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LA VIOLENZA ENDOFAMILIARE: ASPETTI GIURIDICI E PROFILI PSICOLOGICI
Gli aberranti fatti di cronaca che vedono sempre più spesso uomini non arrendersi alla perdita del dominio sulle proprie donne e sui figli inducono a riflettere su quel particolare tipo di violenza che è tanto più odiosa in quanto consumata da chi dovrebbe essere preposto – già biologicamente - ad amare e difendere la compagna e la prole, nell’ambiente più caro che si possa pensare: la propria casa.
A questi temi è stata dedicata la giornata di studio del 5 marzo che si è svolta presso l’Aula di Corte d’Assise del Tribunale di Viterbo, aperta dalla relazione del P.M. dello stesso Tribunale Dr.ssa Paola Conti, moderata dall’Avv. Ginetta Bergodi, Presidente della Sez. Territoriale di Viterbo dell’AIAF, Associazione Italiana Avvocati di Famiglia, con la partecipazione della Dott.ssa Marisa Nicolini, psicologa, Vice-Presidente dell’Associazione “OLTRE IL CONFLITTO”.
L’evento, patrocinato della Camera Penale di Viterbo, ha avuto un titolo evocativo: “VIOLENZE ENDOFAMILIARI: ASPETTI GIURIDICI E PROFILI PSICOLOGICI”, tanto più significativo in quanto a ridosso dell’8 marzo “Festa della Donna”.
L’articolo che segue riporta ampi stralci dell’intervento della psicologa Dr.ssa Nicolini.
Parlare di violenza di genere è sempre, purtroppo, di grande attualità se è vero che ogni tre giorni una donna muore per le violenze riportate in famiglia, molte donne e minori subiscono quotidianamente violenza domestica, subita e assistita, e i dati che si conoscono sono assolutamente sottostimati per l’ancora enorme reticenza a denunciare.
Violenza endofamiliare, o domestica: una contraddizione in termini, perché la famiglia dovrebbe rappresentare il nucleo degli affetti, del sostegno reciproco, della collaborazione materiale e dell’alleanza emotiva, il luogo dove potersi spogliare delle difese necessarie nella società, per lasciarsi andare ed essere finalmente se stessi.
Ma lavorando quotidianamente con gli individui e le famiglie ben sappiamo che questo non avviene e, anzi, talvolta il peggiore dei mondi possibili è proprio in famiglia, tra le pareti domestiche, al riparo da occhi indiscreti, anche perché qualcuno ancora afferma che “I panni sporchi si lavano in casa!”
Secondo l’OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità, è violenza domestica “ogni forma di violenza fisica, psicologica o sessuale che riguarda tanto soggetti che hanno, hanno avuto o si propongono di avere una relazione intima di coppia, quanto soggetti che all’interno di un nucleo familiare più o meno allargato hanno relazioni di carattere parentale o affettivo”.
Esistono diversi tipi di violenza perpetrata nella maggior parte dei casi dall’uomo sulla donna, sui minori o sugli anziani, tra cui si è soliti distinguere in:
La violenza fisica: si manifesta come un’ aggressione corporea contro la persona con comportamenti quali: spintonare, colpire, schiaffeggiare, percuotere, strangolare, tirare i capelli, provocare ferite con calci, ustioni, armi contundenti e/o da fuoco sino all’uccisione.
La violenza psicologica : consiste in comportamenti, azioni e parole che minano e mettono in pericolo l’identità e l’autostima, come ad es. insulti, controllo, minacce, isolamento, minaccia di morte o di suicidio (anche davanti a terzi), ricatti, pressione psicologica a mezzo di danneggiamento di oggetti importanti e/o sevizie sino all’uccisione di animali domestici.
La violenza sessuale : consiste in comportamenti a sfondo sessuale e in ogni forma di sessualità attiva e passiva imposte contro la volontà della donna, come ad es. ogni costrizione al sesso (anche con terzi o per soldi), ogni forma di denigrazione sessuale sino allo stupro. Per donne di determinate culture è da considerare violenza anche ogni forma di mutilazione degli organi sessuali.
La violenza economica : creare o mantenere una dipendenza economica, non dare alcun mantenimento o darlo in misura inadeguata, costringere all’assunzione di impegni finanziari, vietare o impedire il lavoro o la formazione, sfruttare il lavoro, abusare della disponibilità di mezzi finanziari.
La violenza assistita : spesso anche i/le bambini/e delle relazioni violente subiscono direttamente la violenza. Ma anche quando non sono coinvolti direttamente sono vittime della violenza assistita. Essi vedono, ascoltano, sentono sempre la violenza che subisce una persona per loro importante
Stalking : indica un comportamento persecutorio che attraverso azioni sistematiche e continue (persecuzioni, molestie, minacce, diffamazioni) mira a creare nella persona perseguitata uno stato di ansia, paura e impotenza che pregiudica fortemente la sua libertà e autonomia.
Le definizioni pongono in luce una serie assai vasta e molto eterogenea di comportamenti e finanche atteggiamenti che possono essere considerati violenti: ma allora tutte le famiglie sono violente? Come distinguere un alterco tra coniugi per trovare un accordo dall’aggressività verbale? Come differenziare una sculacciata per contenere un bambino irrequieto dal maltrattamento?
E’ dunque necessario, e niente affatto facile, stabilire il limite entro il quale è ammissibile parlare di violenze endofamiliari, per evitare che atti non violenti siano scorrettamente
considerati come violenze (falso positivo) e che atti violenti siano viceversa trattati come non violenti (falso negativo).
A tal proposito l’affiancamento del consulente psicologo o psichiatra al giurista costituisce un valido ausilio in situazioni, come ad esempio quella familiare, in cui la peculiare condizione conflittuale richiede un specialistico e attento esame di atti e comportamenti palesi, ma anche di vissuti, dinamiche intrapsichiche ed interpersonali, sistemi di relazione, motivazioni e scopi.
Il 95% delle violenze domestiche che giungono all’attenzione dell’autorità giudiziaria è commesso dal marito sulla moglie, figli, anziani. In genere l’obiettivo della violenza è quello di ottenere il potere ed il controllo sulla vittima . Sono i casi in cui si parla di marito/padrone o padre/padrone.
Vengono usate forme di potere e controllo quali:
Coercizioni e minacce
Intimidazioni
Abuso emotivo
Abuso economico
Isolamento
Usare i privilegi maschili
Strumentalizzare i figli
Infine, minimizzare e negare
Il ciclo della violenza
La persona che intende (talvolta consapevolmente, altre volte inconsciamente) manipolare e sopraffare i familiari onde trarre benefici dalla loro sottomissione danno luogo ad un vero e proprio ciclo della violenza ormai ben studiato e riconoscibile nei racconti delle vittime:
si creano delle tensioni a cui fa seguito un primo episodio di abuso/violenza
si fa seguire una fase di pentimento con accettazione delle scuse da parte della vittima e riconciliazione (tipo “luna di miele miele”)
segue una fase di “costruzione della nuova tensione”
cui fa seguito un nuovo conflitto con espressione di ulteriore violenza ed aggressività
segue una nuova fase di pentimento, scuse, riconciliazione e così via.
Ma ad ogni nuovo ciclo la fase di costruzione della violenza diviene più breve, la fase violenta più brutale, la riconciliazione viene rapidamente a mancare.
Il fattore favorente prevalente è rappresentato dalla labilità emotiva e dalla difficoltà nel controllo degli impulsi nel soggetto violento, da tratti personologici di inferiorità/dipendenza nella vittima.
Non esiste una specifica tipologia di maschio violento: l’elemento prevalente è la concezione del controllo dell’uomo sulla donna. L’uomo non accetta razionalmente la responsabilità degli abusi effettuati, incolpa sempre la donna, con i suoi comportamenti sbagliati, come causa dei conflitti.
Nella maggior parte degli episodi di violenza familiare non si riscontrano cause
psicopatologiche (esempio le psicosi schizofreniche o deliranti), bensì cause psicologiche normali come le frustrazioni o lo stress cronico.
Cause della violenza
Psicologiche e personologiche
Dinamiche relazionali di frustrazione
Dinamiche relazionali rivendicative
Ambiente sociale violento
Personalità di tipo borderline
Personalità antisociale
Personalità paranoidea
Psicopatologiche
Psicosi schizofrenica
Psicosi delirante paranoidea
Depressione psicotica
Dinamiche psicologiche
Un familiare viene a rappresentare la fonte di un problema;
delusione;
carenza affettiva;
incomprensione o indifferenza;
si sviluppa una frustrazione cronica continuamente repressa e nascosta;
si raggiunge un culmine in cui vengono superate le soglie della repressione;
si libera violenza ed aggressività.
Spesso di fronte al crescere delle responsabilità e dell’impegno ad esse connesso, nonché di fronte alla diversità di altri membri familiari che agiscono in modo differente dalle proprie aspettative, vengono a mancare quelle capacità di fronteggiamento dello stress (coping skills) che potrebbero facilitare il dialogo e l’incontro.
Al contrario: si creano conflitti relazionali e dissidi generazionali che richiedono competenze psicologiche spesso assenti, anche in situazioni di benessere economico o in presenza di alti titoli di studio.
Quando a fare le spese dell’inadeguatezza o della patologia (psichica o relazionale) degli adulti sono i bambini, si parla di abuso sui minori e/o di maltrattamenti all’infanzia , ed
anche in questo caso le statistiche spietatamente riferiscono che oltre il 70% di tali delitti avviene in famiglia.
Criteri generali di classificazione delle condizioni di abuso e trascuratezza
Abuso
Fisico (maltrattamento)
Psicologico (comportamenti attivi o omissivi)
Patologie delle cure
Incuria (cure carenti o assenti)
Discuria (cure fornite in modo distorto o non appropriato all’età
Ipercuria (cure eccessive: Sindrome di Munchausen per procura…)
Abuso sessuale
Extrafamiliare
Intrafamiliare
Fattori specifici di rischio
Cause sociali
Cause relazionali intrafamiliari
Patologia delle relazioni tra genitori
Conflitti nella coppia genitoriale con esposizione dei figli
Età dei genitori (troppo giovane o troppo avanzata)
Inversione dei ruoli genitoriali
Genitori con pattern di attaccamento fortemente insicuri/disorganizzati
Promiscuità nelle relazioni
Esposizione alla violenza domestica (violenza assistita).
Patologie genitoriali (psicosi, D.P. bordeline, gravi forme di ansia o depressione, tossicodipendenza, alcolismo, sociopatia, insufficienza mentale, passato di violenza familiare)
Patologie del bambino (neonatali, croniche, disabilità fisiche o psichiche, deficit di apprendimento, disturbi del sonno, pianto notturno e diurno, inibizioni o ipercinesia)
Rilevare i maltrattamenti e/o gli abusi sui minori, specialmente se perpetrati in famiglia, è compito delicatissimo.
E’ sempre più alto il rischio che un ascolto del minore presunto abusato eseguito senza le dovute cautele da parte di personale specializzato possa indurre a falsi negativi o a falsi positivi, ovvero a non individuare gli autori degli abusi oppure, più spesso, a ritenere abusanti individui estranei ai presunti abusi.
L’ascolto del minore presunto maltrattato o abusato deve necessariamente avvenire in un clima empatico, supportivo, facilitante il libero racconto del minore, in condizione di videoregistrazione per cogliere tutti gli aspetti possibili della comunicazione verbale ma anche di quella non verbale.
Sono da evitare domande chiuse, suggestive, induttive, così come sono da evitare commenti e affermazioni del personale addetto all’ascolto che potrebbero condizionare il prosieguo dell’esposizione del minore.
Sono infine da evitare ascolti ripetuti nel tempo, anche per scongiurare il rischio
di vittimizzazione secondaria (il cosiddetto abuso istituzionale).
Un caso particolare di abuso, considerato tale anche dalla Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile, è quello del figlio strumentalizzato, triangolato dai genitori in conflitto e persino alienato da un genitore contro l’altro nel corso della separazione coniugale (PAS, Sindrome di Alienazione Genitoriale ).
Non esistono ancora statistiche ufficiali, ma nella esperienza professionale di colleghi e mia si sta assistendo all’aumento di tale patologia delle relazioni familiari (PAS), nonché delle false denunce di abuso sessuale perpetrato dal padre contro il/la figlio/a.
In questi casi si tratta quasi esclusivamente di madri (cc.dd. malevole) che intendono impedire al coniuge l’accesso all’istituto dell’Affidamento Condiviso.
A questi temi saranno dedicati alcuni prossimi eventi formativi AIAF.
Conclusioni
Ancora molto deve essere fatto per tutelare le parti più deboli della nostra società, in primo luogo non abbassando la guardia su tematiche così vaste come quelle delle violenze endofamiliari, possibilmente incrementando la conoscenza del problema ed intervenendo a livello preventivo (educativo, psico-educazionale, sostegno alle famiglie ed alla
genitorialità), terapeutico (colloqui clinici, psicoterapia, riabilitazione socio-affettiva a donne e minori maltrattati) e giuridico.
I mezzi finanziari istituzionali non sono mai sufficienti: auspichiamo perciò la prosecuzione di collaborazioni e sinergie come quelle che rendono possibili questi incontri per
continuare a diffondere una cultura del confronto e del superamento del conflitto.
A questi temi è stata dedicata la giornata di studio del 5 marzo che si è svolta presso l’Aula di Corte d’Assise del Tribunale di Viterbo, aperta dalla relazione del P.M. dello stesso Tribunale Dr.ssa Paola Conti, moderata dall’Avv. Ginetta Bergodi, Presidente della Sez. Territoriale di Viterbo dell’AIAF, Associazione Italiana Avvocati di Famiglia, con la partecipazione della Dott.ssa Marisa Nicolini, psicologa, Vice-Presidente dell’Associazione “OLTRE IL CONFLITTO”.
L’evento, patrocinato della Camera Penale di Viterbo, ha avuto un titolo evocativo: “VIOLENZE ENDOFAMILIARI: ASPETTI GIURIDICI E PROFILI PSICOLOGICI”, tanto più significativo in quanto a ridosso dell’8 marzo “Festa della Donna”.
L’articolo che segue riporta ampi stralci dell’intervento della psicologa Dr.ssa Nicolini.
Parlare di violenza di genere è sempre, purtroppo, di grande attualità se è vero che ogni tre giorni una donna muore per le violenze riportate in famiglia, molte donne e minori subiscono quotidianamente violenza domestica, subita e assistita, e i dati che si conoscono sono assolutamente sottostimati per l’ancora enorme reticenza a denunciare.
Violenza endofamiliare, o domestica: una contraddizione in termini, perché la famiglia dovrebbe rappresentare il nucleo degli affetti, del sostegno reciproco, della collaborazione materiale e dell’alleanza emotiva, il luogo dove potersi spogliare delle difese necessarie nella società, per lasciarsi andare ed essere finalmente se stessi.
Ma lavorando quotidianamente con gli individui e le famiglie ben sappiamo che questo non avviene e, anzi, talvolta il peggiore dei mondi possibili è proprio in famiglia, tra le pareti domestiche, al riparo da occhi indiscreti, anche perché qualcuno ancora afferma che “I panni sporchi si lavano in casa!”
Secondo l’OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità, è violenza domestica “ogni forma di violenza fisica, psicologica o sessuale che riguarda tanto soggetti che hanno, hanno avuto o si propongono di avere una relazione intima di coppia, quanto soggetti che all’interno di un nucleo familiare più o meno allargato hanno relazioni di carattere parentale o affettivo”.
Esistono diversi tipi di violenza perpetrata nella maggior parte dei casi dall’uomo sulla donna, sui minori o sugli anziani, tra cui si è soliti distinguere in:
La violenza fisica: si manifesta come un’ aggressione corporea contro la persona con comportamenti quali: spintonare, colpire, schiaffeggiare, percuotere, strangolare, tirare i capelli, provocare ferite con calci, ustioni, armi contundenti e/o da fuoco sino all’uccisione.
La violenza psicologica : consiste in comportamenti, azioni e parole che minano e mettono in pericolo l’identità e l’autostima, come ad es. insulti, controllo, minacce, isolamento, minaccia di morte o di suicidio (anche davanti a terzi), ricatti, pressione psicologica a mezzo di danneggiamento di oggetti importanti e/o sevizie sino all’uccisione di animali domestici.
La violenza sessuale : consiste in comportamenti a sfondo sessuale e in ogni forma di sessualità attiva e passiva imposte contro la volontà della donna, come ad es. ogni costrizione al sesso (anche con terzi o per soldi), ogni forma di denigrazione sessuale sino allo stupro. Per donne di determinate culture è da considerare violenza anche ogni forma di mutilazione degli organi sessuali.
La violenza economica : creare o mantenere una dipendenza economica, non dare alcun mantenimento o darlo in misura inadeguata, costringere all’assunzione di impegni finanziari, vietare o impedire il lavoro o la formazione, sfruttare il lavoro, abusare della disponibilità di mezzi finanziari.
La violenza assistita : spesso anche i/le bambini/e delle relazioni violente subiscono direttamente la violenza. Ma anche quando non sono coinvolti direttamente sono vittime della violenza assistita. Essi vedono, ascoltano, sentono sempre la violenza che subisce una persona per loro importante
Stalking : indica un comportamento persecutorio che attraverso azioni sistematiche e continue (persecuzioni, molestie, minacce, diffamazioni) mira a creare nella persona perseguitata uno stato di ansia, paura e impotenza che pregiudica fortemente la sua libertà e autonomia.
Le definizioni pongono in luce una serie assai vasta e molto eterogenea di comportamenti e finanche atteggiamenti che possono essere considerati violenti: ma allora tutte le famiglie sono violente? Come distinguere un alterco tra coniugi per trovare un accordo dall’aggressività verbale? Come differenziare una sculacciata per contenere un bambino irrequieto dal maltrattamento?
E’ dunque necessario, e niente affatto facile, stabilire il limite entro il quale è ammissibile parlare di violenze endofamiliari, per evitare che atti non violenti siano scorrettamente
considerati come violenze (falso positivo) e che atti violenti siano viceversa trattati come non violenti (falso negativo).
A tal proposito l’affiancamento del consulente psicologo o psichiatra al giurista costituisce un valido ausilio in situazioni, come ad esempio quella familiare, in cui la peculiare condizione conflittuale richiede un specialistico e attento esame di atti e comportamenti palesi, ma anche di vissuti, dinamiche intrapsichiche ed interpersonali, sistemi di relazione, motivazioni e scopi.
Il 95% delle violenze domestiche che giungono all’attenzione dell’autorità giudiziaria è commesso dal marito sulla moglie, figli, anziani. In genere l’obiettivo della violenza è quello di ottenere il potere ed il controllo sulla vittima . Sono i casi in cui si parla di marito/padrone o padre/padrone.
Vengono usate forme di potere e controllo quali:
Coercizioni e minacce
Intimidazioni
Abuso emotivo
Abuso economico
Isolamento
Usare i privilegi maschili
Strumentalizzare i figli
Infine, minimizzare e negare
Il ciclo della violenza
La persona che intende (talvolta consapevolmente, altre volte inconsciamente) manipolare e sopraffare i familiari onde trarre benefici dalla loro sottomissione danno luogo ad un vero e proprio ciclo della violenza ormai ben studiato e riconoscibile nei racconti delle vittime:
si creano delle tensioni a cui fa seguito un primo episodio di abuso/violenza
si fa seguire una fase di pentimento con accettazione delle scuse da parte della vittima e riconciliazione (tipo “luna di miele miele”)
segue una fase di “costruzione della nuova tensione”
cui fa seguito un nuovo conflitto con espressione di ulteriore violenza ed aggressività
segue una nuova fase di pentimento, scuse, riconciliazione e così via.
Ma ad ogni nuovo ciclo la fase di costruzione della violenza diviene più breve, la fase violenta più brutale, la riconciliazione viene rapidamente a mancare.
Il fattore favorente prevalente è rappresentato dalla labilità emotiva e dalla difficoltà nel controllo degli impulsi nel soggetto violento, da tratti personologici di inferiorità/dipendenza nella vittima.
Non esiste una specifica tipologia di maschio violento: l’elemento prevalente è la concezione del controllo dell’uomo sulla donna. L’uomo non accetta razionalmente la responsabilità degli abusi effettuati, incolpa sempre la donna, con i suoi comportamenti sbagliati, come causa dei conflitti.
Nella maggior parte degli episodi di violenza familiare non si riscontrano cause
psicopatologiche (esempio le psicosi schizofreniche o deliranti), bensì cause psicologiche normali come le frustrazioni o lo stress cronico.
Cause della violenza
Psicologiche e personologiche
Dinamiche relazionali di frustrazione
Dinamiche relazionali rivendicative
Ambiente sociale violento
Personalità di tipo borderline
Personalità antisociale
Personalità paranoidea
Psicopatologiche
Psicosi schizofrenica
Psicosi delirante paranoidea
Depressione psicotica
Dinamiche psicologiche
Un familiare viene a rappresentare la fonte di un problema;
delusione;
carenza affettiva;
incomprensione o indifferenza;
si sviluppa una frustrazione cronica continuamente repressa e nascosta;
si raggiunge un culmine in cui vengono superate le soglie della repressione;
si libera violenza ed aggressività.
Spesso di fronte al crescere delle responsabilità e dell’impegno ad esse connesso, nonché di fronte alla diversità di altri membri familiari che agiscono in modo differente dalle proprie aspettative, vengono a mancare quelle capacità di fronteggiamento dello stress (coping skills) che potrebbero facilitare il dialogo e l’incontro.
Al contrario: si creano conflitti relazionali e dissidi generazionali che richiedono competenze psicologiche spesso assenti, anche in situazioni di benessere economico o in presenza di alti titoli di studio.
Quando a fare le spese dell’inadeguatezza o della patologia (psichica o relazionale) degli adulti sono i bambini, si parla di abuso sui minori e/o di maltrattamenti all’infanzia , ed
anche in questo caso le statistiche spietatamente riferiscono che oltre il 70% di tali delitti avviene in famiglia.
Criteri generali di classificazione delle condizioni di abuso e trascuratezza
Abuso
Fisico (maltrattamento)
Psicologico (comportamenti attivi o omissivi)
Patologie delle cure
Incuria (cure carenti o assenti)
Discuria (cure fornite in modo distorto o non appropriato all’età
Ipercuria (cure eccessive: Sindrome di Munchausen per procura…)
Abuso sessuale
Extrafamiliare
Intrafamiliare
Fattori specifici di rischio
Cause sociali
Cause relazionali intrafamiliari
Patologia delle relazioni tra genitori
Conflitti nella coppia genitoriale con esposizione dei figli
Età dei genitori (troppo giovane o troppo avanzata)
Inversione dei ruoli genitoriali
Genitori con pattern di attaccamento fortemente insicuri/disorganizzati
Promiscuità nelle relazioni
Esposizione alla violenza domestica (violenza assistita).
Patologie genitoriali (psicosi, D.P. bordeline, gravi forme di ansia o depressione, tossicodipendenza, alcolismo, sociopatia, insufficienza mentale, passato di violenza familiare)
Patologie del bambino (neonatali, croniche, disabilità fisiche o psichiche, deficit di apprendimento, disturbi del sonno, pianto notturno e diurno, inibizioni o ipercinesia)
Rilevare i maltrattamenti e/o gli abusi sui minori, specialmente se perpetrati in famiglia, è compito delicatissimo.
E’ sempre più alto il rischio che un ascolto del minore presunto abusato eseguito senza le dovute cautele da parte di personale specializzato possa indurre a falsi negativi o a falsi positivi, ovvero a non individuare gli autori degli abusi oppure, più spesso, a ritenere abusanti individui estranei ai presunti abusi.
L’ascolto del minore presunto maltrattato o abusato deve necessariamente avvenire in un clima empatico, supportivo, facilitante il libero racconto del minore, in condizione di videoregistrazione per cogliere tutti gli aspetti possibili della comunicazione verbale ma anche di quella non verbale.
Sono da evitare domande chiuse, suggestive, induttive, così come sono da evitare commenti e affermazioni del personale addetto all’ascolto che potrebbero condizionare il prosieguo dell’esposizione del minore.
Sono infine da evitare ascolti ripetuti nel tempo, anche per scongiurare il rischio
di vittimizzazione secondaria (il cosiddetto abuso istituzionale).
Un caso particolare di abuso, considerato tale anche dalla Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile, è quello del figlio strumentalizzato, triangolato dai genitori in conflitto e persino alienato da un genitore contro l’altro nel corso della separazione coniugale (PAS, Sindrome di Alienazione Genitoriale ).
Non esistono ancora statistiche ufficiali, ma nella esperienza professionale di colleghi e mia si sta assistendo all’aumento di tale patologia delle relazioni familiari (PAS), nonché delle false denunce di abuso sessuale perpetrato dal padre contro il/la figlio/a.
In questi casi si tratta quasi esclusivamente di madri (cc.dd. malevole) che intendono impedire al coniuge l’accesso all’istituto dell’Affidamento Condiviso.
A questi temi saranno dedicati alcuni prossimi eventi formativi AIAF.
Conclusioni
Ancora molto deve essere fatto per tutelare le parti più deboli della nostra società, in primo luogo non abbassando la guardia su tematiche così vaste come quelle delle violenze endofamiliari, possibilmente incrementando la conoscenza del problema ed intervenendo a livello preventivo (educativo, psico-educazionale, sostegno alle famiglie ed alla
genitorialità), terapeutico (colloqui clinici, psicoterapia, riabilitazione socio-affettiva a donne e minori maltrattati) e giuridico.
I mezzi finanziari istituzionali non sono mai sufficienti: auspichiamo perciò la prosecuzione di collaborazioni e sinergie come quelle che rendono possibili questi incontri per
continuare a diffondere una cultura del confronto e del superamento del conflitto.