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TARASSACO (Taraxacum Officinalis - Asteracee)

TARASSACO (Taraxacum Officinalis - Asteracee)


A differenza dell'Arnica, il Tarassaco si trova dappertutto. Il suo nome deriva dal vocabolo geco "tarakè" = “scompiglio, turbamento” e da "akos" =“rimedio”, da cui Taraxacum, nome datogli dagli Apotecari alla fine del Medioevo; secondo altri, deriverebbe da "taràkkhakon", che è il nome arabo di un tipo di cicoria; si tratta,quindi, di una pianta che risolve molti problemi dell’organismo, (rimedio allo scompiglio), restituendo il benessere. Viene anche chiamato “dente di leone”, per la rosetta di foglie seghettate, simili ai denti del re degli animali, oppure “soffione”, per i frutti a forma di palla, dispersi dal vento o dai bambini che, a tutto fiato, li fanno volare come bolle di sapone, oppure “piscialletto”, alludendo alle note proprietà diuretiche. La sua area di distribuzione era in origine l’Europa, l’Asia centrale e settentrionale, l’Africa e l’America boreale.


Nella credenza popolare, i soffioni del Tarassaco erano usati come oracolo: i giovani innamorati donavano alla pianta messaggera le loro speranze ed i loro amori; con un soffio deciso lasciavano andare il pappo e, se tutti gli acheni volavano via, i loro sogni si sarebbero realizzati.


Le fattucchiere, invece, usavano frizionarsi tutto il corpo con il Tarassaco, perché le avrebbe aiutate a farsi accettare dalla gente ed a realizzare i propri desideri. Questa pianta è chiamata anche "orologio del pastore", ma fra i numerosi nomi che la distinguono, ce n'è uno ostico, che ancor oggi si usa tra le genti di montagna: "Fiore del diavolo", perché, verso la fine del Medioevo, il Tarassaco veniva demonizzato, in quanto ritenuto portatore di "tarachè", "turbamento". In Francia si usa una locuzione particolare: per parlare di una persona che non si trova più in questo mondo, si dice "voir croitre le Pissenlit par la racine"(1). Questo ricorda il titolo di un libro di Davide Lajolo, "Veder l'erba dalla parte delle radici", locuzione sostanzialmente analoga.


Nel libro "Le fate dei fiori", Cecily Mary Barker dedica alcuni versi al Tarassaco : "Guardate le mie foglie dentellate,/soffiate le lancette del soffione/guardate, fra le siepi, le mie ondate,/guardate il prato, il sentiero,/ guardatemi in giardino, allegro e fiero!/Raccoglietemi pure: io cresco ancora,/senza chieder permesso né scusarmi,/che fate con le vostre zappe, allora?/Non riuscirete mai ad estirparmi!/Nessuno mi può fare impressione,/perché io sono il Dente di Leone!"


Anche una antica leggenda irlandese riguarda il Tarassaco: si racconta che, un tempo, gnomi, elfi e fate scorazzavano liberamente nei prati e boschi ancora incontaminati. Ma, con la comparsa dell'uomo, incominciarono i problemi; gli elfi e gli gnomi riuscivano a rifugiarsi fra le rocce o nel folto dei boschi, mentre le fatine dall'abito appariscente non trovavano nascondigli adatti, sicché spesso venivano calpestate dagli umani disattenti; non sapendo come vivere liberamente nei prati, decisero di trasformarsi in un fiore, nel Tarassaco appunto: per questo motivo, se lo calpestiamo, questa pianticella di scatto torna eretta, perché dentro la corolla c'è lo spirito delle fate, che, orgogliose, non si fanno abbattere! Questo fiore è definito "magico" non solo per questa leggenda, ma anche per la sua tenace sopravivenza.


(1) Vedere il Tarassaco crescere dalla parte della radice.


I boccioli dei fiori, messi sotto aceto e sale, sostituiscono i capperi e le radici tostate sono un buon surrogato del caffè. Con le foglie di Tarassaco e l'aggiunta di crescione e altre erbe primaverili, si prepara una popolare e fresca insalata, di gradevolissimo sapore amaro aromatico.



I capolini si aprono quando il sole splende e si richiudono di notte o quando piove. La pianta fiorisce dal mese di febbraio al mese di maggio, ma la radice si raccoglie dal mese di settembre al mese di novembre e le foglie dal mese di aprile fino al mese di giugno.



I Cimbri mangiavano foglie di Tarassaco crude, condite con lardo abbrustolito e aceto: abitudine dettata, forse, dall’atavica esigenza di depurare l’organismo in primavera, dopo i pasti abbondanti e calorici indispensabili per sopportare la rigidità degli inverni montani. Inoltre, si sottoponevano a fumigazioni di Tarassaco per accentuare la volontà e stimolare le doti spirituali. La tradizione popolare associava questa particolare pianta alla veggenza.



Spezzando una parte della pianta, soprattutto la radice, fuoriesce un lattice bianco, amaro e ricco di principi attivi. Grazie ai costituenti che si trovano nel lattice, nelle foglie e nelle radici del Tarassaco, tra cui una notevole quantità di vitamine (provitamina A, vitamine B, C), sali minerali, inulina, flavonoidi ed altre sostanze importanti, come la taraxacina e la colina, le proprietà di questa pianta sono molteplici: colagoga, coleretica, agisce soprattutto contro la ritenzione idrica e gli edemi; si impiega, poi, per stimolare il metabolismo delle cellule epatiche, favorisce la digestione dei grassi e la regolazione del colesterolo Analogamente al carciofo, aumenta la secrezione biliare, esplicando azione colecistica. antitossica, tonica, lassativa, depurativa.


Riconosciuta come pianta officinale, il Tarassaco è usato ufficialmente in fitoterapia ed omeopatia, sotto forma di tintura madre, capsule e sciroppi.


In Cina, il succo della pianta fresca viene usato contro le morsicature dei serpenti.