Genitori: quanti dubbi...
Mi capita spesso di accompagnare pensieri di genitori, giovani e meno giovani, che si interrogano sul modo “giusto” di svolgere questo ruolo delicato. Le domande che più ricorrono sono: “Stiamo sbagliando?” “Come si fa a capire se sto facendo bene? “ “Dove abbiamo sbagliato con nostro figlio?”. Quello che si sentono spesso rispondere da me è: “ma qual è secondo voi il modo giusto di essere genitori?” Vi direte: “Classico di uno psicologo: rispondere ad una domanda con una domanda!” Forse si, ma non si può dare una risposta ad una domanda senza essere certi di averne capito il vero senso. Perchè solitamente, dietro quelle domande c’è un’idea ben precisa di che cosa dovrebbe fare -non fare, cedere-non cedere, dire-non dire, un genitore. E quelle idee ben precise nascono dalla storia del loro essere figli di determinati genitori... Genitori a cui si vorrebbe assomigliare, o da cui si vogliono prendere le distanze, ma che comunque ci aiutano a costruire un modello genitoriale ambizioso, fatto di sacrifici, rinunce, dedizioni, soddisfazioni, gioie e dolori. Forse la domanda che pongo è anche un modo per dire che non esiste una unica risposta, non esiste un “unico modo giusto” di fare il genitore, perché genitori si è. Essere genitore significa non poter fare qualcosa che non si è, che non appartiene al proprio essere, alla propria storia familiare. La coerenza interna, la consapevolezza del proprio essere genitore intriso di legami della propria storia familiare, ricordarsi che i genitori sono sempre e comunque almeno DUE, questi sono ingredienti che aiutano a vivere con meno sofferenza l’essere genitore, senza rincorrere affannosamente un’ideale di genitore “giusto”.