’inconscio che in lei stessa fluisce.
In tutte e tre queste prove è richiesto a Psiche di coniugare insieme gli opposti, superando la sterile contrapposizione.
4) Portare a Venere dall'Ade un vasetto di bellezza.
Nella seconda prova Psiche è chiamata all’incontro con la forza distruttiva solare del maschile, rappresentata dal mitico "vello d’oro" dei montoni.
La quarta prova, infine, è composta di due parti.
Nella prima parte Psiche deve affrontare il pericoloso viaggio agli inferi, guidata dai consigli di una Torre Parlante, la quale, maschile e femminile insieme, è simbolo della cultura umana e della coscienza umana e per questo viene chiamata "Torre che guarda lontano" . Essa mette in guardia Psiche dal cedere alla "pietà", quale modalità di relazione con l’altro, che non le consentirebbe di raggiungere la propria comple-tezza.
Nella seconda parte, invece, Psiche, tornata dal mondo degli inferi, cede alla tentazione di appropriarsi della bellezza divina e, pensando così di poter risultare più piacevole agli occhi di Eros, apre il vasetto consegnatole da Proserpina, atto questo che risulta per lei fatale.
Torna il tema iniziale della "bellezza", capace di avvicinare l’umano al divino.
Tutto il cammino di trasformazione di Psiche è iniziato per Amore, per l’irresistibile desiderio di "conoscere" Amore.
Ora che Psiche ha superato le prove, ha conosciuto e sopportato solitudine e disperazione, ora che ha in mano l’unica arma che conosce per attirare a sè ancora una volta Eros, la bellezza appunto, ( l’azione dell’amore, a quanto dice Platone per bocca di Diotima, "è la procreazione nel bello secondo il corpo e secondo l’anima" ) Psiche non può che tendere alla bellezza, pur consapevole che ciò significa "fallire", secondo la logica maschile dell’eroe.
E proprio in questo "fallimento" Psiche si manifesta fedele alla sua femminilità originaria in opposizione alla ragione totalmente maschile.
Così Psiche "muore" per Eros, ed è questo suo stesso sacrificarsi a lui che lo stimola ad agire: Eros si scuote ed accorre finalmente a salvare la sua Psiche. L’umano dimostra così al divino la propria uguale dignità attraverso la propria superiorità nell’amore.
BIBLIOGRAFIA
La psicologia dell’inconscio di C.G. Jung ed. Newton
Amore e Psiche di E. Neumann ed. Astrolabio