emozioniamoci
Non passa un attimo della nostra esistenza che non sia accompagnato da un’emozione: gioia, tristezza, noia, rabbia… sono con noi nel percorso della nostra vita, si nascondono dietro scelte importanti, comportamenti azzardati, decisioni improvvise o anche ragionate...Qualche volta facciamo in modo di nasconderle, per non ferire l’altro, o per non sentirci vulnerabili, o semplicemente perchè non ci sentiamo a nostro agio. Spesso, capita di non riconoscere l’emozione, in noi, o anche nell’altro, e di sentire incomprensibile un comportamento, che è dettato da quell’emozione che in quel momento non riusciamo ad identificare. Altre volte ci sentiamo costretti a contenere l’energia emozionale, o non riusciamo a liberarla e sentiamo un groviglio nello stomaco senza riuscire ad identificarne la causa.Nessuno ci insegna ad emozionarci, ma abbiamo invece tanto da imparare sulle emozioni: ciò che impariamo dalle esperienze sulla nostra vita emotiva spesso non è sufficiente, o acquisiamo cognizione discutibili sia per la qualità che per la veridicità e che possono portare problematiche psicologiche. Pensare, ad esempio, che è meglio reprimere certe emozioni, come la tristezza, o che quando si prova rabbia è lecito picchiare, rompere oggetti, o al contrario pensare che provare rabbia sia pericoloso… Dando per vere certe credenze sulle emozioni si rischia di vivere male la propria emotività e avere anche seri problemi psicologici. Non essere preparati sulla propria vita emotiva può essere dannoso a qualunque età: il caos della nostra vita interiore, se non adeguatamente esplorata, ci può tenere particolarmente impegnati a cercare di capire se è giusto o meno ciò che sentiamo, o a cercare di evitare di pensare a certi sentimenti, di reprimerli e possiamo prestare meno attenzione invece al mondo esterno. Per chi conosce in modo confuso o male se stesso diventa poco interessante curiosare nel mondo e imparare cose nuove. Ad esempio quando ci capita qualcosa di particolarmente emozionante, riusciamo a mala pena a ricordare cosa succede intorno a noi, sia che si tratta di momenti belli come il giorno del matrimonio, o la nascita di un figlio, sia in momenti dolorosi come un lutto. Siamo così presi dal cercare di mettere ordine, di sembrare quanto più sereni, di non piangere, che focalizzare l’attenzione su ciò che avviene fuori è difficilissimo, e dopo sembra di aver vissuto un sogno, o un brutto incubo, in cui tutto sembra confuso e ci sembra difficile persino dare una sequenza temporale ai ricordi di quel momento: cos’è successo prima? cosa dopo?Quanto più siamo impegnati a mascherare o cercare di capire l’emozione del momento, tanto meno riusciamo a viverla coerentemente con ciò che sta succedendo, in modo naturale. Tutto ciò avviene soprattutto quando, come dicevo prima, ci sono credenze sbagliate sulla vita emozionale che non ci permettono di esprimerci in modo sano e naturale. Questo è uno dei motivi per cui la scuola oggi presta particolare attenzione, già dalle scuole materne al riconoscimento delle emozioni e alla loro elaborazione.Nessuno ci può insegnare come emozionarci, e non ci sono regole su cosa è giusto fare quando si è felici e cosa invece bisogna evitare quando si è arrabbiati, ma il solo fatto di riconoscere che in quel momento si sta vivendo una particolare emozione ed esprimerla già solo a parole ci può aiutare a viverla meglio.
Nel mio lavoro mi capita spesso di incontrare famiglie in cui è palese il congelamento delle emozioni. I membri della famiglia sono attenti a non lasciar trapelare le proprie emozioni pensando che sia sbagliato, ad esempio, che un genitore mostri al figlio la propria tristezza per un lutto, o anche la propria rabbia per un litigio con il coniuge. Sono impantanati nel cercare di nascondere ai figli quanto meglio le loro emozioni, e soprattutto pensano di riuscirci…
In realtà le emozioni hanno la grande capacità di non poter rimanere nascoste, e trapelano nonostante tutto. Ciò significa che quando nascondiamo un’emozione ad una persona significativa, l’altro sentirà che c’è qualcosa di ambiguo in quella espressione o in quel comportamento, e se la regola implicita che si sono dati in quella relazione è di non parlarne… quel silenzio deteriorerà certamente la relazione. Questo vale per una coppia di genitori, di fidanzati, di coniugi ma anche nella relazione madre figlio, padre figlio o comunque genitori figli… Perché prima ancora di capire, di ragionare ed esprimere le emozioni, impariamo a viverle, ed è per questo che soprattutto i bambini piccoli riescono a captare meglio degli adulti gli stati d'animo di un genitore. Dire ad un figlio “ mamma non è triste” quando si è tristi, mette il bambino in confusione e lo si potrebbe far metter in discussione sulla possibilità di vivere la propria tristezza e di poterla condividere con qualcuno. Certo, condividere e parlare di emozioni non è sempre facile, un po’ per la frenesia della società in cui viviamo, che ci porta a dare più peso alle “cose da fare” che al “come viverle”; un po’ perché siamo figli di una cultura che ci ha insegnato a non contare sugli altri, a sapercela cavare sempre da soli, ma se siamo coerenti con questo mito culturale, rischiamo di vivere male noi e far vivere male gli altri per noi significativi, che non potranno mai accedere al nostro mondo emotivo.
Darsi un tempo per riflettere con qualcuno sulle proprie emozioni è certamente un modo per iniziare a conoscere meglio se stessi, farsi conoscere e conoscere l’altro, e vivere a pieno la propria esistenza, riaccendendo la curiosità verso il mondo insita nel genere umano.