Capire la rabbia
La rabbia è un’emozione primaria che ci mette in allarme; è un segnale paragonabile al dolore che ci avvisa di un potenziale problema da affrontare. Essa fa parte dei nostri meccanismi primordiali di sopravvivenza e in questo caso è definita adattiva .
La rabbia primaria adattiva è uno stato funzionale, legato ad una tendenza biologica a difendersi quando si è attaccati o a proteggersi. L’espressione tipica di rabbia è finalizzata a modificare una situazione di attacco e di aggressione, sia fisica che psicologica, o a prevenire che essa possa ripetersi. E’, dunque, una reazione necessaria e benefica di carattere protettivo che, tuttavia, può diventare un’emozione inabilitante che falsa la percezione della realtà, impedendo una valutazione lucida e oggettiva dei fatti: agire sotto la spinta della rabbia, può danneggiare le relazioni importanti di un individuo perché altera la comunicazione e genera incomprensione. Questo tipo di rabbia è disadattiva , in quanto non svolge più funzioni finalizzate a proteggere la persona da un pericolo o danno. Essa, di solito, è prolungata nel tempo e si basa su alcune convinzioni personali, quindi è una reazione secondaria ad altre emozioni, come la paura, o a processi cognitivi.
Ci si arrabbia, ad esempio, se non ci si sente apprezzati, se ci si vuole difendere, o se si è feriti e non si vuole apparire vulnerabili, quando si ha la percezione che qualcuno stesse violando i nostri diritti e, talvolta, la si può provare anche verso noi stessi, quando, ad esempio, si ha paura. Ma cosa avviene nel corpo quando ci si arrabbia?
Il corpo si prepara ad una repentina trasformazione a livello della circolazione, a livello vocale, muscolare e della mimica facciale, in modo da rendere l’individuo preparato a farsi avanti e ad attaccare, pronto all’azione.
A livello cognitivo si assiste a un processo di interpretazione di parole e immagini che attivano così il sistema fisiologico che invia messaggi al corpo per prepararlo all’azione; infine, si attiva anche il sistema nervoso simpatico: il surrene produce adrenalina e noradrenalina, i peli si drizzano, i muscoli sono pronti ad agire, la pressione arteriosa sale, il battito cardiaco aumenta, le pupille si dilatano e il viso assume la ben nota espressione della rabbia.
Quando la rabbia non viene riconosciuta e gestita proprio nel momento in cui emerge, ma viene repressa, le conseguenze sono dannose non solo per noi stessi, ma anche per gli altri.
Se non ci siamo mai concessi di esprimere la rabbia, probabilmente, è stata accumulata dentro di noi poiché reprimendola non la eliminiamo realmente, quindi essa può esplodere in momenti inopportuni e soprattutto verso persone e situazioni che hanno poco a che fare con la causa originale della rabbia. Così facendo si ritorce contro noi stessi alimentando disturbi dell’umore abbassamento dell’autostima. Inoltre, quando la mente non riesce più a gestire i conflitti, ne soffre anche il corpo. Numerose affezioni psicosomatiche (es. mal di schiena, ulcere, psoriasi), infatti, possono essere legate al soffocamento della collera.