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Panta Rei: la responsabilità di rinascere da se stessi.

Il cambiamento e’ insito nella natura dell’uomo. Questo era gia’ alla base del pensiero di Eraclito, nel V secolo a.C., che con la sua teoria del divenire (Panta Rei, tutto scorre ) concepiva che la forma dell’essere e’ il divenire, poiche’ ogni cosa è soggetta al tempo e alla trasformazione, ed anche cio’ che sembra statico e fermo in realta’ e’ dinamico.


Per cui la paura di cambiare è una condizione “ontologica” dell’uomo? Oggi la nostra società respinge la stabilità e la durata, preferisce l’apparenza alla sostanza, e il tempo si frammenta in brevi episodi costringendo il soggetto a repentini cambiamenti.


Bisogna ammettere che nessun cambiamento porta con sè esclusivamente effetti positivi e/o negativi, il fatto è che di fronte alle modifiche (non solo concrete ma anche psichiche) sale l’incertezza, la sottile paura di non riuscire a gestire il nuovo evento, una sorta di ansia anticipatoria che può provocare preoccupazione e/o agitazione, tali da attivare dei meccanismi difensivi che non sono stati scelti mediante una valutazione razionale, ma che rappresentano una risposta percepita come inevitabile, automatica ed inspiegabile per proteggersi da ciò che è sconosciuto.


Tutto ciò può sembrare assurdo ma in realtà non lo è, tanto che nel DSM IV (Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali) esiste uno specifico disturbo legato a questa condizione, il disturbo dell’adattamento , diagnosticabile nel momento in cui la risposta di un soggetto ad un cambiamento di vita comporta un marcato disagio personale, sociale e lavorativo, e questo indipendentemente dal fatto che questa novità possa essere vissuta in modo positivo e/o negativo.


La paura di cambiare ed il suo superamento tirano in ballo il suo funzionamento; solo se capisco come funziona posso riparare un oggetto, così vale anche per la psiche e le sue dinamiche.


Quando si parla di cambiamento interiore si parla di cambiare la visione che abbiamo di noi stessi , una visione che deve in qualche modo adeguarsi tanto al mondo esterno con le sue richieste, tanto a quello interno con suoi bisogni e le sue pulsioni; e l’immagine di noi si modifica tanto di fronte a cambiamenti positivi quanto negativi.


Erich Fromm parla di “ fuga dalla libertà ”, una sorta di paura di essere finalmente liberi; quando si impone una modifica del proprio comportamento usuale non c’è solo paura di perdere la sicurezza ma anche paura di ciò che si potrebbe diventare.


E. Fromm ci dice che l’uomo ha paura della libertà perchè fondamentalmente ha paura di prendersi la responsabilità di se stesso.


Una possibile riflessione potrebbe essere questa: se cambio non metto in discussione solo me ma anche il mondo che mi circonda e che mi ha visto in un certo modo fino ad ora ? E questo mondo mi accetterà anche se mi manifesterò diverso da come mi conosce?


La paura del cambiamento quindi si sviluppa su di un doppio binario: l’accettazione del cambiamento da parte del mondo e l’accettazione del cambiamento da parte di se stessi.


Questa dinamica passa attraverso l’Io , quella istanza psichica che permette al soggetto di dire “io sono così” e che e’ responsabile del nostro metodo di apprendimento e lettura della vita.


Ogni cambiamento, imposto dall’ interno o dall’esterno di sè, passa attraverso questa fondamentale funzione: cambiare costringe l’Io a cambiare metodo di incasellamento; questo non comporta solo l’organizzazione delle nuove esperienze di vita ma anche e soprattutto la ri-organizzazione delle esperienze del passato.


Ancora di più allora per affrontare al meglio i cambiamenti è necessario essere disponibili a rischiare e, soprattutto, a rischiare di conoscere meglio se stessi al fine di impedire al soggetto di diventare un estraneo di se stesso.