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Problematiche della comunicazione infermiere - malato.

Il passaggio, nel campo medico-sanitario, dal modello biomedico, centrato sulla malattia, a quello psicosociale centrato sulla persona ha posto una serie di nuovi e inevitabili interrogativi sui quali si cerca di dare delle risposte in linea con la nuova prospettiva che assume il malato al centro dell’interesse dell’organizzazione sanitaria.


Tale prospettiva viene a configurarsi come il nuovo modello all’interno del quale tentano di muoversi tutte le figure sanitarie che riconoscono come comune identità di fondo “l’interazione con l’altro”.


In tale contesto, nello specifico ambito infermieristico, le problematiche inerenti la comunicazione hanno subito un approfondimento e un ampliamento considerevole volto a fornire all’operatore sanitario informazioni, tecniche, metodologie provenienti da diversi approcci scientifici e non.


La consapevolezza che la “vera cura” della persona inizia e si sviluppa nel poterle offrire concretamente la possibilità di partecipare, in base alle sue reali capacità, alla gestione del proprio percorso terapeutico, implica in prima istanza che l’operatore debba porsi nei confronti del malato non in modo “autoritario”.


Il rifiuto della prospettiva autoritaria ribalta, dunque, i termini nei quali si inscriveva il rapporto comunicativo tradizionale centrato sulla malattia.


Nella prospettiva attuale si assume, infatti, come carattere distintivo, la capacità dell’operatore di approntare un intervento comunicativo efficace il cui scopo dovrebbe mirare sia a favorire la libera e incondizionata espressione del malato sia a coinvolgerlo attivamente contribuendo, inoltre, alla chiarificazione dei dubbi e delle eventuali difficoltà connesse con il dover “vivere” la malattia.


Tale aspetto presuppone che l’operatore debba effettuare, preventivamente, una serie di operazioni, cioè possedere delle conoscenze specifiche di natura medica, tecnica, psicologica, scientifica, volte alla buona riuscita della relazione comunicativa o del colloquio inteso come momento informativo, conoscitivo e terapeutico.


Sarebbe ingenuo credere che tale predisposizione collaborativa possa essere posseduta dal malato che, per vari motivi e situazioni, potrebbe, invece, dimostrarsi incapace di gestire tutta una serie di disagi connessi con: la patologia, la presenza di dolore fisico, la provenienza socio-culturale, fattori emotivi, preconcetti e pregiudizi sulla sanità e sulla malattia, modalità tipiche della sua personalità, la percezione reale o distorta della malattia, le aspettative che si crea, la presenza di rumori e fattori di disturbo del setting comunicativo, quali il luogo fisico e il tempo a disposizione, ecc.


Gli ostacoli sopra descritti, come bene si può notare, sono stati riferiti al malato, non nel senso che l’infermiere sia esterno od estraneo ad essi, anzi, il più delle volte le difficoltà comunicative emergono da un’inadeguata referenza infermieristica, ma, viceversa, con l’intento di sottolineare l’inevitabile lavoro di formazione personale e preparazione professionale a cui l’infermiere dovrebbe tendere per modificare i propri atteggiamenti comportamentali - comunicativi al fine di eliminare eventuali ostacoli oggettivi e/o limiti soggettivi.




Importanza del contesto


L’obiettivo essenziale da prefiggersi è certamente quello di poter comunicare, sia con il linguaggio verbale sia con quello non verbale, di procurare e comprendere specialmente in determinate situazioni, ciò che ha esigenza di farci conoscere o sapere il malato.


Tuttavia, occorre avanzare alcune considerazioni circa le reali difficoltà che emergono nei diversi ambiti e situazioni sanitarie cercando di individuare le valenze specifiche che definiscono il contesto nel quale si realizza la relazione comunicativa.


Specifici termini come efficienza, prontezza, competenza, consapevolezza del tempo a disposizione acquistano il loro significato autenticonell’essere in funzione dell’interesse del malato.


Il malato, che è innanzitutto una persona e in quanto tale reclama in qualsiasi situazione della propria esistenza il diritto di identificarsi fornendo esattamente informazioni sui propri dati personali .


Nonostante le difficoltà che possono essere costituite dalla diversità del codice linguistico del malato, la possibilità di interpretarne la gestualità e le espressioni del volto possono costituire concrete possibilità per entrare in rapporto con il nostro paziente. A ciò possiamo anche aggiungere che, talora, la conoscenza di alcune espressioni linguistiche già facilmente assimilate costituiscono un valido aiuto per l’operatore sanitario e un motivo di sollievo per il malato stesso.


Di seguito, l’operatore sanitario dovrà concentrare le sue capacità nel selezionare e mettere in atto tecniche e strategie volte a consolidare la relazione comunicativa.


Nello specifico l’attenzione dovrà estendersi al linguaggio analogico o non verbale.


E’ interessante, infatti, notare che, di frequente, noi riusciamo a capire e comprendere gli altri più dal modo con cui ci dicono qualcosa che da quello che realmente dicono .


E’ grazie al linguaggio analogico o non verbale che vengono comunicati intenzionalmente e non, emozioni, sentimenti, atteggiamenti, motivazioni esplicite o nascoste.


I modi tipici attraverso cui si manifesta la comunicazione non verbale:


1) i movimenti del corpo come i gesti, le espressioni del viso, gli atteggiamenti;


2) i fenomeni paralinguali come il riso, lo sbadiglio, il pianto, i cambiamenti di


tono, le paure e i silenzi;


3) le posizioni nello spazio come la distanza fra sé e gli altri;


4) la sensibilità tattile e olfattiva che si determina a distanza ravvicinata;


5)gli artefatti come l’abbigliamento, il trucco, gli ornamenti.


L’attenzione dell’infermiere, quindi, deve essere rivolta alla possibilità di poter pervenire al significato autentico di ciò che viene espressamente comunicato dal malato facendolo emergere dal contesto nel quale ha luogo il colloquio o la relazione assumendo, contemporaneamente, come criterio interpretativo la congruenza esistente tra il linguaggio verbale e quello non verbale utilizzati dai soggetti stessi.


In riferimento alla reale preparazione degli infermieri a poter affrontare in modo competente e autonomo la complessità della relazione comunicativa è possibile suggerire alcune considerazioni .


Ad esempio l’esigenza di rivedere nell’iter del percorso formativo i contenuti, le modalità, le ore dedicate affinché vengano apprese abilità comunicative-relazionali.


Strumenti idonei al fine di sviluppare e consolidare valide ed efficaci tecniche di relazione comunicativa possono essere individuati nei seguenti punti :


- fornire all’infermiere un’adeguata formazione di base (Psicologia, tecniche e strategie comunicative dei diversi orientamenti psicologici, esercitazioni pratiche, ecc.);


- concreta possibilità di frequentare corsi di aggiornamento ravvicinati;


- reale e critico esame degli interventi comunicativi-relazionali effettuati nella pratica clinica, grazie a tecniche di supervisione o videoregistrazioni di colloqui in sede sperimentale;


- scambio e confronto d’informazione con altre figure sanitarie al fine di individuare e approfondire aspetti del rapporto relazionale.