Patologie della relazione tra genitori e figli. Violenze e abusi.
MODELLI PATOLOGICI DELLE RELAZIONI NELLE FAMIGLIE ABUSANTI
II disturbi relazionali delle famiglie in cui avvengono abusi, possono essere di vario tipo. Noi analizzeremo i modelli che si riscontrano più frequentemente.
1° - INTERDIPENDENZA
I coniugi dipendono l’uno dall’altro, vivono in una specie di simbiosi, per cui nei rarissimi periodi di distacco sono presi da ansia e depressione. Sono soggetti che hanno alle spalle storie di carenze affettive, e come caratteristica fondamentale una bassa autostima ,per cui cercano il completamento e l’integrità del sé, nel rapporto fusionale con il partner. È evidente che, in una situazione come questa il figlio può prendere poco spazio per sé. I coniugi anche se a livello fantasmatico hanno desiderato il figlio, nelle situazioni critiche lo vedono come un intruso su cui proiettare impulsi aggressivi.
2° - CONFLITTO
In una situazione conflittuale, il figlio può essere visto come surrogato del coniuge ed essere strumentalizzato per alleanze disfunzionali che si fanno e disfano con lo scopo di offendere il partner o difendersi da lui. In questo contesto il genitore maltratta il figlio utilizzandolo come sostituto del coniuge.
3° - ASSENZA DEL PARTNER
In genere in questi casi è la madre che vive sola e si possono verificare due situazioni che disturbano il rapporto:
- o la madre vede il figlio come ostacolo alla sua realizzazione di donna o di professionista;
- o il figlio diventa il ricettacolo delle assurde aspettative della madre ,che in tal modo vuole compensare i suoi vuoti affettivi.
Nei tre tipi di modello relazionale, come si evince facilmente, il bambino è costretto ad assumere il ruolo di capro espiatorio della crisi familiare.
C’è, in definitiva, un’incapacità da parte dei genitori o di uno di loro di stabilire un efficace e profondo legame di attaccamento con il figlio o un rifiuto, consapevole o meno, del bambino ritenuto non idoneo a soddisfare le proprie aspettative: pensiamo ai cosiddetti bambini–bersaglio.
BAMBINI BERSAGLIO
bambini con handicap
gemelli
prematuri
immaturi
Questi bambini sembrano paradossalmente attirare su di loro le violenze di alcuni genitori.
BREVI CONSIDERAZIONI SULL’ATTACCAMENTO
Durante la gravidanza il legame affettivo madre-bambino procede in modo unidirezionale. È durante il primo anno di vita che si sviluppa quello che JOHN BOWLBY chiama ATTACHMENT.
È nello scambio e nella reciprocità con la madre che il bambino costruisce il primo nucleo fondamentale del sé ed inizia la capacità di interazione sociale.
È ampiamente dimostrato che le relazioni interpersonali dei primissimi anni di vita, in modo particolare quelle con la madre, sono di fondamentale importanza per lo sviluppo futuro, in definitiva l’ambiente condiziona il soggetto per tutta la vita, ma l’esperienza dei primi anni è decisiva. In particolare alcuni sentimenti come la fiducia di cui parla Erikson, la confidenza di Benedek, la sicurezza di Winnicott, il rapporto empatico con gli oggetti-sé esprimono in pratica lo stesso concetto.
Se il legame affettivo, da parte della madre è debole l’attaccamento o si struttura in forma disturbata o non si struttura affatto e la madre non si attacca al bambino.
Anche la separazione dalla madre che per i bambini-bersaglio si rende necessaria dopo la nascita, fa si che l’attaccamento si sviluppi in modo disturbato o con notevole ritardo.
In particolare quest’ultima modalità riguarda le madri dei prematuri o immaturi che provano quasi sempre un senso di delusione.
Per quanto riguarda i bambini con handicap lievi o gravi possiamo affermare che i genitori subiscono una grave ferita narcisistica causata dal notevole divario tra il bambino desiderato a livello fantasmatico ed il bambino reale, per cui spesso o si rifiuta l’handicap o si rifiuta il bambino.
Per i gemelli accade che spesso i genitori sono impreparati ai sacrifici che le cure dei gemelli richiedono in particolare se la gravidanza non era stata desiderata.
Difficilmente le violenze dei genitori si abbattono su entrambi i gemelli: in genere si tende a percepire uno buono e l’altro cattivo. Quest’ultimo verrà maltrattato e sarà costretto ad assumere l’identità che i genitori avranno nel tempo costruita per lui.
Queste situazioni, pur essendo ad altissimo rischio, non sono sufficienti a scatenare forme di violenza è necessario che siano presenti altri co-fattori quali:
- specifici tratti di personalità;
- uno specifico e particolare retroterra affettivo dei genitori.
CHI È L’ADULTO MALTRATTANTE?
Henry Kempe afferma che i genitori maltrattanti non rientrano in una categoria che possa essere oggetto di una diagnosi psichiatrica.
Esistono, comunque, delle caratteristiche comuni che possono spiegarci il perché l’aggressività presente in ognuno di noi possa proiettarsi e scatenarsi contro i propri figli.
Caratteristiche comuni ai diversi tipi di Personalità
- RIPETIZIONE GENERAZIONALE
- IMMATURITÀ AFFETTIVÀ
- NARCISISMO BENIGNO
- NARCISISMO MALIGNO
In genere i genitori abusanti hanno alle spalle storie di abuso e di violenza, ma esistono dei processi interni che provocano l’aggressività.
I genitori abusanti avrebbero,da piccoli, ignorato i propri bisogni, perché costretti a soddisfare quelli degli altri, inoltre la relazione di attaccamento fragile ai propri genitori li avrebbe resi insicuri, con una bassa autostima e scarsa fiducia di base. Tutte queste caratteristiche li rendono dipendenti da modelli culturali stereotipati.
Il figlio viene considerato un prodotto che “deve essere necessariamente buono, un modello, deve capire, deve essere maturo. In questo modo il bambino deve assumere comportamenti da adulto: c’è un ribaltamento dei ruoli.”
Di fronte a tutto questo il bambino ,per quanto grandi siano i suoi sforzi, non sarà mai all’altezza della situazione, quindi per il genitore sarà sempre da modificare. Si stabilirà quindi una sfida tra il bambino che cercherà di adeguarsi alle richieste del genitore ed il genitore che avrà delle aspettative sempre più irrealistiche ed inadeguate alle potenzialità del bambino.
In questo clima,carico di ansia e di insicurezza, il bambino, pur di soddisfare le richieste dei genitori, cercherà di intuirle e prevenirle sviluppando una personalità AS IF (come se) caratterizzata da una labilità di identificazione e, quindi, da una pseudoidentità.
Sul narcisismo si è scritto moltissimo, a noi preme solo sottolineare che i sentimenti di amore di sé sono legati alle vicende dei primissimi anni di vita ed in particolare al rapporto con gli oggetti-sé (la madre ed il padre); la prima soddisfa il bisogno di conferma e di rispecchiamento, il secondo il bisogno di idealizzazione.
I tratti salienti della personalità narcisistica si esprimono con un’eccessiva considerazione di sé ed un bisogno smodato di riconoscimenti e di ammirazione da parte degli altri.
Dietro una facciata brillante c’è il bisogno di manipolare, dominare, strumentalizzare gli altri, pertanto i rapporti interpersonali non possono essere che opportunistici.
Pur di non perdere la propria libertà personale ,il genitore narcisista trascura i propri figli, anche amandoli.
Il narcisismo maligno si esprime con forme megalomaniche e con il bisogno irrefrenabile di opprimere ed umiliare i più deboli.
Esistono molti genitori apparentemente normali, ma che mettono in atto nei confronti dei propri figli delle vere e proprie forme di violenza psicologica.
Questi genitori sono apparentemente normali anzi gentili, premurosi con gli altri appaiono ricchi di saggezza di vita che elargiscono a profusione. Al di là delle apparenze sono nei confronti dei figli, freddi staccati, rigidi. La relazione con il bambino si esaurisce in comandi finalizzati all’ordine, alla pulizia del corpo e dell’ambiente. Mancano totalmente di calore e di empatia.
Applicano misure coercitive reprimendo la spontaneità, la vitalità del bambino e giustificando il tutto come necessario per una sana crescita del bambino.
E’ probabile che il bambino diventi un bambino calmo e tranquillo.
ANNA FREUD: “I genitori ed i bambini si fronteggiano come due fazioni diverse :i genitori vogliono qualcosa che i bambini non vogliono, i bambini vogliono qualcosa che i genitori non vogliono.” Queste forme di microviolenza si sviluppano in famiglia con atteggiamenti punitivi sproporzionati alle effettive mancanze del bambino. E’ probabile che il bambino diventi un bambino calmo e tranquillo.
Alice Miller si chiede a quale prezzo?
PRINCIPI E REGOLE DELLA PEDAGOGIA NERA
(Alice Miller)
1. gli adulti sono i padroni dei bambini che da loro dipendono;
2. essi atteggiandosi a dei decidono cosa sia giusto o ingiusto;
3. la loro collera deriva dai loro conflitti personali:
4. essi ne considerano responsabile il bambino;
5. i genitori vanno sempre difesi;
6. i sentimenti impetuosi del bambino rappresentano un pericolo per il loro padrone;
7. si deve “privare” il più presto possibile il bambino della sua volontà;
8. tutto questo deve accadere molto presto affinché il bambino non si accorga di nulla e no possa smascherare gli adulti.
Pretendere che un bambino accetti le punizioni con la convinzione che sono per il suo bene, significa spingerlo a diventare un assertore della validità delle maniere forti.
FENOMENOLOGIA DELLA VIOLENZA AI MINORI
In questo campo le conoscenze sono molto limitate, poiché esiste un sommerso e c’è un’impossibilità di quantificare con precisione il fenomeno.
Secondo le statistiche l’80% dei bambini ricoverati per maltrattamenti ha un’età da 0 a 3 anni. Questo perché un piccolo richiede impegno ed a volte i genitori non sopportano alcuni comportamenti come il pianto insistente, insonnia, l’agitazione ecc.
Ora gli effetti negativi dell’abuso sono tanto più gravi quanto più piccolo è il bambino. Il piccolo è, infatti, colpito da un doppio trauma.
- la violenza fisica;
- il trauma interno provocato dalla carenza di sostegno e supporto affettivo.
Il bambino che ha sofferto precocemente l’ostilità dell’ambiente porta con sé i segni della sfiducia e dell’insicurezza.