INTERVENTO TERAPEUTICO
L’intervento terapeutico
La cornice all’intemo della quale si articola il processo terapeutico, nell’ottica costruttivista, è esemplificabile mediante la metafora originariamente proposta da Kelly (1955) dell’uomo come scienziato. Il lavoro terapeutico è concettualizzato come un processo di ricerca all’interno del quale paziente e terapeuta svolgono i ruoli distinti e complementari rispettivamente di ricercatore e di supervisore alla ricerca. La metafora definisce le competenze specifiche di ciascuno dei due membri della relazione: il paziente è l’esperto rispetto all’oggetto della ricerca (il suo sistema di conoscenza, le sue sensazioni, i suoi pensieri, le sue emozioni ecc.) poiché è l’unico ad avere la possibilità di un contatto diretto con esso; il terapeuta è l’esperto rispetto al metodo e il suo compito è quello di suggerire gli strumenti, le procedure
e i tempi per portare avanti l’intero processo. In questo lavoro la logica è quella della ricerca scientifica: non esistono verità, ma solo ipotesi, più o meno attendibili, che devono essere verificate, ipotesi che saranno considerate valide
La psicoterapia Cognitivo-Costruttivista
L’obiettivo è la ricostruzione delle caratteristiche degli schemi prevalenti del sistema di conoscenza del paziente, della loro influenza sul suo comportamento e dei processi di costruzione dei significati. Alcune di queste strutture e di questi processi sono più facilmente accessibili per la coscienza, altri più difficili o addirittura impossibili da rappresentare a questo livello. Ad esempio i processi intemi che fanno sì che - in un determinato momento - un individuo si comporti nella relazione con un altro precisamente come si sta
comportando possono raggiungere il livello della consapevolezza solo in minima parte. Al massimo, focahzando l’attenzione sui propri comportamenti, è possibile essere consapevoli degli obiettivi generali
che li guidano, ma la scelta specifica delle parole pronunciate, della gestualità, della mimica e delle emozioni che li accompagnano derivano da un insieme complesso di processi intemi che, per la contemporaneità e la rapidità del loro svolgersi e per l’automatismo che li contraddistingue, non sono e non possono essere consapevoli. Il processo di autoconoscenza comporta quindi spesso il tentativo di ricostruire, a posteriori, e in termini inferenziali i processi messi in atto al di fuori della consapevolezza.
Comunque, sia che ci si proponga di ricostruire strutture conoscitive più facilmente accessibili alla coscienza o strutture della conoscenza non consapevole, è il paziente stesso che dovrà effettuare la ricostruzione delle conoscenze relative a se stesso. Compito del terapeuta è aiutarlo ed accompagnarlo nel percorso di autoconoscenza, indirizzandolo (spingendolo a “guardare”) nelle direzioni potenzialmente
più utili e sostenendolo nei momenti emotivamente più difficili, senza offrire proprie interpretazioni o conoscenze “preconfezionate”. Anche quando si lavori su materiali altamente simbolici, com‘e i sogni notturni, è compito del paziente formulare le interpretazioni, mentre il terapeuta si limiterà a facilitarle proponendogli accostamenti fra immagini narrate, sensazioni provate, ricordi significativi e frammenti di autoconoscenze ricostruite nel corso del lavoro terapeutico.
Per risultare efficace ai fini del cambiamento, l’acquisizione di nuove conoscenze su di sé non può essere esclusivamente razionale, ma deve essere sentita e rivissuta emotivamente. Una persona può comprendere razionalmente molte cose relativamente al mo do in cui funzionano i propri processi psichici, senza che questo induca cambiamenti interni significativi. Un conto, ad esempio, è capire teoricamente che molti dei propri problemi attuali derivano da determinate interazioni avute con i genitori durante l’infanzia, un altro è riuscire - con le attuali potenzialità cognitive - a riattivare e rivivere nel setting terapeutico le sensazioni di abbandono, ostilità o paura che pur avendo caratterizzato gran parte di quel periodo di vita non sono state espresse e sono state quindi inibite e mascherate. È prevalentemente attraverso questo percorso che la modalità di rappresentarsi quelle esperienze, una volta ricostruite a livello di coscienza, può andare incontro ad un processo di riorganizzazione che può tradursi in una modifica dei significati personali. Per facilitare il paziente nel passaggio dal capire al sentire possono essere utilizzate tecniche specifiche di lavoro sulle emozioni ed un uso differenziato del setting con l’utilizzazione, in determinati momenti, di una poltrona reclinabile. All’intemo di questa cornice teorico-metodologica la lunghezza media di un trattamento psicoterapeutico è di circa tre-quattro anni (con frequenza settimanale delle sedute), pur all’interno di un’ampia variabilità individuale.