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BAMBINI: LA MIGLIORE PSICOTERAPIA E’ IL GIOCO!


I bambini molto piccoli posso presentare problemi di alimentazione, del ritmo sonno-veglia, del controllo sfinterico; mentre crescendo possono presentarsi sintomi quali cefalea, ansia, disturbi del comportamento che possono avere ripercussioni sul rendimento scolastico o sulla vita sociale.


Come aiutare i bambini a raggiungere la consapevolezza delle proprie risorse e capacità liberi da condizionamenti automaticamente acquisiti?


Il metodo di lavoro con i bambini prevede l’uso del disegno e soprattutto del gioco, il cui sviluppo è molto più precoce di quello del linguaggio e pertanto diviene la modalità di entrare in relazione con i genitori e i con il mondo esterno. Il gioco rimane l’attività prediletta dei bambini fino a 11-12 anni.


Lo scopo della psicoterapia infantile è affrontare conflitti psichici ed emozioni cariche di angosce, che si esprimono attraverso manifestazioni di disagio e sintomi, al fine di aiutare i piccoli pazienti a costruire un’identità più solida, trovando le sicurezze per crescere.


Lo psicoterapeuta entra nel mondo infantile instaurando una relazione terapeutica nel pieno rispetto delle caratteristiche dell’infanzia, attraverso il “linguaggio infantile”: per questo il gioco è il metodo stesso della terapia. Col gioco i bambini dicono quel che con le parole non sanno esprimere.


Giocando con i bambini si impara a capirli, a conoscerli, si scoprono ogni volta di più. Mentre cosiddetti giochi motori, afferrare oggetti, lanciarli lontano, sistemarli uno sull’altro (es. i classici Lego)rafforzano nel bambino la sicurezza nelle sue possibilità di apportare dei cambiamenti alla realtà esterna, il gioco simbolico, in cui gli oggetti diventano simboli di altri oggetti, consentono al bambino di imparare la rappresentazione di giochi fantastici, di esercitare il linguaggio verbale, di scoprire l’attività creativa. Inoltre, il gioco e gli oggetti transazionali (come peluche, bambole, coperte, ecc) danno al bambino un senso di sicurezza e lo aiutano nel controllo dell’angoscia.


Il gioco si situa in uno stato intermedio tra i vincoli posti dalla realtà esterna e le infinite possibilità offerte dalla creazione fantastica; quindi è uno spazio intermedio tra una “realtà reale” e una “realtà immaginaria”.


La ricchezza degli stati emotivi che possono essere espressi col gioco è immensa: frustrazione, gelosia, sentimenti ambivalenti, angoscia legata a maltrattamenti, sensi di colpa; inoltre, nel gioco infantile si trova la ripetizione di esperienze reali e di particolari della vita quotidiana, sesso tessuti con elementi fantastici.


Il ruolo dello psicoterapeuta consiste nel mediare il gioco con un atteggiamento molto empatico, fornendo un ambiente accogliente e contenitivo, senza andare a scardinare le difese del bambino, osservando quel che emerge dal gioco stesso, senza intervenire con interpretazioni o tentativi di indurre il bambino a verbalizzazioni. Il terapeuta deve essere pronto a mediare rivelazioni emotivamente forti, senza affrontarle all’interno del gioco, ma solo in un secondo momento in colloqui individuali più adeguati a tradurre in parole la sofferenza. Questi momenti di gioco, chiaramente, sono seguiti da colloqui di restituzione con i familiari.


Lavorare con i bambini richiede competenza professionale, ma anche grande capacità di stare in relazione con loro, di conoscere il loro mondo o di avere la curiosità di conoscerlo, non perdendo però di vista il mondo dei grandi, non lasciano in secondo piano le preoccupazioni adulte e rispettando il tessuto della famiglia, che ha bisogno di far emergere le proprie tracce delle trame passate, di liberare le emozioni troppo a lungo bloccate.